Se anche i Simpson se la prendono con il Parlamento

“Scuola più corrotta delle Camere”

Pensate per un attimo alla potenza feroce degli stereotipi: Giorgio Gaber cantava: “Peggio che da noi/ nemmeno in Uganda”  (e in questo caso parlava male sia di noi che del paese africano). E poi – per dire – si parla di “cose turche”, in omaggio a sanguinose rappresaglie con tanto di impalamento. E si dice comunemente “voto bulgaro”, per parlare di elezioni in cui nessuna libertà è consentita. Per questo fa un certo effetto scoprire che anche noi siamo diventati uno stereotipo pittoresco dentro un cartone animato di tendenza, che siamo diventati il “parlamento italiano corrotto” nei Simpson. Quindi, per ricapitare: cose turche per orrori e sevizie inenarrabili, voti bulgari dove non esiste libertà, corruzione italiana dove tutto è in vendita, o si presume che lo sia.

Non so per quale motivo ho trovato questa notizia relegata al rango di breve su La Repubblica, ignorata dagli altri (e raccontata con più attenzione solo da Libero). Appena l’ho vista sono andato a verificare meglio, perché si sa, un titolo di colore può nascondere sempre una grande menzogna. Scopro invece che è tutto vero. Il 10 novembre, in una delle serie più cool della storia dei cartoon di tutti i tempi, il giornalista Kent Brokman, uno dei personaggi di contorno dei Simson, è arrivato a comporre questo sorprendente paragone tra il sistema educativo simpsoniano e l’Italia: “Questa scuola è più corrotta del parlamento italiano”.  Il direttore della scuola degli omini gialli, il povero Skinner, manda giù l’accusa senza reagire: abbiamo appena visto che nel suo istituto tutti gli studenti imbrogliano e copiano, ma – la cosa più bella – è che in quelle classi elementari simpsoniane, si possono ottenere preventivamente le risposte ai questionari dei maestri in cambio di bottiglie di superalcolici. Se poi vogliamo andare più a fondo, tra i protagonisti della serie partorita dalla fantasia di Matt Groening ci sono anche il mafiosetto siciliano Tony Ciccione, e lo chef sfigato Luigi Risotto: ma questo è il risultato di altre guerre, di altre storie e soprattutto di altri tempi. Mi pare invece che l’ingresso del parlamento tricolore nella categoria degli stereotipi acchiappa-sorriso sia storia recente e attualissima.

Certo, non è una associazione sorprendente o inedita, quella tra la politica e la corruzione: ricordo che persino nella bellissima e futuristica Brasilia, il meraviglioso parlamento progettato in Brasile da Oscar Nyemeyer con razionalistica esattezza, per rappresentare l’immagine di due emisferi, uno rivolto al cielo, l’altro al livello del suolo, è stata caricaturalizzata dalla leggenda popolare in due immagini standard: le strutture avveniristiche sarebbero due ciotole, la Camera rivolta verso l’alto perché i deputati hanno già mangiato, il Senato appoggiato sul tavolo perché il pasto è già finito. Dobbiamo però ricordare che parlamenti nati come espressione di libertà nella stagione romantica sono diventati corrotti nel tempo dei totalitarismi, sordi e grigi o bivacchi nella fantasia di Benito Mussolini, sede di mangiapane a tradimento anche nella delirante sparatoria del golpe tardivo intentato in Spagna a colpi di rivoltella dal colonnello Tejero, quello che sparava in Aula gridando “Arrendetevi tutti, caproni!” (di fronte al pazzo che sparava rimasero in piedi con grande dignità solo in due, un ex ufficiale e il segretario del partito comunista Santiago Carrillo).

Quello che sto provando a dire, è che se la leggenda di un parlamento italiano totalmente corrotto fino a diventare macchietta arriva fino all’orecchio degli sceneggiatori dei Simpson, che immagino come degli intellettuali newyorkesi progressisti ed evoluti (anche questo ovviamente è uno stereotipo) dobbiamo preoccuparci davvero. Mi chiedo cosa, e quando, abbia prodotto questo smottamento: che sia arrivato fino in America un riverbero della famosa festa dei maiali alla regione Lazio? Che abbiamo visto persino lì le foto di Francone Fiorito detto Batman con il gessato? (però, ad essere rigorosi, si trattava di regione). Avranno forse avuto eco della villa di Luigi Lusi ai Castelli? Oppure si tratta dei diamanti della Lega Nord, rifiutati anche in Tanzania perché li ormai sono troppo seri per gli standard fantasiosi dei nostri tesorieri e, soprattutto, dell’ineffabile Belsito? Oppure sanno del caso Penati? Si riferiscono forse alla corruzione del senatore De Gregorio? Non lo so. Perché se si esaurisce la nostra galleria di scandali, in Italia abbiamo anche imprenditori corrotti, amministratori pubblici corrotti, medici corrotti, e corrotti di ogni genere e censo.   

Va detto, piuttosto, ch siccome non mi piace lo sport dell’autolesionismo nazionale, credo che nessuna di queste notizie sia arrivata fino negli Stati Uniti, o possa da sola giustificare il declassamento che per dovere professionale critico spesso, ma non si può dire che sia un luogo di conclamata corruzione. Forse è un rumore di fondo, un clima: forse tutte queste notizie messe insieme, negli ultimi due anni valgono quanto il genocidio degli armeni ad Ankara e le elezioni taroccate in mezzo secolo di regime di partito unico a Sofia. So che per una cosa così dovremmo muovere gli ambasciatori. So che se ci abbiamo messo due repubbliche e mezzo per fare il danno, come per le scorie nucleari, ce ne vorranno almeno quattro per ripararlo. Saremo forse riabilitati dallo sceneggiatore progressista newyorkese di una prossima serie: ma in una puntata dei Simpson che vedrà mio nipote, e che andrà in onda quando io non ci sarò più.

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