Credo sia utile tentare di fare un sommario dei costi della politica in Italia. Innanzitutto bisogna però definire esattamente cosa si intende per “costi della politica”. In questo articolo adotterò un’ accezione restrittiva del termine: i costi degli organi legislativi elettivi a livello nazionale, regionale, e provinciale, cioè di Camera, Senato, Consigli Regionali e Consigli Provinciali. Ovviamente i “costi della politica” intesi in senso lato coprono molto di più; per esempio i costi dell’esecutivo e dell’amministrazione (ministeri, giunte regionali, dirigenti dei ministeri e delle giunte regionali), e i costi connessi agli innumerevoli enti controllati da stato, regioni e provincie. Tuttavia, è opportuno capire quanto si spende per la definizione più stretta, anche perché è in queste voci che si annidano alcuni degli scandali più recenti.
Un sommario dei costi della politica in senso stretto
La Tabella 1 fornisce un sommario di questi costi, distinti per livello territoriale e per voci (alcuni di questi dati sono già stati oggetto di analisi in precedenti puntate, altri – quelli per il Senato e la stima per le provincie – sono nuovi. I dati sottostanti saranno messi online presto sul mio sito personale). In particolare, comprende:
- Emolumenti e pensioni a deputati, senatori, consiglieri regionali e provinciali (righe 2 e 3)
- Remunerazione e pensioni del personale dei Consigli (righe 4 e 5)
- Contributi ai gruppi parlamentari e consiliari
- Altre spese di funzionamento di Camera, Senato e consigli regionali e provinciali (residuale)
Tabella 1: Costi della politica in Italia (mln di euro)
*dati riferiti al 2012
I punti principali sono:
- Il costo totale della politica è 2,5 miliardi
- 0,5 miliardi sono gli emolumenti a deputati, senatori e consiglieri regionali e provinciali (ciò che guadagnano effettivamente, senza dover presentare ricevute)
- altri 200 mln per rimborsi spese, contributi ai gruppi etc.
- quasi 400 mln per pensioni a deputati, senatori e consiglieri regionali
- 1 miliardo per remunerazioni e pensioni del personale
- La remunerazione annuale di un deputato è di 240.000 euro lordi, di cui circa 200.000 “intascabili” senza documentazione né ricevuta
- La remunerazione media di un consigliere regionale è di 200.000 euro lordi
- La remunerazione media di un consigliere provinciale è di circa poco più di 17.000 euro lordi
Si noti che le spese del Senato, che ha esattamente la metà dei membri della Camera, sono circa la metà delle spese della Camera, e con una struttura simile. Per Camera e Senato i problemi e le soluzioni sono dunque gli stessi. Riguardo ai consigli regionali, un’obiezione frequente è che le spese diminuiranno molto nel 2013, grazie ai risparmi decisi dal governo Monti. In realtà, i risparmi riguardano in gran parte gli emolumenti ai consiglieri, e sono minori di quanto pubblicizzato. Infatti, il governo Monti ha imposto qualcosa di simile a un tetto massimo ai compensi e rimborsi dei consiglieri, ma tutte le regioni hanno ridotto l’indennità (tassabile) e hanno aumentato il “Rimborso per esercizio mandato consiliare”, a forfait, di fatto un reddito non tassabile. Di conseguenza, in alcune regioni il reddito netto percepito da un consigliere è aumentato nel 2013!(su questo argomento torneremo in una puntata successiva)
I dati nuovi si riferiscono ai consigli provinciali. Qui ci sono due difficoltà. Primo, i dati sono molto meno completi. Secondo, in ogni caso sarebbe ovviamente difficile raccogliere i dati per tutte le 110 provincie italiane. Ho dunque preso un campione di provincie, per cui i dati sui consigli regionali fossero disponibili. In generale, ciò che è disponibile è la remunerazione dei consiglieri e i contributi ai gruppi consiliari. Le altre spese (per il personale, acquisti di beni e servizi etc.) sono normalmente comprese nei bilanci della giunta provinciale, e sono accorpate con quelle della giunta. Per le provincie, dunque, mi limiterò a stimare (estrapolandole dal campione) le spese per gli emolumenti dei consiglieri e i contributi ai gruppi consiliari. Si tenga presente che le spese per acquisti di beni e servizi sono comunque limitate.
Le provincie del campione sono Milano, Parma, Perugia, Ravenna, Reggio Calabria, Terni, Esse rappresentano il 5,45 per cento delle provincie e il 9,12 per cento della popolazione. Moltiplicando i dati della Tabella 2 per l’ inverso di questi due numeri, si ottengono i limiti inferiore e superiore della stima di spesa. Il valore per tutta l’Italia riportato nelle Tabelle 1 è il valore medio tra queste due stime. Come si vede, la spesa per i consigli provinciali è modesta. L’ emolumento medio di un consigliere provinciale è infatti di soli 17400 euro. (1)
Tabella 2: Stima del costo della politica nelle provincie (migliaia di euro)
Dieci risparmi possibili
Cosa si può fare? La Tabella 3 fornisce un sommario dei risparmi possibili. Il risparmio totale possibile è di 1 miliardo su una spesa di 2,5 miliardi nella Tabella 1.
Tabella 3: risparmi possibili (mln di euro)
Ecco il dettaglio (la seguente Tabella riproduce una Tabella già apparsa in una puntata precedente)
Tabella 4: Camera: risparmi possibili (mln di euro)
a: Da legiferare in modo da superare l’opposizione della Corte Costituzionale
b: Questa proposta eliminerebbe il sistema di rimborsi e le spese di trasporto (in Acquisto di beni e servizi) e le sostituirebbe con un livello di rimborsi pari a quello britannico, di €109mln, ridotto del 20 percento per tenere conto della diminuzione del numero di parlamentari.
I risparmi principali sono:
1) Come abbiamo visto in una puntata precedente, i deputati e senatori italiani guadagnano troppo. L’indennità parlamentare può essere ridotta del 30 per cento, e i parlamentari italiani continuerebbero a guadagnare ben più dei loro colleghi britannici
2) Inoltre, i parlamentari italiani non devono praticamente sottomettere ricevute per le proprie spese. La diaria (ora chiamata “rimborso spese per l’ esercizio del mandato parlamentare”) era concepita come un rimborso spese a forfait per i bisogni del parlamentare, ma è di fatto diventata un reddito non tassabile aggiuntivo. Il risultato è che un deputato italiano guadagna il triplo di un deputato britannico (come ho mostrato in una puntata precedente).
Vi sono quindi due alternative:
a) Si mantiene la diaria, ma si aboliscono i contributi ai gruppi parlamentari, i rimborsi elettorali, e i viaggi gratis.
b) Oppure si abolisce la diaria e gli altri rimborsi a forfait, e si introduce un tetto massimo alle spese rimborsabili, per tipologia, con obbligo di sottomettere la ricevuta per ogni spesa, e di pubblicare ogni ricevuta su Internet entro tre mesi, come avviene in Gran Bretagna (il sito dell’ ente che controlla il Parlamento pubblica centinaia di migliaia di ricevute ogni anno)
3) I parlamentari italiani sono chiaramente troppi. Qualsiasi organo decisionale troppo grande crea confusione e deresponsabilizza i suoi membri: 500 è un numero perfettamente fattibile
4) Il problema degli stipendi dei dipendenti della Camera è la progressione fortissima: un operatore tecnico (il livello più basso) entra a 30.000 euro ma dopo venti anni guadagna 90.000 euro, e dopo 30 anni 120.000 euro. La stessa progressione si applica ai livelli più alti. Le retribuzioni dopo il 10 anno di carriera possono dunque essere ridotte immediatamente del 30 per cento, e anche più.
5) Un riflesso degli stipendi molto alti sono le pensioni molto alte (prima dell’ introduzione del contributivo). Esse vanno ridotte da subito.
6) Le spese per locazioni e per acquisti di beni e servizi alla Camera sono in alcune voci fuori da ogni plausibile parametro, come ho mostrato in una precedente puntata. Anche qui esse possono essere ridotte da subito. Al Senato, provvedimenti simili consentirebbero di risparmiare 200 milioni.
Nelle regioni, ecco le misure possibili.
Tabella 5: Regioni: risparmi possibili (mln di euro)
a: Da legiferare in modo da superare l’ opposizione della Corte Costituzionale
Dunque:
7) Dimezzare il numero dei consiglieri: 600 in tutto. Umbria: 31 consiglieri per 800.00 abitanti: 1 ogni 25.000 abitanti (compresi i bambini), in Basilicata 1 ogni 21.000 abitanti. Troppi.
8) Come per la Camera, ridurre l’ indennità: 200.000 euro di emolumenti medi per consigliere regionale sono troppi. La remunerazione va ridotta molto più del 10 percento prodotto dal governo Monti (che, come abbiamo visto, è stata comunque in parte aggirata).
9) Eliminare i contributi ai gruppi consiliari, la fonte principale di scandali e l’alimento principale dell’antipolitica. Anche se c’è in teoria un dovere di rendicontazione, non si potrà mai impedire che i contributi vengano usati per clientelismo o corruzione (organizzo un convegno apparentemente serio e chiedo alla cognata di organizzarlo o di fare il catering, oppure l’ organizzo alle Maldive per farmi le vacanze). Sono solo 100 milioni, ma sono l’alimento principale dell’ antipolitica.
10) Come per Camera e Senato, c’è spazio per altri risparmi nella spesa per acquisti di beni e servizi (incluse spese di rappresentanza, partecipazione a convegni, partecipazioni a improbabili iniziative internazionali sui temi più disparati, etc.) . Un risparmio medio di 1,5 milioni per consiglio regionale è perfettamente possibile.
La spesa per i consigli provinciali e le giunte provinciali è modesta. Il maggiore risparmio da un’ eventuale eliminazione delle provincie verrà dalla riduzione del costo del personale, che al momento però è difficile da quantificare. Leggi la puntata precedente “Nelle Regioni la politica costa 1 miliardo” o vai allo Speciale con tutte le altre puntate.
(1) La vera differenza fra regioni e provincie è nei dirigenti (inclusi quelli della giunta): 87 in regione, 31 e 18 a Perugia e Terni. La remunerazione media è simile in regione e nelle provincie, circa 100.000 euro per dirigente. Ma le provincie sono molto più piccole e spostano molti meno soldi; quindi l’ incidenza dei dirigenti (e in generale del personale) sul totale è enormemente più alta nelle provincie. Torneremo anche su questo argomento.
*PhD in Economics al MIT nel 1991. Dopo 10 anni alla Columbia University di New York e due anni all’European University Institute di Firenze, dal 2001 e’ all’IGIER-Universita’ Bocconi e dal 2006 e’ ordinario presso la stessa universita’. E’ research associate del National Bureau of Economic Research e del Center for Economic Policy Research. E’ stato consulente del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, della Banca Interamericana per lo Sviluppo, della Banca Centrale Europea, della Fed, e della Banca d’Italia. E’ stato redattore de lavoce.info fino al 2012.
I costi della Camera dei Deputati, voce per voce
Se si potesse dividere per 630 onorevoli, ognuno costerebbe oltre un milione e mezzo. Ma su questa cifra record (in aumento nel prossimo triennio) gravano affitti, pensioni, spese di segreteria e per il cerimoniale, sei milioni di ristorante e dieci di software per i computer.
Scopri, voce per voce, come i costi del Parlamento superano il miliardo di euro l’anno.
Quanto si lavora in Senato? 40 ore al mese
In Senato, dall’inizio della legislatura in aula hanno presenziato per circa 1415 ore totali. Quanto un dipendente medio lavora in circa 8 mesi, solo che la legislatura sta per compiere tre anni.
Alla Camera si lavora 15 ore alla settimana
Tra indennità, diaria e rimborsi vari poco meno di tredicimila euro. Non troppo lo stress: le sedute in un mese sono circa 13 e dall’inizio della legislatura (nel 2008) sono state 464.
I parlamentari guadagnano di più, ma studiano di meno
I 945 parlamentari italiani guadagnano sempre di più ma i laureati sono sempre meno. La nostra infografica ricostruisce i loro guadagni e i titoli di studio dalla prima legislatura a quella attuale. Nel 1948 quelli con la laurea erano circa il 90% ma in quella attuale sono scesi al 65%. I compensi invece hanno avuto una direzione contraria.
I parlamentari sono sempre più vecchi e di “professione”
Nel passaggio dalla prima alla seconda repubblica nel Parlamento italiano sono aumentati i manager (+11,5%) mentre il numero di operai è sceso (-2,4%). Contrariamente alle aspettative sono cresciuti i politici di professione (+2,6%). Dal 1946 ad oggi poi quelli che hanno lasciato l’emiciclo per andare in pensione sono il 5,6% e quelli che lo hanno lasciato per andare in prigione il 2,7%. Se eletti, la vita cambia davvero e infatti il 57,4% degli ex parlamentari non torna all’occupazione di partenza. In compenso la loro età media continua ad aumentare.