Una pietra miliare per la sanità europea. Inclusa quella italiana. Un rivoluzione che può toccare 600 milioni di cittadini, due milioni di medici e 20 milioni di infermieri. Il 4 dicembre è il giorno dell’entrata in vigore della direttiva Ue (2011/24) che consente ai cittadini di scegliere a proprio piacimento la nazione e la struttura ospedaliera in cui farsi curare. Chiedendo poi il rimborso al proprio sistema sanitario. Un italiano potrà, se vuole, scegliere Oslo. Un tedesco Milano o Parigi. L’applicazione dei “diritti dei pazienti relativi all’assistenza transfrontaliera” doveva entrare in vigore lo scorso 25 ottobre. Lo slittamento di un mese e mezzo è stato necessario per via di alcuni ritardi nel recepire le norme e per la complessità dei decreti attuativi. Ma ora non si torna più indietro. Restano aperti alcuni interrogativi tecnici. I contact point – come li definisce Bruxelles – dovrebbero sorgere in ogni capoluogo regionale per smistare le domande di ricovero o di prestazione sia in uscita che in entrata. Dovranno inoltre coordinare i servizi. Ogni punto di contatto dovrà ovviamente pubblicare on line una lista di ospedali che si aprono al mercato estero.
Assisteremo a un marketing serrato da parte di dirigenti e direttori per far conoscere la propria struttura in Portogallo come in Polonia. Oltre a prestigio ci sarà maggiore fatturato. In ogni caso è partita una liberalizzazione; stop alle barriere per professionisti, tariffe e perfino dei sistemi informatici. Linkiesta si è rivolta ad Alberto Guglielmo, presidente dell’Istituto Neurologico “Carlo Besta”, per fare il punto sulla situazione e girare alcune domande pratiche per comprendere meglio la novità in arrivo.
Il 4 dicembre, anche se sta passando un po’ sotto tono, dovrebbe avviarsi una rivoluzione simile a Schengen. Quale è la sua opinione di fondo?
Proprio come è successo per l’accordo di Schengen anche questa innovazione rappresenta un passaggio epocale per il processo di formazione dell’Europa. Inoltre, come è ovvio, rappresenta un grande vantaggio per i pazienti che potranno indirizzarsi alla struttura che eroga le cure migliori per loro senza preoccuparsi se questa si trovi all’interno dei confini nazionali. Tuttavia è importante fare una precisazione di fondo: la normativa propone un “rimborso delle spese” e quindi si potrebbe porre per un paziente che non abbia disponibilità economica il problema di anticipare la spesa per recarsi all’estero. Inoltre, le spese di soggiorno non saranno coperte.
La sanità pubblica sarà in grado di confrontarsi con altri Paesi Ue?
La sanità italiana può essere tranquillamente accostata per qualità e avanzamento delle terapie agli altri sistemi sanitari europei. L’unica difficoltà che potrebbe porsi è di natura economica: nel biennio 2009-2011 il nostro Ssn ha erogato cure a pazienti di altri paesi europei per 50 milioni di euro mentre ne ha dovuto pagare 75 per prestazioni fornite all’estero, di cui 43 milioni per cure di alta specializzazione. Ciò ha portato un saldo negativo di 25 milioni di euro. Il timore diffuso è che, quindi, questa liberalizzazione possa aggravare tale deficit. Ancora di più perché il forte fenomeno di migrazione sanitaria, presente oggi in Italia prevalentemente da Sud a Nord e che ha già un volume di 3,7 miliardi di euro, potrebbe essere deviato verso gli altri Paesi Ue.
Quali opportunità per le eccellenze italiane? Nel caso dell’Istituto Besta?
Questa normativa potrebbe essere un’occasione per i pazienti che hanno bisogno di cure di alta specialità che noi al Besta così come in altri istituti italiani siamo in grado di fornire. Possiamo ampliare il nostro bacino di utenti a sempre più pazienti con bisogni di diagnosi e cura specializzati, ad esempio per le malattie rare siamo e potremo essere sempre più una risorsa. Si tratta di un’occasione anche e soprattutto per la nostra regione: infatti, poichè gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico sono le strutture sanitarie dove si effettuano in genere le cure più avanzate e nella sola Lombardia ve ne sono ben 18 dei 46 nazionali, è proprio questa regione che potrebbe fare da apripista in questo cambiamento.
Assisteremo a nuovi gemellaggi internazionali a livello di strutture o di macroregioni?
Il cuore del sistema sarà la formazione degli European Resefernce Networks (Ern), reti tra centri di eccellenza internazionali che permettano la circolazione delle informazioni e facilitino l’individuazione del miglior centro a cui indirizzare ogni paziente per il suo specifico problema.
Non sarà possibile subito dal 5 dicembre prendere un aereo a raggiungere l’altro capo dell’Unione per farsi curare…
Molto probabilmente i cittadini italiani, se anche il nostro governo non riuscisse a rispettare i tempi, avrebbero comunque un paracadute: infatti, i diritti che la direttiva riconosce ai cittadini dovrebbero essere comunque direttamente applicabili, anche in considerazione del fatto che si tratta di conferma o suggello di diritti riconosciuti da sentenze della Corte europea di Giustizia già dal 1998 e che quindi sarà possibile difficile negare il rimborso di prestazioni sanitarie effettuate in un altro stato europeo da parte di cittadini iscritti al Servizio sanitario nazionale.
Ancora da definire sono il tariffario, il sistema per le autorizzazioni, i certificati e le fatture standard da tradurre in tutte le lingue ufficiali della Ue.
Gli aspetti burocratici più tecnici sono ancora da definire. È importante sottolineare che lo scopo di questa normativa è semplificare e ridurre la burocrazia con l’obiettivo di fare della necessità di autorizzazioni è l’eccezione e non la regola, come accadeva in precedenza. Inoltre, il tariffario rimarrà lo stesso: ogni stato pagherà la prestazione come se fosse stata effettuata all’interno dei suoi confini.
In merito ai “contact point” le Regioni hanno chiesto al governo di intervenire con un decreto ad hoc. Che novità in merito? C’è incertezza anche rispetto al censimento delle strutture che erogheranno l’assistenza sanitaria. Ritiene che questi aspetti saranno definiti a breve?
Il National contact point italiano è stato individuato ma deve essere ancora avviato ufficialmente. Mentre per i servizi a livello regionale si sta ancora lavorando.
Quando ritiene che potranno essere disponibili le liste delle strutture coinvolte nella liberalizzazione dei confini Ue?
In realtà, la liberalizzazione si applica tutte le strutture e servizi sanitari.