Lo scrivilettere è un fingitore. Finge così completamente, che arriva a fingere che è amore l’amore che davvero sente. Parafrasiamo il celebre Pessoa sui poeti per inquadrare sensibilità e pulsioni di Theodore Twombly, personaggio principale di questo meraviglioso Her di Spike Jonze. Theo di mestiere redige epistole d’amore e sentimento per i committenti di mezza America: in realtà scrivere è verbo già un po’ retrò, poiché in questo futuro assai prossimo losangelino si fa tutto col computer e i cellulari, ma le tastiere sono completamente scomparse: è il riconoscimento vocale, bellezza, basta parlare e l’elettronica compone da sé.
Poeti e letterati del nuovo millennio, forse troverete il posto fisso traducendo in parole per contro altrui lontananze d’amore, compleanni, riappacificazioni: insomma, l’industria del cuore rivela inediti scenari occupazionali nel campo delle lettere (in senso lato). Theo ci sta dentro, guadagnando anche piuttosto bene, a giudicare dall’appartamento super-panoramico in cui vive, ma a furia di pulsare i battiti degli altri, si ritrova in una solitudine totalizzante: sta per divorziare, non riesce a impostare relazioni durature, le chat propongono soddisfazioni sessuali in realtà non del tutto soddisfacenti. E’ in questo triste spazio ipo-affettivo, che Theo a un certo punto incrocia la vera svolta: si innamora di un sistema operativo di nome Samantha. Questa donna incorporea, fatta in materia di sola voce, è l’unica che lo sappia capire, che riesca a scrutarne i pensieri e i desideri, e non solo quelli di natura amorosa, dal momento che è Samantha, la virtuale Samantha a intuirne le ambizioni di scrittore e lo aiuterà su quella via.
Confidente, amante, segretaria, smistatrice di email, compagna di viaggi, Samantha assomma in sé i caratteri femminili prediletti che Theo vede divisi nelle altre donne. Insomma, la donna dei desideri. Dei desideri dei tanti. Essendo infatti un’essenza virtuale, Samantha concentra in sé le attenzioni di molti altri uomini. Quel che Theo immaginava esclusivo, in realtà lo divide con migliaia d’altre persone (ma non per questo i sentimenti restituiti da Samantha sono più falsi). E allora, diteci, cos’è mai l’amore? La verità, vi prego, sull’amore.
Jonze, anche sceneggiatore unico del film, rifugge dagli apologhi ormai anche piuttosto sfiatati sulla virtualità, per aggiornare ai nostri tempi tecnologici il discorso amoroso che appassiona l’uomo da qualche migliaia d’anni. Esperimento ardito, perché il burrone del banale e del pacchiano su questi versanti si apre sempre all’improvviso. Ma esperimento riuscito, che ci consegna di certo una delle più belle commedie dell’anno. Non era facile mantenere alta la tensione di un racconto costruito sostanzialmente su un attore e una voce, quasi teatrale nella sua radice profonda. E va detto che sarebbe stato tutto ben al di sotto degli esiti se non ci fosse stato un attore come Joaquin Phoenix, certamente uno dei più grandi al mondo della sua generazione. E’ incredibile come riesca a passare dal disperato e ruvido ex combattente di The Master di Paul Thomas Anderson a questo sottile, occhialuto letterato del terziario, delicato e solitario, sempre un po’ fuori posto nel mondo (lo aiuta nella caratterizzazione una scelta dei costumi particolarmente azzeccata: a un certo punto lo si vede in spiaggia tra gente in costume con i suoi abituali ed eleganti pantaloni vintage a tessuto grosso, sotto camicie colorate pastello, quasi sempre col collo alla coreana).
Her è un film di Phoenix quasi quanto lo è di Jonze. Quanto a “her”, lei è sola voce, ma molto d’eccezione: la interpreta Scarlett Johansson. Curiosa la scelta di chiamare una delle attrici più sexy di Hollywood, vera icona visiva della sensualità planetaria, e non mostrarla mai, farla solo sentire. Una scelta di coraggio parecchio rara, che ci fa venire in mente quella compiuta da Alfred Hitchcock per Psycho, dove l’unica diva di cui disponeva, Janet Leigh, muore e scompare del tutto dal film ad appena un terzo della storia.
Piuttosto scontato elogiare le qualità tecniche del film, ovviamente d’eccellenza, visto il formalismo di Jonze, maturato con anni e onori da regista di videoclip al servizio di star come Björk, Chemical Brothers, R.E.M., Daft Punk e Arcade Fire (proprio gli Arcade Fire firmano la bella colonna sonora). Per gioco di coincidenze in questo 2013 sono usciti i film dei tre maggiori autori di video musicali del mondo: Moon Indigo di Michel Gondry, Under the skin (in cui c’era sempre la Johansson, ma tutta intera) di Jonathan Glazer e infine questo Her. I primi due hanno prodotto opere accolte con parecchie riserve. Jonze invece ha fatto proprio il botto. E il Festival di Roma, appena al suo terzo giorno di proiezioni, forse ha già trovato il dominatore assoluto.