Cento idee per cambiare il mondo vengono presentate a Berlino, e praticamente nessuna è italiana. La conferenza si chiama Falling Walls, e si tiene ogni anno il 9 novembre, in occasione dell’anniversario della Caduta del muro di Berlino. È la “finale” di un processo di selezione che dura mesi, con preselezioni che si sono tenute a san Paolo in Brasile, a Mosca, a Johannesburg a Londra e a Los Angeles. A Berlino si presentano le idee in tre minuti, e poi le tre idee più “intriganti” (che vuol dir poco, ma tanto era scritto sul programma) ricevono un premio, oltre a – vivaddio – un emolumento.
È diverso dall’ottimo e celebratissimo Ted: qui si presentano quasi solo ricercatori da tutti i settori del conoscere. Scorrendo la lista dei partecipanti, si leggono progetti dedicati ai Catalytic quantum-size effects, o il copyright digitale, o il paradosso di Kafka (una ricercatrice di Göttingen ha deciso di utilizzare metodi quantitativo-statistici per analizzare il povero Kafka, che in quanto morto non si può difendere). Se può sembrare una conferenza in bilico tra Nobel e Ignobel, forse lo è – ma in realtà è solo un ottimo contesto per dar spazio alla creatività della conoscenza.
Anche perché la partecipazione è presa estremamente sul serio: sono in mostra le principali università del pianeta. E tra di esse spicca il nome di Pasquale De Caprio e dell’Università di Napoli. Una volta intervistato si rivela però che il ragazzo risiede da quasi tre anni in Germania, parla un ottimo tedesco, e sta cercando un post-doc nel freddo paese mitteleuropeo. E il suo tema parla proprio di Germania: la creazione di un “Museo della Ddr”. De Caprio è diplomatico: «non so perché sono l’unico italiano», dichiara con distacco che sembrerebbe mutuato dalla patria adottiva. Sembrerebbe che «struttura e soldi» facciano la differenza.
A scorrere di nuovo la lista, appare anche un altro istituto italiano, l’Università di Chieti-Pescara, con il brasiliano Edson Filho e il suo progetto sulle interazioni multi-brain. È una coraggiosa testimonianza in un contesto che sembra favorire l’intraprendenza di paesi anglosassoni, e ovviamente tantissima Germania, a parte i paesi in via di sviluppo. Raccogliamo l’opinione di Hend El Tayebi, giovanissima ricercatrice contro il cancro al fegato al Cairo: «apprezzo la possibilità di entrare in contatto con idee molto diverse rispetto a quelle nelle quali mi concentro, e ispira molto».
Sembra quindi che, a parte i motivi di scala e finanziamento delle istituzioni di ricerca, a limitare la partecipazione sia un discorso d’intraprendenza dei ricercatori. «C’è quasi timore a mettersi in mostra nei confronti dei professori, che potrebbero ingelosirsi», dichiara un assai pessimista ricercatore italiano in visita. Forse la verità è che gli italiani non ci hanno neanche provato: la conferenza è nota anche nel nostro paese, tanto che era prevista perfino una visita del ministro dell’Istruzione Chiara Carrozza. Certo è che una visita di un ministro avrebbe potuto fare ben poco per risolvere una questione che sembra riguardare tutto il sistema, fin dalle fondamenta. In Italia, il primo muro che deve cadere è quello dell’intraprendenza dei ricercatori.