Se fino a ieri su questo sito l’abbiamo ribattezzata tassa-zombie, adesso è più opportuno parlare di tassa thriller, perché continua a risorgere dalla sua tomba per terrorizzare gli italiani, o aliquota poker, perché viene rilanciata di ora in ora come in un tavolo verde da gioco.
Così, invece di commentare l’ennesima notizia sul ritorno della seconda rata Imu, che solo due giorni fa era stato escluso categoricamente (!!) in una solenne conferenza stampa del premier Enrico Letta, che oggi torna di nuovo, e che domani verrà sicuramente cancellata con una nuova e solenne conferenza stampa del premier Enrico Letta, provo a immaginare lo scenario del prossimo, probabile, ritorno.
Il ragionamento che produce il nuovo rischio è questo: siccome il mezzo miliardo che è rimasto scoperto in queste ore è quello prodotto dall’aumento dell’aliquota che ottocento comuni hanno già elevato al quattro, al cinque o al sei per mille, che cosa succede se – per esempio – altrettanti comuni, entro il 30 novembre (come permette loro la legge) dovessero fare altrettanto? Si creerebbe, presumibilmente, un altro buco da mezzo miliardo, e salterebbe il banco.
Insomma, il braccio di ferro sulle tasse tra Stato centrale e comuni sta producendo un circuito vizioso in cui nulla è più certo: il governo taglia i finanziamenti ai Comuni, ma consente loro di aumentare l’aliquota per farsi perdonare questo torto. I Comuni reagiscono alzando l’aliquota per quella che considerano una legittima difesa. Ma questo rilancio fa aumentare il fabbisogno di bilancio per la copertura, e malgrado la tassa sia virtualmente cancellata, questo aumento fa crescere comunque il totale di quello che il governo centrale deve trasferire ai Conuni per compensare il mancato introito. Bene, adesso il governo dice: tutto quello che non era previsto nel calcolo che era stato fatto sulle vecchie aliquote lo devono pagare i comuni, che però non hanno soldi, e quindi devono farlo pagare ai contribuenti. E così quello che era stato messo fuori dalla porta rientra dalle finestra, con un tributo che per ora dovrebbe essere pagato da tre milioni e mezzo di cittadini e che domani, seguendo questo criterio, potrebbe essere esteso ad altrettanti, se non di più (Il Sole24 ore ipotizza che potrebbero essere addirittura dieci milioni).
Ricordate la meravigliosa parodia di “Adele e l’Imu” di Maurizio Crozza?. Nel suo geniale paese delle meraviglie, che poi è questa farsesca Italia, il comico genovese clonava il divino falsetto della rockstar Adele: «Ti prego, dimmi/ Come cazzo fai a calcolare l’imuuuu-ùù/ io, per l’ansia/ ho già ventotto chili in piuu-ùù». Adesso l’ansia e il rovello del cittadino Crozza sono diventati anche un dubbio di Stato che rischia di far saltare ancora una volta i conti della legge di stabilità.