L’economia pratese sembra sempre più cinese. Nei giorni scorsi uno storico albergatore cittadino ha ceduto la gestione di un hotel a imprenditori orientali: segno che ormai i loro interessi vanno oltre il settore tessile. La speranza è di attirare in Toscana concittadini con redditi alti, dato che l’albergo in questione è a 4 stelle. Già in questi giorni dovrebbe ospitare una delegazione del governo di Pechino. Secondo Federalberghi, i cinesi che hanno i mezzi per andare all’estero sono almeno 100 milioni. Il passaggio di consegne nella struttura pratese ha un sapore simbolico, anche perché alcuni membri della famiglia che l’ha gestita finora dovrebbero continuare a lavorarci, sotto la guida dei nuovi amministratori orientali.
Dai Tomada a Chen Xia
L’hotel Datini ha una posizione strategica per chi vuole visitare la regione. È a 20 chilometri dal centro di Firenze, a due da quello di Prato, a 12 dall’aeroporto di Peretola. «L’albergo è stato riqualificato qualche anno fa – racconta Nunzio Martino della Filcams, sindacato che si occupa di turismo. – Per quella zona ha una valenza di rinascita. Potrebbe essere una vetrina per gli imprenditori cinesi». Il merito della messa a nuovo è dei Tomada, che lo hanno gestito negli scorsi anni. «In città sono conosciuti, avevano investito in varie attività. La cessione del Datini è un fatto eclatante, storico». La struttura passa alla A. M. Hotels srl dell’imprenditore Chen Xia, già attivo nel tessile. «I cinesi hanno iniziato a diversificare da un po’ di tempo», spiega Martino. Parla di commercio, ristorazione, bar. Un paio di anni fa aveva fatto notizia il cambio di gestione allo storico Caffè Bacchino, nel centro della città. In quel caso l’esperienza orientale è durata poco: nei mesi scorsi l’esercizio è passato nelle mani di un giovane pratese.
«Combattere gli illegali, attirare i ricchi»
Dal 2009 il sindaco di Prato è Roberto Cenni, ex imprenditore tessile, eletto col centrodestra. Il suo fu un successo clamoroso: dal 1944 si erano visti solo primi cittadini del Pci (prima) e del centrosinistra (poi). Quattro anni fa il vincitore promise ordinanze contro i venditori abusivi orientali. Oggi il principale partito che lo sostiene definisce «ineluttabile» il cambio della guardia all’hotel Datini. «A Prato i cinesi sono i soli ad avere soldi – dice Riccardo Mazzoni, senatore e coordinatore provinciale Pdl. – Hanno comprato mezzo centro pagandolo tre volte il valore di mercato. Gli immobili di chi voleva restare si sono svalutati, e sono stati venduti a metà del prezzo iniziale. Poi c’è il problema dell’illegalità: molte aziende del distretto orientale nascono, chiudono e riaprono con un nuovo nome per sfuggire al fisco. L’impegno del Comune contro questi fenomeni non basta. Serve un intervento dello Stato».
Secondo Mazzoni ogni anno dai money transfer pratesi parte un miliardo diretto a Pechino e dintorni. «Le loro imprese sono dinamiche, attive su più fronti. Mandarli via non è più possibile, e credo che sarebbe anche scorretto. Ormai sono un quarto della popolazione. Il New York Post ha scritto che la nostra città è un laboratorio per l’espansione delle Chinatown nel mondo. In termini assoluti abbiamo la seconda comunità dopo quella di Parigi». Per il senatore all’hotel Datini è avvenuta una svolta di alto valore simbolico, anche per la consistenza economica dell’investimento. «Finora sono arrivate qui solo persone disperate, schiavi che hanno dovuto fare una lunghissima scalata per ritagliarsi un posto. La nuova gestione dell’albergo potrebbe attirare una clientela orientale d’élite».
Più ideogrammi per tutti
Il presidente di Federalberghi Toscana è un imprenditore di Forte dei Marmi. «Lì sono stati i russi a comprare tre grandi strutture – sottolinea Paolo Corchia. – La nostra regione è considerata un brand, che ha retto nonostante la crisi. La stretta sul credito da parte delle banche fa sì che gli operatori locali siano meno competitivi rispetto ad altri». I cinesi con redditi alti attesi al Datini sarebbero una novità per tutta la regione: «Finora non siamo riusciti a portarli qui. L’albergo pratese può fare da apripista. Sarebbe importante, visto che i loro connazionali che hanno i mezzi per andare all’estero sono almeno 100 milioni».
Anche l’investimento orientale nel settore è quasi un inedito. «Li abbiamo visti all’opera solo in alcune grandi strutture a Firenze e in gruppi organizzati che girano l’Europa in sei giorni». Corchia denuncia carenze nel sistema-turismo italiano, che rallentano gli arrivi da Pechino. «Alitalia non ha voli diretti per la Cina. I visti vanno accelerati: altri Paesi Ue fanno meglio di noi. E poi bisogna essere preparati all’accoglienza, a partire dalle piccole cose come i menù, che vanno tradotti nella loro lingua». Il sito dell’Unione industriale pratese è già visitabile in cinese. La città si adegua sempre di più agli imprenditori orientali. Presto potrebbe doverlo fare anche con i turisti.