Dimmi che serie TV guardi e ti dirò se avrà successo. Non è sempre semplice predire la buona riuscita di uno show televisivo, ma qualche trucchetto c’è. Leggi i titoli di coda, guarda il cast. E in alcuni casi le percentuali che la serie si trasformi in un buon prodotto sono alte. Altissime se nell’elenco figura David Tennant: un nome, una garanzia. L’attore scozzese, lungi dai fasti di Hollywood, è un po’ il Robert De Niro del tubo catodico, il Johnny Depp della televisione seriale, uno di quegli attori che sa bucare lo schermo indipendentemente dalla parte assegnata. Quello che basta uno sguardo, un accenno ed è fatta: ci ha convinto dal primo momento. Non perché sia un belloccio, anzi. E’ un uomo normale, affascinante e carismatico certo, ma non proprio un Adone. E’ la perfetta testimonianza che non serve essere un modello per fare l’attore.
Il 2013 è l’anno della sua completa consacrazione. Tra gli appassionati seriali, prima, erano solo i fan di Doctor Who a conoscerlo: è stato, infatti, la decima reincarnazione del celebre dottore, quella che è rimasta più impressa nel cuore degli addicted (pronto, tra l’altro, a tornare in scena in occasione del cinquantesimo anniversario dalla nascita della serie).
Quest’anno Tennant non ha sbagliato un colpo: immenso nei panni del detective ispettore Alec Hardy in Broadchurch, splendido nelle vesti di marito vendicatore e geloso in The Politician’s Hubsband e convincente nella old fashioned spy-story in due puntate Spies of Warsaw. Non pago sta regalando ai telespettatori inglesi un’altra ottima interpretazione nel thriller psicologico The Escape Artist.
L’ultima chicca di BBC One mette Tennant in una posizione diversa: quella di un avvocato di successo, a tratti nerd (impeccabile in aula, ma non riesce a far partire la lavastoviglie), alle prese con un villain da brivido, con un’insolita passione di reminiscenza hitchcockiana per i volatili. La miniserie trasforma, nell’arco dei primi 50 minuti, la sua struttura narrativa: iniziata come legal drama si converte in un thriller ad alta tensione. Esagerato ed eccessivo, a tratti, anche a causa forse del format di sole tre puntate che obbliga a raccontare la storia con il piede sull’acceleratore, The Escape Artist permette a Tennant di fare sfoggio delle sue doti interpretative, ricordandoci quanto di buono la televisione sappia offrire. E non l’hanno capito solo all’interno dei confini britannici: non è un caso che gli americani, decisi a riprodurre in chiave a stelle e strisce Broadchurch, vogliano proprio lui per rifare lo stesso ruolo della serie originale. Come te non c’è nessuno, sembrano voler dire. E come dargli torto?
Dimmi che serie TV guardi e ti dirò se avrà successo. Non è sempre semplice predire la buona riuscita di uno show televisivo, ma qualche trucchetto c’è. Leggi i titoli di coda, guarda il cast. E in alcuni casi le percentuali che la serie si trasformi in un buon prodotto sono alte. Altissime se nell’elenco figura David Tennant: un nome, una garanzia. L’attore scozzese, lungi dai fasti di Hollywood, è un po’ il Robert De Niro del tubo catodico, il Johnny Depp della televisione seriale, uno di quegli attori che sa bucare lo schermo indipendentemente dalla parte assegnata. Quello che basta uno sguardo, un accenno ed è fatta: ci ha convinto dal primo momento. Non perché sia un belloccio, anzi. E’ un uomo normale, affascinante e carismatico certo, ma non proprio un Adone. E’ la perfetta testimonianza che non serve essere un modello per fare l’attore.
Il 2013 è l’anno della sua completa consacrazione. Tra gli appassionati seriali, prima, erano solo i fan di Doctor Who a conoscerlo: è stato, infatti, la decima reincarnazione del celebre dottore, quella che è rimasta più impressa nel cuore degli addicted (pronto, tra l’altro, a tornare in scena in occasione del cinquantesimo anniversario dalla nascita della serie).
Quest’anno Tennant non ha sbagliato un colpo: immenso nei panni del detective ispettore Alec Hardy in Broadchurch, splendido nelle vesti di marito vendicatore e geloso in The Politician’s Hubsband e convincente nella old fashioned spy-story in due puntate Spies of Warsaw. Non pago sta regalando ai telespettatori inglesi un’altra ottima interpretazione nel thriller psicologico The Escape Artist.
L’ultima chicca di BBC One mette Tennant in una posizione diversa: quella di un avvocato di successo, a tratti nerd (impeccabile in aula, ma non riesce a far partire la lavastoviglie), alle prese con un villain da brivido, con un’insolita passione di reminiscenza hitchcockiana per i volatili. La miniserie trasforma, nell’arco dei primi 50 minuti, la sua struttura narrativa: iniziata come legal drama si converte in un thriller ad alta tensione. Esagerato ed eccessivo, a tratti, anche a causa forse del format di sole tre puntate che obbliga a raccontare la storia con il piede sull’acceleratore, The Escape Artist permette a Tennant di fare sfoggio delle sue doti interpretative, ricordandoci quanto di buono la televisione sappia offrire. E non l’hanno capito solo all’interno dei confini britannici: non è un caso che gli americani, decisi a riprodurre in chiave a stelle e strisce Broadchurch, vogliano proprio lui per rifare lo stesso ruolo della serie originale. Come te non c’è nessuno, sembrano voler dire. E come dargli torto?