Cotroneo: “La famiglia è cambiata ma noi lo ignoriamo”

Intervista al regista e sceneggiatore

Adolescenti, bullismo, omofobia. Temi di cui la cronaca italiana è purtroppo sempre più piena. E che diventano il centro del prossimo film di Ivan Cotroneo, uno dei più popolari e fortunati storytellers italiani: tra i copioni da lui co-firmati, Mine vaganti, Io sono l’amore, Viaggio sola, e per la televisione Tutti pazzi per amore, Una grande famiglia e Una mamma imperfetta. Il bacio è il titolo, come il suo racconto del 2010 da cui ha tratto la sceneggiatura. «Considero l’omofobia e il bullismo delle vere emergenze sociali, rispetto alla quale il nostro Paese è arretrato quanto a comprensione e attenzione. Vorrei fare una storia sugli adolescenti e che parli innanzitutto a loro. Ma più ancora che denunciare la piaga, vorrei dire loro che c’è una via possibile all’accettazione della propria identità e alla piena realizzazione di sé e che i modelli non sono solo quelli dominanti della bellezza fisica, del lusso economico, della magrezza. I nostri ragazzi vivono in una gabbia di conformismo che li deforma e genera questi fenomeni di violenza. E in questo ambito ci metto che le terribili vicende delle giovanissime prostitute dei Parioli e delle “ragazze doccia” di Milano, versione molto più angosciante e disperata delle giovani di Bling Ring di Sofia Coppola, perché qui entra in campo addirittura la vendita del proprio corpo. C’è un grande lavoro da fare, a partire dalla politica, per avere una legge contro l’omofobia di cui dispongono la quasi totalità dei Paesi europei e la cui assenza in Italia è un indice pericoloso di noncuranza e sottovalutazione di una emergenza. Ma non si può prescindere in questo percorso da istituzioni come la scuola e la famiglia».

Lei ha spesso affrontato nelle sue storie il tema della famiglia. Cos’è per lei la famiglia? E riguardo a temi come matrimoni omosessuali e adozioni, qual è la sua opinione?
È una domanda bella e difficile. Dal punto di vista di un raccontatore di storie, la famiglia è un luogo narrativo ideale per raccontare i cambiamenti della società. È la lezione storica di Indovina chi viene a cena: da un lato ci sono tutte le discussioni sociali su razzismo e integrazione, dall’altro un racconto che dice: cosa succede se tua figlia torna a casa con un fidanzato nero? Il racconto ti permette di potenziare reazioni e discussioni. Forse è per questo che mi piace scrivere di famiglie e di famiglie contemporanee. Da un punto di vista personale, per me la famiglia è molto importante, è la rete di affetti che ti sostiene e con cui ti confronti, sono gli interlocutori con cui litighi, che ami, attraverso i quali cambi. Sui temi del matrimonio omosessuale e dell’adozione per i gay, io sono favorevole alla regolamentazione di entrambi. Ma al di là della mia posizione personale, credo che sia tempo che le leggi, ma anche i racconti e l’atteggiamento generale dei mass media, si mettano al passo con quello che succede nella società  con le coppie di fatto, con le famiglie omogenitoriali, e le necessità e il diritto a una regolamentazione che queste situazioni già hanno. Si continua a discutere di princìpi mentre appena fuori dalla nostra porta di casa il mondo è già cambiato e le situazioni “di fatto”, che non sono ovviamente solo quelle che riguardano le coppie omosessuali, esistono senza aspettare il permesso del legislatore e sono già in evoluzione. Bisognerebbe guardare quello che succede fuori dalla porta, o appena fuori dai nostri confini, e chiedersi perché da noi non succedano le stesse cose.

A proposito di famiglie e omosessualità, hanno fatto molto discutere le dichiarazioni di Guido Barilla sul no alla presenza di gay negli spot aziendali. Proviamo a semplificare: un industriale della pasta, il cui nome fa tutt’uno con la propria famiglia, ha dei guai quando si confronta con la sensibilità omosessuale. Potrebbe essere il pitch di Mine vaganti, una delle più riuscite e fortunate commedie italiane degli ultimi anni che lei ha scritto. Che idea si è fatto di questa vicenda?
Quando scrivevamo Mine vaganti con Ferzan Ozpetek, Ferzan insisteva che la storia che stavamo elaborando – il figlio di un industriale della pasta vuole fare coming out davanti a tutta la famiglia ma viene preceduto dal fratello maggiore che esce allo scoperto per primo, e questo manda a monte tutti i suoi piani – era prima ancora che una storia sull’accettazione in famiglia dell’omosessualità, una storia sulla fatica che si fa per cercare di essere felici e per affermare la propria identità e le scelte di vita conseguenti quando intorno a te la famiglia, ma anche la società, ti chiedono di fare il contrario. Mi sono ricordato di queste parole quando ci sono state le dichiarazioni di Guido Barilla, che mi sono sembrate prescrittive e parziali: le dichiarazioni di una persona che fa delle sue idee la ricetta della felicità per gli altri, senza conoscerli e senza pensare che esistano altre strade di realizzazione e felicità possibili. La vicenda, la reazione dell’opinione pubblica e le scuse conseguenti mi sembra raccontino molto di quanto la società stia cambiando, e di come chi non se ne renda conto rischi di trovarsi in posizioni arretrate e perfino pericolose, come quella di un imprenditore che non realizza quanto i suoi clienti pensino ad altro, a famiglie nuove, a quello che vivono, che magari è lontano anni luce da un modello famigliare antiquato. Non solo per quanto riguarda l’omosessualità, ma anche per quello che concerne la figura della donna, sulla quale le dichiarazioni mi sono sembrate gravissime.

Come ha lavorato per raccontare le famiglie italiane dal punto di vista femminile per la seconda stagione di Una mamma imperfetta?
La finestra di osservazione di Una mamma imperfetta, per la seconda come per la prima serie, è la voce narrante di Chiara Guerrieri/Lucia Mascino: è il suo racconto da mamma imperfetta che costruisce le storie di puntata e le commenta. Sono i suoi dubbi a muovere il racconto, ed è questa personalizzazione che dal punto di vista di scrittura per me fa la differenza  Inoltre c’è la necessità di condensare il racconto in una striscia quotidiana di otto minuti, che è un grande cambiamento rispetto ai film o alle serie di durata più distesa che ho scritto. Quello che però mi sembra accomunare la gran parte dei lavori che ho scritto, è il desiderio di dare dignità di racconto, e talvolta anche un po’ di epicità, alla vita di tutti i giorni, alle vicende del quotidiano.

Da parte in causa, qual è la sua opinione sulla fiction italiana?
Anche se nel dirlo posso essere accusato di avere una visione distorta, sono davvero convinto che la fiction italiana nel complesso goda di una immeritata cattiva reputazione. Mi sembra di vedere che le cose si muovano e si evolvano  che ci sia da parte di chi scrive, di chi dirige e di chi produce le storie un desiderio di sperimentare e di apprendere da mercati più grandi e più elaborati del nostro, come quello americano.

Il successo globale di molte serie tv estere di grande fattura indica che potrebbe essere quella la formula di racconto più adatta ai nostri tempi? Il cinema vive da questo punto di vista una crisi e qual è secondo lei il suo orizzonte?
Lo sviluppo della serialità americana ci ha dato grandi stimoli. In questi ultimi dieci anni abbiamo visto una televisione bella, innovativa, con la forza del cinema e in più il grande divertimento e la grande trappola della serialità. È stata una rivoluzione. Ma il cinema mi pare goda dal punto di vista creativo di ottima salute. Diverso è se parliamo della difficoltà di fare cinema in un Paese che ha ormai poche sale e in un contesto per il quale ancora si aspetta una regolamentazione del settore. Ma da grande appassionato di televisione posso dire che andare al cinema a vedere un film è un piacere diverso, che i due piaceri non sono in contraddizione e che con un atteggiamento produttivo che tenga conto delle varie piattaforme ora a disposizione si potrebbero realizzare grandi scambi fra televisione e cinema.

Quali sono i suoi prossimi impegni e progetti?
Ho appena girato lo spot per spot per la Giornata mondiale dell’infanzia e dell’adolescenza, il cui messaggio è: dare ai ragazzi che oggi studiano la possibilità di inseguire i loro sogni. Intanto in cantiere c’è un film tv sul Natale della mamma imperfetta, che sto montando e che uscirà a Natale, una nuova collaborazione con Maria Sole Tognazzi e Francesca Marciano, con le quali ho scritto Viaggio Sola, e naturalmente il film di cui parlavamo, Il bacio, che girerò nell’autunno 2014.

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