Meno male che c’è la Polonia. Unicredit archivia i nove mesi con utili in discesa a 1 miliardo (-28,5% su settembre 2012), mentre la divisione Cee, nel terzo trimestre soltanto, ne ha portati in dote più della metà, 578 milioni, dei quali 181 dalla vendita dei rami assicurativi della turca Yapi Sigorta.
Due dati che la dicono lunga sulla situazione della prima banca italiana per asset. L’amministratore delegato, Federico Ghizzoni, non lo nasconde parlando ai giornalisti all’esordio nella nuova sede di fronte alla stazione Garibaldi: «È stato un trimestre impegnativo dal punto di vista del business, c’è stata una riduzione dei ricavi legata ad attività di trading che abbiamo compensato con un’ulteriore riduzione di costi del 3% sull’anno e con il miglioramento degli accantonamenti su crediti». Sui ricavi, assestati a 18,2 miliardi (-7,1% anno su anno) ha influito il -19,2% dell’attività di trading, ascrivibile per il top manager piacentino a tre fattori: «Impatto dei cambi sui ricavi generati dai Paesi non euro, niente attività di buyback né di vendita di sovereign bond nel portafoglio available for sale come nei primi sei mesi, e infine condizioni di mercato meno favorevoli rispetto al secondo trimestre». Il super-euro ha contribuito alla contrazione del margine d’interesse, in calo dell’8,8% sul 30 settembre 2012 a 9,9 miliardi.
Italia e Germania, due mercati importanti per l’istituto, sono fonte di preoccupazione per motivi paradossalmente simili: per dirla con un proverbio, il cavallo non beve. Dice Ghizzoni: «In Germania la domanda di credito a breve è limitatissima a causa delle posizioni di liquidità delle aziende», mentre in Italia, recita la nota, «dopo tre trimestri di contrazione, i flussi netti verso i crediti deteriorati hanno mostrato una sostanziale stabilità» sul secondo trimestre a quota 1,5 miliardi e un tasso di copertura medio di gruppo del 44,2 per cento. In generale, gli accantonamenti sui crediti sono diminuiti dell’8,7% a 4,4 miliardi. Sui nove mesi 2012 il credito al consumo, in Italia, segna un +15%, ma partiva dal livello più basso nella storia recente della banca, come ha riconosciuto lo stesso Ghizzoni.
Sempre a proposito di Polonia, non c’è nessuna novità sull’interessamento per Bgz, undicesima banca del Paese di recente messa in vendita dal colosso Rabobank e adocchiata anche da Bnp Paribas. Nessuna indicazione nemmeno riguardo all’indiscrezione di una possibile cessione di una quota della controllata tedesca Hvb per evitare un aumento di capitale una volta conclusa l’asset quality review della Bce. Unicredit, tiene a sottolineare il top management – oggi erano presenti il direttore generale Roberto Nicastro e il vice Paolo Fiorentino – è solida e lo dimostra tanto il Core Tier 1 al 9,83% (sopra l’8% indicato dalle regole di Basilea III) quanto la restituzione di 1 miliardo preso a prestito dalla Bce attraverso l’Ltro dopo i 2 miliardi di giugno. Attualmente i finanziamenti agevolati di Eurotower ammontano a 23 miliardi. Una “lettera scarlatta” dalla quale l’istituto si vorrebbe liberare presto, ovvero quando il mercato lo permetterà.
Prudenza è la parola d’ordine anche sul fronte caldo della remunerazione agli azionisti: «Stiamo accantonando, per ora nei numeri c’è un riflesso dell’accantonamento di un dividendo pari a quello dell’anno scorso», ha spiegato Ghizzoni, senza esporsi ulteriormente. E non potrebbe essere altrimenti, con l’asset quality review della Bce ai nastri di partenza. Per ora nessun calcolo su potenziali benefici sulla patrimonializzazione derivanti dalla rivalutazione delle quote in Bankitalia, il cui valore – hanno stabilito gli esperti chiamati da via Nazionale – è compreso tra i 5 e i 7,5 miliardi. Ovvero, per Unicredit che detiene il 20% delle quote, tra 1 e 1,5 miliardi in più a disposizione, con un beneficio tra i 15 e i 20 punti base.
Più complicate le partite “di sistema”. L’essersi liberati dal fardello di Fondiaria Sai (6,7%) ha fruttato alla banca 160 milioni di plusvalenza assieme alla cessione di una partecipazione di minoranza nella Borsa di Mosca. Su Alitalia – domani il consiglio d’amministrazione dovrà approvare il piano industriale – Ghizzoni detta i tempi: «Il primo obiettivo è l’aumento di capitale e penso verrà raggiunto, nel frattempo il management sta rivedendo il piano in modo rigoroso. Su Air France non abbiamo indicazioni né positive né negative, vedremo quale sarà la loro decisione, se rimarranno bene, se no governo e Alitalia saranno liberi di guardare ad altre soluzioni». Piazza Cordusio con Intesa Sanpaolo ha versato 100 milioni di euro nelle casse della compagnia di bandiera, ma l’obiettivo di lungo termine è rimetterla in piedi per poi uscire dal capitale. Possibilmente senza iscrivere le linee di credito nel novero delle sofferenze. D’altronde, il boom polacco non durerà per sempre.