Il day after del Cavaliere si consuma a Palazzo Grazioli. Ferito dalle vicende degli ultimi giorni, racconta chi l’ha visto. Deluso da quelli che considera gli artefici del tradimento. Ma soprattutto sempre più preoccupato – con l’avvicinarsi della decadenza da senatore – per i futuri svolgimenti delle sue vicende giudiziarie. Come atteso, nel pomeriggio la giunta delle elezioni di Palazzo Madama ha proposto il suo allontanamento dal Parlamento. Eppure Silvio Berlusconi non ha intenzione di farsi da parte. Nessun passo indietro, almeno per il momento. Anche fuori da Palazzo Madama l’ex premier è convinto di rimanere il leader del centrodestra. Magari in un ruolo più lontano dalla politica attiva, ma comunque ben saldo al suo posto.
Smaltita l’amarezza delle prime ore, il Cavaliere studia la nuova strategia. Ne ha parlato questo pomeriggio con Angelino Alfano e i due capigruppo Renato Schifani e Renato Brunetta, accolti nella sua residenza romana. Poco prima aveva voluto incontrare a Palazzo Grazioli l’ex ministro Claudio Scajola. I due non si vedevano dallo scorso inverno, quando l’ex ministro dell’Interno si ritirò dalle liste elettorali (un riavvicinamento forse foriero di novità per il partito berlusconiano).
Dopo il tormentato voto di fiducia di tre giorni fa, l’obiettivo è evitare la scissione e tenere unito il partito. I gruppi parlamentari “alfaniani”? Stando alla lettura di Berlusconi non vedranno mai la luce. In cambio, il Cavaliere è pronto a ridisegnare l’organigramma del partito che nascerà. La nuova Forza Italia non sarà un movimento liquido, come chiedevano i falchi. Ma avrà un punto di riferimento chiaro in Angelino Alfano. Spetterà al vicepremier il ruolo di coordinatore della cabina di regia a cui sarà demandata la gestione del partito. Una conferma del suo ruolo di leader.
Nonostante tutto, agli occhi del Cavaliere Alfano rappresenta una risorsa importantissima. Forse la più importante per il centrodestra. Del resto al momento l’ex premier non vuole, e non può, entrare in rotta di collisione con il giovane segretario. Buon per Alfano, e non solo per lui. Anche a Palazzo Chigi, dopo un prima momento di esitazione, nessuno sembra avere troppo interesse nella scissione di una parte del Pdl. Per la stabilità del governo è molto meglio una conferma del vicepresidente del Consiglio alla segreteria del Pdl, magari rinsaldata dall’ultima prova di forza.
Non è tutto. Nelle confidenze di queste ore, Berlusconi non considera il segretario come l’artefice di un tradimento. L’amarezza per lo strappo consumato mercoledì mattina in Senato riguarda semmai altre due personalità. Berlusconi non ha digerito la fuga in avanti di Roberto Formigoni, ad esempio. Nonostante i recenti scandali lombardi, lo scorso inverno aveva dato l’ok alla sua candidatura a Palazzo Madama. Mai si sarebbe aspettato tanto impegno nel chiedere la nascita di nuovi gruppi parlamentari. Così come non ha gradito il ruolo del ministro Maurizio Lupi, che a Palazzo Grazioli è considerato il vero protagonista della congiura. Ovviamente non sono gli unici ad aver deluso Berlusconi. Nei prossimi giorni il Cavaliere cercherà di pesare il ruolo degli scissionisti. Per conoscere nomi e reali intenzioni di chi si è immediatamente schierato a favore della spaccatura parlamentare.
Ma nella strategia di Berlusconi il partito resta unito. Non è un caso se stamattina alcuni dirigenti – a partire dal coordinatore Sandro Bondi – hanno fatto appello alla coesione del Popolo della libertà con una serie di note ufficiali. Comunicati vergati sotto l’evidente regia del Cavaliere. Un partito compatto ma niente affatto “defalchizzato”, come invece chiede l’ex capogruppo Fabrizio Cicchitto. Nella cabina di regia guidata da Alfano, dovrà esserci posto anche per alcuni rappresentanti dell’ala lealista. Certo, la figura di Daniela Santanchè sembra essere diventata un po’ meno centrale nella gerarchia berlusconiana. Ma del fido Denis Verdini il Cavaliere non sembra volersi privare. «Del resto è attraverso di lui che Silvio controlla il partito», raccontano. Se la vittoria delle colombe è evidente, Berlusconi non farà piazza pulita della componente legata a Verdini e Santanchè. In attesa del voto sulla sua decadenza, non è il caso di aumentare le tensioni tra quelle che ormai sono a tutti gli effetti le due correnti del partito.