Si può fare del male a fin di bene? Fin dove è lecito spingersi per ottenere informazioni utili per la giustizia? E’ questo il conflitto morale che segna la tortura, in cui l’America s’è infangata per diversi gravi scandali di contesto bellico. E di tortura e prigionia, in dimensione tutta privata e insieme emblematica, racconta Prisoners di Denis Villeneuve su sceneggiatura di Aaron Guzikowski: a una prima lettura thriller sull’America profonda, in realtà investigazione sul cuore di tenebra di una nazione guida del mondo.
In Pennsylvania due bambine spariscono nel nulla. Il sospettato è un ragazzo ritardato con un camper. Ma la polizia non riesce a venirne a capo. Il padre della più piccola, solido americano nelle sembianze di Hugh Jackman, decide di fare da sé. Su questo schema, classico racconto costruito lungo gli intrecci di una doppia indagine, Villeneuve imbastisce il suo ritratto di un Paese allo sbando, che invoca un aiuto salvifico (il film inizia con la recita del Padrenostro) ma in realtà affondando nelle spire dei propri errori consapevoli, un Paese cinico nello scegliere senza troppi dubbi etici la strada che ritiene più giusta, oscuro nelle dinamiche segrete e inconfessabili che regolano le sue pulsioni sotto la falsa trasparenza dei suoi rapporti sociali, disintegrato nelle relazioni anche più intime.
Il film ricorda il grandioso “Zodiac” di David Fincher, laddove la mano della colpa è sempre sul punto di svanire irrimediabilmente. Ma il legame più evidente è reso dalla presenza in entrambi di Jake Gyllenhaal, cui è demandato il compito di risolvere l’intrico della storia. In Zodiac il personaggio si accosta alla ricerca dell’assassino da posizione secondaria e in un secondo tempo (fa il disegnatore di un giornale che si appassiona alla vicenda del serial killer), qui invece è ufficialmente il titolare dell’investigazione, essendo il poliziotto che per primo arriva sul luogo del misfatto e segue dall’inizio alla fine il percorso della storia.
Gyllenhaal è in entrambi l’uomo comune, con una sua pulizia etica quasi ingenua e piuttosto generosa, dinanzi a un mistero che lo avvolge e quasi lo compenetra. Per certi versi, questi due personaggi sono il riflesso nel realismo dell’allucinatorio Donnie Darko, altro grande personaggio di Gyllenhaal, il cui mistero è interamente mentale, è il sé. Donnie Darko attraversa la propria natura in un percorso interiore che ha segnali al limite dell’indecifrabilità (si è prodotta una notevole letteratura sul significato del film); in Zodiac e Prisoners il personaggio di Gyllenhaal compie invece un viaggio esteriore nella decifrazione di un terrore labirintico. Il mondo è davanti a noi ma bisogna accorciare continuamente le distanze rispetto alle cose perché nulla è mai abbastanza chiaro ed evidente: di qui i morbidi, lenti, inesorabili carrelli frontali sui personaggi, che Villeneuve adotta come precisa scelta stilistica.
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In Prisoners è significativo un piccolo, quasi fugace segno che il personaggio porta con sé: un anello che reca le immagini massoniche della quadra e del compasso. Questo simbolo non rimanda a nessuna fratellanza (il poliziotto è completamente solo: perfino il giorno del Ringraziamento, che è il giorno del rapimento, lo passa in solitudine in un ristorante cinese), ma al concetto della “quadratura del cerchio”, con cui dare una forma di composizione a una realtà implosa, fratturata, impazzita.
Sono deduzioni, perché del detective sappiamo quasi nulla: non dove viva, né da dove arrivi, o quale sia il suo passato. Di lui conosciamo quest’anello, i tatuaggi sul corpo e il tic facciale che non lo abbandona mai. La scelta di non chiarire pienamente la caratterizzazione di questo personaggio è alla fine vincente perché avrebbe tolto spessore al vero nodo del film: il viaggio negli incubi profondi dell’America, un luogo psicologico inospitale battuto da pioggia ed acquaneve e raggelato in un’aria di vetro, dove tutti sono in fondo prigionieri di qualcuno o di qualcosa. Lo stesso finale aperto ed enigmatico rimarca l’inquietudine irrisolta di questa condizione. Gran film.