Sui temi etici i veri falchi sono le colombe di Alfano

Il lancio di FI e Nuovo Centrodestra

Richiamano la responsabilità nel far vivere il governo di larghe intese. Rivendicano i valori del confronto, dialogo e apertura come pilastri di un grande partito moderato che fa riferimento al PPE. Riescono ad accreditarsi come “colombe” estromesse dall’oltranzismo dei “falchi” del Popolo della libertà. Tuttavia esiste un terreno nel quale i gli esponenti di spicco del Nuovo Centro-destra trovano nell’intransigenza il loro tratto distintivo. Perché sui “temi eticamente rilevanti” quasi tutti i “governativi” che hanno scelto la separazione da Forza Italia sono portatori di una visione fortemente conservatrice, al limite del fondamentalismo confessionale e teo-con. Un orizzonte che va al di là della consonanza con gli orientamenti delle gerarchie ecclesiastiche più attente alle dinamiche politiche italiane e più sensibili all’iniziativa promossa da Angelino Alfano. Rivolta all’universo cattolico-popolare oggi disperso in realtà diverse ma unificato dalle campagne sui “valori non negoziabili”. E granitica rispetto a una Forza Italia che sulle libertà civili offre un panorama ricco di contraddizioni, all’insegna della “libertà di coscienza” e dell’“anarchia di valori” propugnata a fasi alterne da Silvio Berlusconi. 

Radicalmente ostili al riconoscimento giuridico delle unioni civili anche tra persone dello stesso sesso, i rappresentanti del Nuovo Centro-destra le ritengono un’insidia pericolosa per il primato della famiglia naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Più che alle formulazioni ufficiali della Chiesa, Roberto Formigoni e Maurizio Lupi si richiamano alla famiglia tradizionale come “cellula fondamentale della società, garanzia di sopravvivenza di una comunità che non può essere equiparata alle altre forme di relazione”. Convinzioni che hanno portato le “colombe” dell’ex PDL a criticare la proposta di legge presentata nel giugno 2013 da un gruppo di “falchi” dello stesso partito: Renato Brunetta, Sandro Bondi, Stefania Prestigiacomo, Laura Ravetto, Gabriella Giammanco, Daniele Capezzone e Giancarlo Galan. Progetto che puntava a “una disciplina giuridica dell’unione omoaffettiva per garantire alle coppie gay le prerogative assicurate a quelle eterosessuali non sposate”. A Eugenia Roccella, figura di spicco dei “governativi” che rivendicava la linea nettamente alternativa prevalente nel centro-destra, l’ex governatore del Veneto replicava che “il progetto dava corpo a valori e identità liberali offuscati nel PDL e ne rivendicava la natura di forza laica e non confessionale”. Mentre Bondi ribadiva “il rifiuto di adeguarsi alla volontà della maggioranza su temi che riguardano la sfera personale”

Altro fronte rivelatore dell’intransigenza delle “colombe” è la fecondazione assistita e la ricerca scientifica sulle cellule staminali. All’epoca esponente dell’Unione di centro prima di approdare al Partito democratico e di ritornare nei ranghi del PDL, Dorina Bianchi rivestì il ruolo di relatrice della legge 40 del 2004, frutto di un’alleanza fra teo-con e teo-dem che invocava l’intangibilità di ogni principio di vita fin dal concepimento in provetta e voleva ridurre l’intervento della scienza nella fase dello sviluppo dell’embrione. Le norme prevedevano un’ampia griglia di restrizioni. Divieto della diagnosi pre-impianto della cellula fecondata per verificare la presenza di gravi patologie. No alla procreazione con seme di un donatore esterno alla coppia che rischia di trasmettere ai figli malattie ereditarie. Prescrizioni giustificate da Carlo Giovanardi, combattivo rappresentante della pattuglia “alfaniana”, come argine contro “una mentalità e una pratica eugenetica appartenente alle stagioni più buie della storia umana”. L’altro pilastro della legge 40 prevede l’impossibilità di destinare alla ricerca medico-scientifica su serie malattie neurologiche e degenerative gli embrioni in sovrannumero creati nei laboratori di fecondazione. E di riprodurre con la clonazione terapeutica le cellule somatiche di un paziente. A farsi interprete delle proibizioni fu Roccella, che ingaggiò con gli ex compagni radicali un’aspra battaglia in nome della “sacralità della vita più vulnerabile, frutto dell’incontro tra ovulo e seme, che non può essere ridotta a fonte di riparazione di organi”. Lo scontro culminò nella battaglia referendaria abrogativa della primavera 2005, e che fallì grazie alla massiccia campagna per l’astensione guidata dalla Conferenza episcopale del cardinale Camillo Ruini. A cui la gran parte del Popolo della libertà, compresi gli esponenti del Nuovo Centro-destra, si allineò con slancio. Tranne eccezioni rilevanti: Prestigiacomo, in sintonia con le posizioni assunte da Gianfranco Fini, scelse di votare Sì a tre dei quattro quesiti. 

Ma il terreno che ha acceso le passioni più forti è costituito dalla vicenda di Eluana Englaro, vittima di un incidente stradale nel 1992 e per 17 anni prigioniera di uno stato vegetativo considerato dai medici permanente e irreversibile. Contro la battaglia intrapresa dal padre Beppino per porre fine all’alimentazione e idratazione forzate che tenevano artificialmente in vita la ragazza “in contraddizione con la volontà da lei manifestata prima dell’incidente”, si distinsero per pervicacia e virulenza due “governativi” del PDL di storia laica. L’allora responsabile del Welfare e della Salute Maurizio Sacconi, già socialista e il più agguerrito oggi nel marcare “l’identità cattolica e nazionale del Nuovo Centro-destra contro la deriva laicista di Forza Italia”, tentò fino all’ultimo di ostacolare l’iniziativa richiamandosi all’imperativo di salvaguardare sempre e a tutti i costi la vita umana. Respingendo le critiche di chi appellandosi all’articolo 32 della Costituzione rivendicava a ogni persona e ai propri familiari la libertà e responsabilità di rifiutare trattamenti e cure percepiti come lesivi della dignità individuale, il ministro giunse a vietare alle strutture sanitarie pubbliche e private convenzionate l’interruzione dell’idratazione e alimentazione forzate con la minaccia di escludere dall’accreditamento la clinica di Udine in cui si trovava la giovane. Scelta che gli provocò una denuncia dell’Associazione “Luca Coscioni” per violenza privata e intimidazioni. E che non trovò lo sbocco desiderato a causa del rifiuto del Capo dello Stato Giorgio Napolitano di autorizzare la presentazione in Parlamento del decreto legge che ne recepiva il contenuto. La sera del 9 febbraio 2009, alla notizia della morte di Eluana Englaro, Gaetano Quagliariello, altro ex radicale odierno alfiere delle “colombe innovatrici”, consegnò agli archivi storici e parlamentari un intervento rimasto indelebile. Parlando nell’Aula di Palazzo Madama a nome dell’intero gruppo del Popolo della libertà, tuonò: “Eluana non è morta. Eluana è stata ammazzata. E per quel che ci riguarda, non ci stiamo!”.

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Tesi e argomentazioni che, sconfitte quel giorno, vennero trasfuse nel progetto di legge sul testamento biologico messo a punto nella passata legislatura da PDL, Lega Nord e UDC. Testo che nega il valore vincolante delle “dichiarazioni anticipate di trattamento” e la facoltà per la persona malata di rifiutare alimentazione e idratazione artificiali. E che porta la firma del deputato del Nuovo Centro-destra Raffaele Calabrò, più che mai intenzionato a riproporne l’impianto nella legislatura in corso. 

Pagine recenti, che disegnano i contorni di una forza salutata come promessa di un centro-destra europeo, liberale, democratico, emancipato dalla zavorra del “monarca assoluto”. Una forza che nel terreno dei “temi etici” non sembra rispecchiare l’apertura, la pluralità, lo spirito laico che guida le scelte delle grandi famiglie conservatrici occidentali. Una formazione che risente dell’eredità della battaglia di Formigoni e del mondo di Comunione e Liberazione contro la legalizzazione dell’interruzione di gravidanza, e dell’ostilità di Giovanardi a ogni regolamentazione normativa della vendita e consumo di droghe leggere. E in cui non trova cittadinanza il richiamo di Antonio Martino alla tradizione liberista e libertaria dei Repubblicani statunitensi. Anche sul terreno dei diritti civili, i “governativi” vogliono imporre un marchio egemonico alla coalizione moderata del futuro. Trovando sintonia con i cattolici-popolari e con l’UDC in fuga da Scelta civica, con il Carroccio e con la galassia della destra. Marginalizzando, come avvenuto finora, le correnti laico-liberali di Forza Italia. Convinzione e tenacia non mancano. Come scriveva Konrad Lorenz, “le colombe sono animali aggressivi e possessivi, pronte a difendere il territorio a tutti i costi”.

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