Un accordo per limitare la Nsa? Difficile ma possibile

Le trattative internazionali dopo le proteste

BERLINO – «Non ho ragione di credere di essere stata spiata dagli Stati Uniti». Sono queste le parole pronunciate da Angela Merkel lo scorso mese di luglio di fronte alle telecamere della Ard, il principale gruppo radiotelevisivo pubblico tedesco, quando le rivelazioni dei documenti della National Security Agency minacciavano di fare prendere alla campagna elettorale tedesca una piega indesiderata. Parole che, in questi giorni, la cancelliera avrebbe volentieri cancellato dagli archivi. 

Non solo: anche un altro mantra che andava in voga solo poche settimane fa («non ci sono prove che l’intelligence degli Stati Uniti abbia violato le leggi tedesche») andrebbe rivisto e corretto, se non cancellato del tutto. Insomma: la relazione tra gli Stati Uniti e gli alleati europei è stata messa a dura prova questa settimana, dopo le rivelazioni della talpa Edward Snowden sullo spionaggio contro governi e capi di stato — sarebbero in tutto 35 — compresi molti alleati. Lo scandalo obbliga a fare riflessioni sulla democrazia e sulla privacy ai tempi di internet e dei social. È legittimo, allora, aspettarsi un patto tra Stati Uniti e Europa come soluzione dell’incidente. Però ci sono numerosi ostacoli.

La settimana è iniziata con i leaks di Le Monde. L’Nsa, scriveva il giornale, avrebbe spiato le comunicazioni su internet di milioni di cittadini francesi. La reazione del presidente francese François Hollande non è mancata: ha convocato l’ambasciatore Usa, ha chiesto spiegazioni a Washington. La tensione diplomatica si è alzata poi mercoledì, quando il Governo tedesco ha informato che la cancelliera Angela Merkel aveva telefonato al presidente Usa Barack Obama, dopo aver ricevuto indizi concreti che il suo telefono fosse stato obiettivo esplicito di spionaggio.

Gli americani non hanno fatto altro che gettare benzina sul fuoco: «Noi non spiamo, né spieremo, la cancelliera tedesca Ángela Merkel», ha detto Jay Carney, portavoce della Casa Bianca. Sì, ma prima? Un bel problema. In settimana non è mancato il contributo del Guardian, che ha pubblicato nuovi documenti di Snowden, secondo i quali la Nsa avrebbe spiato gli smartphone di 35 leader, con l’appoggio esplicito dei ministeri del governo che fornivano contatti. Lo scandalo ha toccato anche l’Italia, causando la reazione di Enrico Letta — che tre mesi fa, così come Merkel, sminuiva il tutto — e la Spagna di Mariano Rajoy.

Le reazioni di indignazione dei governi europei si vanno a sommare a quelle di Messico e Brasile. Dilma Rousseff in particolare, ha cancellato un viaggio a Washington e ha offerto ospitalità a Glenn Greenwald, il giornalista del Guardian a cui si devono i primi contatti con Edward Snowden e le prime rivelazioni sui programmi di spionaggio Prism e Tempora.

Eppure alcuni addetti al lavoro credono che questo non sia un punto di non ritorno né di rottura, in particolare per quanto riguarda le relazioni transatlantiche. «Credo che sia troppo parlare di una “svolta” nelle relazioni tra Ue e Usa», spiega a Linkiesta al margine di un incontro con alcuni giornalisti della Stampa Estera, Ben Scott, esperto americano in sicurezza digitale, ed ex consulente di Hillary Clinton, «sicuramente siamo di fronte a un problema politico, però siamo ancora in uno stadio iniziale. I leader di governo non hanno ancora avuto conversazioni serie su come superare questi problemi e come possa essere la riconciliazione». Non è una rottura quindi, «ma ci dovranno essere delle azioni da parte degli Stati Uniti per restaurare la fiducia. (…) Le relazioni transatlantiche rimangono forti, condividiamo interessi su una varietà di temi. Credo che ci siano ragioni da entrambe le parti per cercare un accordo per risolvere questo conflitto e riparare la fiducia nelle comunicazioni digitali», aggiunge.

Scott è stato consulente del Dipartimento di Stato su temi di sicurezza digitale. A Berlino è da tre mesi a capo di un programma chiamato «Digital Agenda» nella Stiftung neue Verantwortung (fondazione nuova responsabilità), si tratta di un think tank che si occupa di diversi ambiti ma che da tre mesi a questa parte è concentrato sulle filtrazioni di Snowden e sull’Affare Nsa. La sede è a poche centinaia di metri dall’ambasciata americana, in un enorme quinto piano di lusso accanto al Marriot Hotel. Gli uffici con le pareti di vetro sono tutti deserti tranne uno.

«Nessuno dovrebbe sorprendersi delle dimensioni della sorveglianza digitale nell’era di internet. Come regola di vita vale la seguente: per ogni servizio di intelligence, se le operazioni che si stanno considerando sono legali, possibili a livello tecnologico e accessibili a livello finanziario, con ogni probabilità esse stanno già succedendo». E quando si parla di «legale» si intende nel paese di provenienza del servizio di intelligence. «C’è un enorme gap tra ciò che le leggi prevedevano nel momento in cui furono approvate e ciò che ora è possibile grazie alle tecnologie. (…) Le agenzie di intelligence, agiscono in modo banale: guardano le leggi, osservano il loro mandato e si espandono quanto più possibile a seconda di ciò che permette la tecnologia».

In questo senso, la litania di Merkel che «le leggi tedesche non sono state violate» non era fondata: internet supera le frontiere dei paesi e l’intelligence opera in base a quelle vigenti nel paese di origine. «Non ho mai capito l’argomento di Merkel sul fatto che l’Nsa non avrebbe violato le leggi tedesche. La legge tedesca controlla il Bnd — agenzia federale di sicurezza— non l’Nsa». Un accordo internazionale su sorveglianza e spionaggio in internet che funzioni, secondo Scott «non è impossibile», se c’è la volontà di trovarlo. Rimarrà probabilmente un margine di abuso, ma sarà minore.

Finora la protesta contro lo spionaggio Usa è stata più vivace in Germania che altrove. In varie occasioni ha portato in piazza migliaia di giovani. Il Piratenpartei non è riuscito alle elezioni a capitalizzare questa protesta, però è tornato ora alla ribalta su questi temi con l’attivismo. Katharina Nocun, segretaria del Partito Pirata, denuncia a Linkiesta una «doppia morale» della cancelliera che non ha fatto nulla quando si è saputo che milioni di tedeschi venivano spiati. Chiede, inoltre, un accordo internazionale per il contenimento della sorveglianza, ma sa che questo «non avverrà certo sotto il governo di Angela Merkel, un esecutivo che ha costruito in maniera molto intensa una rete di controllo».

Il giovane partito nato sui temi della rete e le nuove tecnologie chiede un accordo a livello internazionale che sia una specie di progressivo disarmo dei metodi di sorveglianza sul modello, ad esempio, dell’accordo internazionale sull’abbandono delle armi chimiche. Nocun insiste che bisogna abbandonare la mentalità secondo cui è impossibile contenere il controllo delle comunicazioni in internet. «È possibile negoziare accordi internazionali su internet, perché parliamo di stati sovrani che esistono nel mondo reale. Ci sono inoltre tecnologie più friendly e sicure verso il consumatore».

Provengono da due mondi agli antipodi ma i due esperti consultati da Linkiesta coincidono in un punto: «Esistono modalità per comunicare in modo sicuro su internet. Il problema è che (ancora) non sono convenienti», in parole di Scott.

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