Le interrogazioni parlamentari sui contatori intelligenti sono due e quindi riprendiamo l’argomento del post.
L’idea
Dovendo cedere parte delle centrali elettriche, come prevedeva la liberalizzazione del settore, Enel si concentrò sul retail, realizzando l’aggeggio che lampeggia nelle nostre case e che dovrebbe misurare correttamente l’energia che consumiamo. Cosa sia l’aggeggio, e perché non lo si possa legalmente definire contatore, o misuratore, lo si capirà leggendo.
Grazie all’aggeggio, Enel divenne il monopolista della misurazione dell’energia potendo rilevare, da remoto, il consumo di ogni utente. Ne consegue che, se si conosce la domanda, è facile prevedere l’offerta e Enel resta il produttore nazionale di riferimento, con il 30% della potenza elettrica installata. Sul suo sito istituzionale, Enel scrive: i “contatori intelligenti” sono uno dei punti di maggiore successo, perché vengono gestiti da remoto senza arrecare alcun disturbo all’utente.
In forza di apposita delibera della AEEG – l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas – i vecchi contatori, quelli con la rotellina che girava, vennero così sostituiti dai nuovi, elettronici e intelligenti, progettati da Enel e costruiti in Cina. Si trattava di uno strumento innovativo e, come tutti i prototipi, avrebbe dovuto essere rodato: milioni di utenti italiani, ignari di metrologia, rappresentavano quindi un ottimo banco di prova.
Il risultato è che aggeggi, mai omologati, né provati da alcun ente terzo indipendente, sono comparsi dal nulla, e dovunque, perché anche le altre utilities, che acquistavano ancora tutta l’energia da Enel, salvo poche eccezioni, hanno deciso d’installarli. Su uno dei primi libretti d’istruzione, Enel scrive: «Il simbolo CE attesta la conformità del prodotto alle direttive applicabili. È obbligatorio ai fini della commercializzazione e deve pertanto comparire visivamente su ogni elettrodomestico».
Cosa sono?
La domanda è lecita: sono contatori o elettrodomestici? Il Ministero li ha già equiparati a elettrodomestici e, in assenza di modelli, verificati e depositati, non è dato a sapere come funzionino e, soprattutto, come misurino.
Agli utenti che lamentano malfunzionamenti, o consumi abnormi, Enel si dichiara disponibile al controllo, ma quando un utente si rivolge all’Ufficio Metrico, scopre che gli aggeggi non sono riconosciuti come strumenti di misura legali. Scatta quindi il sequestro ma poi, in assenza di una norma legale di riferimento, non possono neppure essere provati.
I presupposti per la loro installazione erano validi: in primis le fasce orarie di consumo, che però oggi sembrano non interessare più a nessuno; la facilità nel rilevare direttamente i consumi, controllare e pagare il consumo reale e non più anticipi basati su consumi stimati. Disattesi ambedue, perché l’aggeggio non è per nulla facile da “interrogare” e perché molti sono i fornitori che continuano imperterriti a fatturare consumi stimati.
Che dire, poi, della dichiarata gratuità della sostituzione per l’utente: come può essere gratuita un’operazione da miliardi di euro? Dove si è dissolta la storica voce “noleggio del contatore”? E le sostituzioni effettuate senza avvisare l’utente ? Forse AEEG potrebbe esserci d’aiuto.
Un’operazione che non ha portato alcun vantaggio per l’industria italiana, perché i contatori sono fabbricati interamente in Cina. Quindi, decine di milioni di aggeggi stanno conteggiando, senza essere omologati, né provati se non da Enel, miliardi di euro; solo Enel ne conosce caratteristiche costruttive e algoritmo di funzionamento e non possono essere verificati legalmente.
Una situazione grottesca: Enel forniva energia e, al tempo stesso, produceva i contatori che la misuravano, senza che nessuno fiatasse, Associazioni dei consumatori comprese.
Tempistica perfetta
Mentre, indisturbati, ci installavano gli aggeggi, in Europa era in discussione una Direttiva che avrebbe previsto un rigido iter di omologazione, specifico per il tipo di strumento. La direttiva, del 2004, venne recepita dall’Italia solamente nel 2007, quando ormai il più era stato fatto.
Una clausola inserita nell’articolo 22 del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n.22, in attuazione della direttiva 2004/22/CE, avrebbe messo in sicurezza il pregresso:
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«I dispositivi ed i sistemi di misura per i quali la normativa in vigore al 30 ottobre 2006 non prevede i controlli metrologici legali, qualora messi in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, potranno continuare ad essere utilizzati anche senza essere sottoposti a detti controlli, purché non rimossi dal luogo di utilizzazione».
Nessun problema quindi: siccome per gli aggeggi, installati prima del 30 ottobre 2006, non erano previsti controlli metrologici legali, non c’era di che preoccuparsi: avrebbero potuto funzionare a vita, a dispetto di qualsiasi naturale deterioramento nel corso degli anni, una caratteristica di qualsivoglia prodotto.
Problemi tecnici e legali
La vicenda sarebbe passata sotto silenzio, se, perlomeno, i contatori avessero funzionato correttamente, ma i primi sembra fossero prototipi e, come tali, soggetti a miglioramenti in itinere mentre, per le serie successive, Enel sostituì fornitori e sub-fornitori cinesi.
Con il risultato che il display di un cospicuo numero di aggeggi non poteva essere rilevato in loco, come richiede espressamente la legge, o il dato di lettura andava perso durante la trasmissione, determinando la necessità di letture dirette dei distributori e conseguenti pesanti conguagli.
In alcuni casi, come denunciato dagli utenti, gli aggeggi “davano proprio i numeri”, conteggiando consumi molto superiori alle medie storiche precedenti.
Non solo per Enel, ma per tutti i fornitori e distributori, sarebbe alquanto complicato rispondere a questi temi, se il popolo degli utenti si organizzasse per capire cosa è successo!
Il problema è anche più serio perché, in linea puramente teorica, non c’è nulla che possa impedire altri ipotetici abusi: chi garantisce che con l’aggeggio non si possa, per esempio, favorire o sfavorire utenti, stabilendone da remoto il consumo? Oppure, stabilire, sempre da remoto, quanta energia possa essere ceduta alla rete da un impianto fotovoltaico? A riprova di ciò, basta verificare il testo della raccomandata di sollecito di pagamento inviata all’utente moroso, con la quale lo s’informa che, se non paga, la tensione dell’utenza verrà ridotta.
C’è poi un altro problema ben più importante. Di fatto, ci sono oggi due categorie di utenti: quelli i cui consumi sono conteggiati con strumenti non conformi, e altri, sembra meno del 10%, con contatori omologati europei. Questo fatto potrebbe anche richiamare l’attenzione dei costituzionalisti.
(ndr.) per capire di quale categoria fate parte, è sufficiente osservare la targhetta: i contatori omologati europei riportano una M seguita dalle ultime due cifre dell’anno di fabbricazione, dopo il simbolo CE; gli altri riportano il solo simbolo CE, la cui apposizione e le cui dimensioni andrebbero opportunamente verificate.
Una puntata di Report ci aiutava a capire, già nel 2005
Autrice – Posso chiedere al MAP se un contatore della luce, voi che siete il Ministero delle attività produttive e vi occupate di metrologia legale, se pensate che sia uno strumento metrico o no e mi potete rispondere no o mi potete rispondere si?
Daniela Primicerio – (Ministero Attività Produttive ) No! No perché capisco come è capziosa questa domanda. Questo è il mio problema. Nel senso che questo significa che a un certo punto poi la conclusione è allora i contatori non sono controllati da nessuno e c’è un mercato che non è controllato e il consumatore non è cautelato. Io questo non riesco a capire e quindi a questa domanda non rispondo. Domande capziose che possono essere capovolte anziché nel ben fare nel cattivo fare.
L’argomento quindi è rimasto un tabù, fino alle recenti interrogazioni e alla risposta del Ministero .
Su Linkiesta se ne è parlato anche in due post (finalmente una buona notizia) e (contatori, sorprendenti ammissioni del ministero).
Considerazioni sulla prima risposta del Ministero
L’articolo 11 del Testo Unico delle leggi metriche è cristallino: “Ogni convenzione di quantità deve essere fatta con pesi e misure legali”. Ciò fissa, nel nostro ordinamento giuridico, e nelle direttive comunitarie, il principio di legalità in materia di pesi e di misure; una garanzia della tutela della pubblica fede, a salvaguardia della lealtà delle transazioni commerciali dei beni e delle energie.
Né a tale principio, comune a tutti gli stati in Europa, è mai stata prevista, per legge, alcuna eccezione. Il Ministero riconosce “lacunosa” la legislazione in materia, e afferma che il problema dei controlli metrologici sui contatori elettrici “ha risentito dell’oggettiva difficoltà e complessità ad apportare innovazioni normative in un settore di misurazione che interessa un servizio pubblico essenziale di diffusione generalizzata, con milioni di punti di misurazione e che non consente applicazioni rigide e solo formalistiche delle norme, senza tener conto, peraltro, delle conseguenze in termini di possibili interruzioni di tale servizio pubblico”.
Come è possibile, però, che un diverso, e corretto assetto normativo sia stato imposto alla, non meno importante, categoria dei contatori di volume di gas; una popolazione di milioni di esemplari che interessano un servizio pubblico essenziale e sono di pubblica utilità?
Per i contatori del gas esiste sia la disciplina metrologica di base (contenuta nel Regolamento di Fabbricazione metrica e negli innumerevoli Decreti Ministeriali che omologano particolari tipi di contatori del gas), sia l’istituto della Verifica Prima in Fabbrica, svolta dagli Uffici metrici o dal fabbricante operante in regime di Concessione di Conformità metrologica.
Quanto all’assunto, secondo il quale, i contatori elettrici rientrerebbero nelle disposizioni di cui alla legge 1 marzo 1968, n. 186 che, con un unico articolo, dispone che i contatori debbano essere “realizzati e costruiti a regola d’arte” è palese il contrasto con il principio di legalità sopra richiamato. E poi, come si può affermare, oggi, che “In detta disciplina rientrano i contatori elettrici e elettronici”, se, nel 1968, i contatori di tipo elettronico non esistevano?
Il Ministero poi afferma “del resto non era prevista dalle norme in materia di metrologia legale “ (i riferimenti sono il Testo Unico delle leggi sui pesi e sulle misure n. 7088 del 1890 e Regolamento per la Fabbricazione dei pesi e delle misure n. 226 del 1902) una specifica approvazione di modello per i contatori elettrici, né risulta che una tale approvazione sia mai stata richiesta da alcun fabbricante”.
Ma, all’epoca, non esistevano neppure le bilance elettroniche, né i complessi di misurazione per carburanti elettronici e altre categorie di strumenti di misurazione di tipo elettronico, oggi utilizzati per le transazioni commerciali. Perché, allora, i contatori di energia elettrica non hanno potuto fruire di un esimente rispetto all’obbligo generale di legalità?
Poiché l’omologazione di uno strumento di misura, di nuovo tipo, è rilasciata dal Ministero dello Sviluppo Economico a domanda del fabbricante, ci chiediamo se sia lecito che il consumatore subisca le conseguenze dell’inerzia del fabbricante che, omettendo la domanda d’omologazione al Ministero, può licenziare sul mercato, negligendo e contravvenendo agli obblighi metrici, un qualsiasi strumento di misura. L’ammettere che “… né risulta che una tale approvazione sia mai stata richiesta da alcun fabbricante” non può essere suscettibile di tutela giuridica, bensì di sanzione per violazioni di legge: sia per il fabbricante che immette in commercio strumenti di misura illegali, sia per i soggetti che se ne avvalgono, allo scopo di quantificare i beni e/o le energie da scambiarsi contro un prezzo.
La legislazione vigente, nazionale e comunitaria, vieta l’immissione sul mercato e l’utilizzo a fini commerciali di strumenti di misura illegali e/o non conformi alla direttiva.
Anche se il Ministero sembra disconoscerlo, l’ufficio Metrico di Milano, nel corso dell’attività istituzionale di vigilanza e sorveglianza del mercato, su esposti di Utenti e anche d’iniziativa, ha contestato nei casi di rinvenimento di contatori elettrici illegali, di tipo meccanico o elettronico, usati in rapporto con terzi, la fattispecie di cui all’art. 692 c.p., chiedendo alla locale Prefettura, che ha dichiarato legittimi i procedimenti, l’applicazione della misura accessoria della confisca dei contatori elettrici illegali, che nel frattempo erano stati posti sotto sequestro.
Ritardi cronici
Non si può non rilevare, infine come, recepita la Direttiva sugli strumenti di misura, la c.d. Direttiva M.I.D. (Dir. 2004/22/CE), stenti ancora, dopo sei anni, a essere emanato il previsto decreto che stabilisce le modalità di esecuzione dei controlli metrologici sui contatori elettrici in uso.
Ciò costituisce un inescusabile vulnus al principio di tutela della pubblica fede, vista l’estesa popolazione di strumenti in servizio e le notevoli poste economiche in gioco, non ultimo il fatto di vantare il triste primato delle bollette più care d’Europa.
A richiesta, pubblichiamo la rettifica di Enel al post di Edoardo Beltrame, “L’incredibile vicenda dei contatori intelligenti” che sarà commentato dallo stesso.
“Ci riferiamo all’articolo “L’incredibile vicenda dei contatori intelligenti”, da voi pubblicato nei giorni scorsi, per fare alcune doverose precisazioni.
Nessuno dei contatori Enel è un “aggeggio mai omologato, né provato da alcun ente terzo …..” Infatti, anche i contatori elettronici prodotti ed installati prima dell’entrata in vigore del DLgs n. 22 del 2 febbraio 2007, che recepisce la Direttiva Europea MID, sono stati realizzati conformemente alle norme tecniche in vigore nel periodo e certificati dall’ente di certificazione accreditato, Istituto Marchio Qualità (IMQ), il tutto secondo le normative tecniche italiane, europee ed internazionali vigenti, al fine di garantire la conformità e la qualità di TUTTI i contatori prodotti ed installati.
E non corrisponde al vero neanche che vi siano differenziazioni tecnologiche tra i contatori ante MID e post MID, in quanto le normative tecniche per i contatori di elettricità non hanno subito nel tempo differenziazioni sostanziali. Di conseguenza, le garanzie aggiuntive fornite dalla certificazione MID sono da considerarsi operanti appieno anche sui contatori Enel realizzati prima dell’entrata in vigore di tale direttiva che, al pari di quelli successivi, sono costruiti per più del 60% in Europa e non in Cina e riportano tutti il marchio CE, a testimonianza della conformità con le norme comunitarie.
Va poi ricordato che il contatore elettronico Enel è progettato e certificato per la classe di errore B (corrispondente a +/- 1%) migliore di quella dei contatori elettromeccanici e di quella che la Direttiva Europea MID, e il relativo dlgs di recepimento citato prima, stabilisce per i contatori destinati alla clientela diffusa, ovvero la classe A. Tale classe, peraltro utilizzata in diversi paesi europei, è equivalente alla classe di errore +/- 2%, come nel caso dei vecchi contatori elettromeccanici. Si riporta per completezza quanto definito nell’allegato MI003 paragrafo 7.a: “….qualora uno Stato membro prescriva la misura dell’uso residenziale, esso consente che tale misura sia effettuata per mezzo di qualsiasi contatore della classe A. Per scopi specifici lo Stato membro è autorizzato a prescrivere qualsiasi contatore della classe B.”
Quanto al fatto che “la vicenda sarebbe anche passata sotto silenzio, se gli aggeggi funzionassero correttamente” possiamo tranquillamente affermare che Il contatore Enel è stato progettato e realizzato per avere una validità metrica di circa 20 anni, rispettando per tale arco di tempo i criteri della MID riguardo il comportamento metrologico, fermo restando la possibilità di qualche malfunzionamento che può verificarsi su alcuni esemplari, come del resto possibile anche per i vecchi contatori elettromeccanici. Circa poi l’attendibilità delle misure e la possibilità di verifica da parte del cliente, sottolineiamo con forza che Enel si attiene scrupolosamente a quanto disciplinato dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas a tutela soprattutto del cliente, che può sempre effettuare controlli in proprio e/o con l’ausilio di esperti, poiché il contatore Enel è accessibile ai clienti finali, una pratica che in molti paesi europei non è consentita.
È ovviamente destituita di ogni fondamento, infine, l’affermazione che “le altre utilities, che compravano ancora tutta l’energia da Enel, erano in pratica obbligate a installarli” e la riprova è che diversi distributori di energia elettrica in italia (per esempio la municipalizzata ACEA nella città di Roma) hanno adottato soluzioni tecnologiche differenti ed Enel non è stata coinvolta né nella loro progettazione, né nella loro realizzazione.
Enel – Relazioni con i Media