Dai traghetti ai megayatch, la nuova faccia di Admiral

Le strade della nautica

A Marina di Carrara si gioca una doppia sfida. Dai divani alle navi e dai traghetti ai megayacht. È l’avventura di Giovanni Costantino, un tempo direttore generale di Natuzzi e ora presidente di The Italian Sea Group. Un conglomerato composto da Admiral Tecnomar (polo dello yachting a motore e a vela), Nuovi Cantieri Apuania (polo della navalmeccanica ad alto valore tecnologico) e NcaRefit, attivo nel refitting per grandi navi e yacht. In sostanza, tre brand con un passato glorioso sia nell’ambiente del lusso che in quello dei trasporti marittimi che hanno fatto la storia dell’Italia. Tecnomar specializzato nelle imbarcazioni da 30 a 50 metri con un mix di design e sportività, Admiral da 35 a 80 metri. Mentre, da Nuovi Cantieri Apuania sono usciti molti dei traghetti che hanno consentito le grandi attraversate agostane della penisola. Gli immigrati al nord che tornavano in Sicilia attraversavano lo stretto su quei traghetti. L’ultimo è stato consegnato a Rfi, Rete Ferroviaria Italiana, la scorsa estate. Senza contare che negli ultimi 15 anni ben otto traghetti della Grimaldi Holdings sono usciti da qui. 

Ora le tre strade si sono riunite. Hanno miscelato le diverse capacità tecnologiche con l’obiettivo di puntare al top del settore. Uno yacht da 140 metri. Design Dobroserdov, motore diesel-elettrico. È stato presentato all’ultimo salone di Monaco e ha già riscosso successo. Di fatto per il gruppo di Marina di Carrara si tratta del salto di qualità. La possibilità di entrare nel mercato più costoso e che ovviamente non risente della crisi. E di garantire un tipo di offerta (dal 2014 ci sarà anche la fascia attorno ai 100 metri) che in Italia era fornita solo dalla divisione megayacht di Fincantieri.

Soltanto quattro anni fa, Costantino rileva dal fondo Venice di Palladio prima la maggioranza poi (nel 2009) l’intero capitale della Tecnomar. «La mia condizione di entrata, inizialmente rifiutata, ma dopo un breve ripensamento accettata dal fondo», commenta Giovanni Costantino, «riguardava la possibilità di avere il 51% del pacchetto azionario e la totale libertà di gestione. Mi sono da subito reso conto delle importanti potenzialità di miglioramento, in quanto la gestione dell’azienda fino a quel momento non seguiva delle logiche efficaci ed efficienti. Ci siamo infatti trovati ad affrontare contenziosi imprevisti aggravati dalla necessità di cambiare interamente in meno di un anno tutta la forza lavoro. Nonostante ciò abbiamo portato a termine cinque consegne. A quel punto il fondo Venice è uscito. Con il 100% del capitale ci siamo potuti dedicare a una nuova espansione».

Infatti, nel 2011, dal tribunale fallimentare l’imprenditore aggiunge al suo gruppo la Admiral. Non si cambia la storia, ma la tecnologia. Viene abbandonata la vetroresina a favore dell’acciaio. Arrivano richieste superiori ai 50 metri e il sito di circa 20mila metri quadri e distante circa 4 chilometri dal mare non è più sufficiente. Nel 2012 arriva il colpo più robusto, un cantiere delle dimensioni e del peso degli Apuania.  «La decisione di acquisire Nca», prosegue Costantino, «poggia su una valutazione attenta delle valenze economico-finanziarie e strutturali della società. L’ampliamento della capacità produttiva ci avrebbe consentito di cogliere pienamente le opportunità che si presentavano sul mercato, in particolare nel segmento delle navi oltre i 50 metri. Da un punto di vista commerciale abbiamo deciso di operare su due mercati distinti, ma grazie all’innesto di una così solida competenza nella navalmeccanica, Admiral Tecnomar, secondo i nostri obiettivi, avrebbe consolidato ulteriormente la propria posizione di primo piano nel segmento dei megayacht di lusso».

Il business plan sottoposto a Invitalia, che deteneva Nca, ha incassato una serie di via libera che hanno condotto fino all’atto finale. L’intesa ha previsto il totale riutilizzo della forza lavoro del cantiere di 146 dipendenti. Che si aggiungono ai circa 55 di Admiral Tecnomar. Tutti impegnati su una superficie complessiva di 100 mila metri quadri.

Stando ai numeri aridi di bilancio si può vedere che a partire dal 2009, con l’acquisizione di Tecnomar, il cantiere toscano ha visto svoltare i propri risultati economici. Da una perdita di 10 milioni di euro nel 2008 si è passati nel 2012 a un utile pari a 3,6 milioni di euro e un fatturato pari a 50 milioni di euro; il patrimonio netto è passato da una situazione negativa di 8 milioni nel 2008 a 25 milioni. L’ebitda infine: da meno 6,3 milioni del 2008 a più 7,7 milioni.

Se invece si allarga lo zoom sulle attività collaterali, Costantino ha investito otto milioni di euro solo nel restauro del cantiere di Marina di Carrara. I lavori sono partiti il 3 gennaio scorso e dovrebbero terminare dopo un anno. Tremila metri quadri che saranno arredati sul modello hotel sei stelle. Con diverse sale riunioni tagliate su misura dei gusti degli acquirenti: arabi, russi e anche americani o brasiliani. Per farli stare a proprio agio qualunque idea abbiano in termini di design. Inoltre ci sarà uno spazio espositivo dedicato agli artisti del posto e non solo. Chi compra uno yacht spesso, infatti, ama l’arte e quindi l’idea è quella di vendere l’imbarcazione con tanto di installazioni.

Restando in termini di design nei mesi scorsi Admiral Tecnomar ha chiuso un accordo con Dobroserdov (che lo stesso che si occupa del 140 metri) per sviluppare la serie di superyacht E-motion. Imbarcazioni ibride dislocanti o semi dislocanti con velocità fino a 25 nodi. «È ciò che richiedono i nostri clienti», conclude Costatino, «che adesso sono tutti esteri. A parte il comparto vela di Admiral Sail che potrebbe già il prossimo anno attirare clientela italiana bisognerà attendere diverse stagioni perché lungo la penisola riparta il mercato. Speriamo che dopo le dichiarazioni pacifiste di Attilio Befera sul comparto della nautica, torni in vita anche il settore delle marine. Anche se non basterà qualche spolverata fiscale. L’Italia ha bisogno di riforme vere, dal welfare alla giustizia fino al fisco, solo così si tornerà a investire. Vale per il nostro comparto come per tutti gli altri». 

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