Quelle di Marco Vicinanza, membro del comitato di corporate governance di Assogestioni e coordinatore del comitato dei gestori, sono giornate piuttosto impegnative. Mancano sette giorni alla presentazione delle liste in vista dell’assemblea di Telecom del 21 dicembre e l’associazione che riunisce le società di gestione del risparmio e gli investitori istituzionali non ha trovato ancora una posizione condivisa. Dalle ragioni del mancato appoggio alla lista che sta costruendo Marco Fossati in vista dell’assise dell’ex monopolista alle tensioni sui nomi da indicare per il consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, fino al nuovo consiglio d’amministrazione di Generali, Vicinanza spiega a Linkiesta come mai gli indipendenti in Italia stentano a farsi sentire nei cda e nelle assemblee delle quotate italiane.
Partiamo da Fossati. Perché non potete appoggiarlo?
L’impedimento deriva dal regolamento Bankitalia del 14 aprile 2005 sui fondi comuni: essi non possono controllare o contribuire a controllare una società. È questo il principio che ci ispira quando formiamo le liste, sulla base del quale ci imponiamo di esprimere un numero di consiglieri non maggioritario.
E allora come mai vi ha coinvolto?
Lo deve chiedere a lui. La mia posizione riguarda i fondi comuni d’investimento sotto la legislazione italiana. Nulla vieta che i fondi esteri sotto una legislazione estera si possano attivarsi per cambirare il management. È successo in molti casi negli Usa (vedi il raider Carl Icahn con Herbalife, ndr), ma non riteniamo che questa sia la nostra missione come azionisti di minoranza.
L’assemblea del 20 dicembre si avvicina. Avete già elaborato una posizione?
Non posso darle una risposta perché non abbiamo delle visioni cristallizzate. Ci siamo mossi in seguito alla convocazione ufficiale dell’assemblea e abbiamo iniziato il solito iter che ci porta a fare una valutazione della capacità di fare una lista anzitutto verificando i quorum e da dove possono arrivare, poi la discussione verte sui criteri da adottare nel caso di decadenza del consiglio e infine di dare mandato al nostro cacciatore di teste per individuare, in base ai suddetti criteri, una lista di persone da cui estrarre poi una rosa di nomi convivisa. Al momento siamo in questa fase, non c’è ancora una lista, abbiamo ancora sette giorni lavorativi per produrla.
Speriamo non si litighi come per il rinnovo del board di Intesa Sanpaolo. Come mai proprio nel momento in cui siete riusciti a piazzare più indipendenti (31 nel 2012) avete clamorosamente perso l’occasione di aumentare il peso del mercato nella governance della principale banca del Paese, occupando solo 2 delle 8 poltrone potenziali?
L’episodio riguarda un contrasto tra Guido Giubergia (consigliere Assogestioni e numero uno di Ersel) e Mauro Micillo (ad di Eurizon, società di gestione controllata da Intesa, e vicepresidente di Assogestioni) sul nome di Vincenzo Carriello, considerato dal secondo non indipendente in quanto consulente, tramite il suo studio legale, di Intesa. Gli animi si scaldarono un po’ troppo e Giubergia diede le dimissioni. Micillo sosteneva che non bastava dimettersi all’ultimo minuto, ma non aver intrattenuto rapporti con Intesa almeno nei dodici mesi precedenti alla nomina.
Assogestioni aveva però approvato la nomina di Carriello. Rimpiange l’occasione persa?
Diciamo che si poteva gestire meglio. In quella circostanza gli investitori esteri rimasero freddi perché sulla vicenda intervenne la Consob. Tuttavia, mi preme sottolineare che se gli esteri avessero ritenuto inquinato il nostro processo decisionale avrebbero smesso completamente di appoggiare le nostre liste, cosa che non è avvenuta, anzi.
Quanto ha influito la posizione di Domenico Siniscalco (dimessosi in questi giorni da presidente Assogestioni poiché a capo di Morgan Stanley Italia, advisor di Telecom), considerato vicino all’anima torinese di Intesa?
Qui c’è un aspetto che è fondamentale chiarire: Siniscalco era presidente dell’Associazione, mentre il comitato dei gestori, che ha il potere di decidere sulle liste, è una struttura indipendente seppure in seno ad Assogestioni. Siniscalco è sempre stato fuori da questa vicenda.
È vero che Assogestioni è depotenziata dal fatto che le società di gestione del risparmio sono emanazione delle banche tranne poche eccezioni come Kairos ed Azimut?
Dipende da come si usa lo strumento della governance. Anche nelle società più grosse i presidi di indipendenza sono solidi. Tornando al discorso di Intesa, vorrei evidenziare che la stessa Eurizon ha amministratori indipendenti nel board.
Rinnovo del board di Generali: nel dimagrimento del consiglio d’amministrazione da 19 a 11 membri ora lo Statuto prevede solo un indipendente. Non è un po’ poco?
In quel caso abbiamo subìto le decisioni dell’assemblea, che è sempre sovrana.
Nell’assemblea per la revoca del cda di Impregilo l’ago della bilancia è stato il fondo Amber che ha votato contro Mediobanca…
Dal punto di vista del nostro comitato l’attività è quella di coordinarci per mettere a disposizione voti e liste di minoranza.
Cosa fare per rendere più attivi gli indipendenti, tanto in assemblea quanto in consiglio d’amministrazione, sulla strategia del management e la chiarezza di bilancio? In Inghilterra il cda ha votato contro l’aumento della remunerazione di Martin Sorrell, nonostante sia il fondatore della Wpp! Quando lo vedremo in Italia?
Dove gli indipendenti possono essere più incisivi è proprio nella politica delle remunerazioni. Su questo tema stiamo lavorando molto, per quanto ci si possa migliorare sempre. Tornando all’assemblea Telecom, nel primo punto all’ordine del giorno (la revoca del cda) ognuno farà le proprie scelte, mentre sul secondo punto (la conseguente nomina del nuovo cda) ci batteremo affinché venga tutelato maggiormente rispetto al passato l’interesse degli azionisti di minoranza.