Portineria MilanoFinmeccanica, il manuale Cencelli della tangente

Gli elicotteri di Agusta in India

Come nei migliori libri gialli il colpo di scena arriva alla fine. Così, nel processo di Busto Arsizio dove si indaga sulle presunte tangenti intorno alla commessa da 560 milioni di euro per i 12 elicotteri di Agusta Westland al governo dell’India, il pm Eugenio Fusco tira fuori “la bomba” al termine dell’interrogatorio del consulente italo americano Guido Ralph Haschke. Sulla lavagna luminosa compare un foglio A4 dove sono scritte a mano cifre di euro e voci di pagamento a fianco: c’è la burocrazia, ci sono i militari, c’è la politica e c’è la famiglia, cioè i Tyagi, indiani da cui Haschke avrebbe saputo in anticipo, tra la fine del 2004 e l’inizio del 2005, del bando di gara. È un manuale Cencelli. 

Sostiene Fusco che il “foglietto” – trovato nella famosa valigetta sequestrata al manager sotto torchio nelle prime due udienze – contiene le richieste di Christian Mitchell, l’altro consulente inglese di Agusta, voluto dall’ex amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi, indagato insieme con l’ex amministratore delegato di Agusta Bruno Spagnolini nel processo per corruzione internazionale e false fatture. In pratica, come conferma lo stesso Haschke, sarebbe stato quello il «budget» richiesto da Mitchell per gestire l’appalto in India.  «Riconosco la mia calligrafia» spiega a Fusco il manager italo-americano. «Scrissi quella nota nel 2008 durante un incontro con Mitchell nel suo ufficio a Londra. Da quel che ricordo quello era il modo in cui doveva essere speso il budget».

Papello Mitchell Haschke

Acronimi e cifre, con a fianco numeri in euro, da 3 fino a 15. «“AF” sta per Air Force, “Pol” per politics, “bur” per burocracy, “fam” per famiglia. Quelle erano le spese che Mitchel riteneva di dover sostenere; aggiungo che dopo quella riunione i rapporti tra me e Michel si sono molto raffreddati» conclude Haschke. Se la prova portata da Fusco sarà determinante nel processo è ancora tutto da capire. Per l’avvocato di Orsi Ennio Amodio, «davanti all’appunto esibito dal pm, Haschke ha spiegato che si trattava solo di una ipotesi di budget elaborata da Mitchell. Nulla è stato fatto di quanto ipotizzato in quell’appunto. Si può ben dire quindi che non è stato finora raggiunto nel processo nemmeno un principio di prova del reato di corruzione».

Fusco ha già annunciato che Mitchell sarà convocato aula per testimoniare. La questione non è di poco conto, perché secondo la difesa di Orsi e di Spagnolini quel documento al momento «vale meno di zero» in quanto riportato da un terzo. Tutto l’impianto dell’accusa continua a ruotare intorno alla presunta tangente da 58 milioni di euro che, secondo Fusco, sarebbe stata pagata dall’azienda a pubblici ufficiali indiani per ottenere la fornitura di 12 elicotteri AW-101 al governo di New Delhi. Dove si troverebbe? Durante la precedente udienza Haschke aveva spiegato alla corte di aver avuto con AgustaWestland un contratto di fornitura di servizi ingegneristici e software, prestazioni per le quali era stato fissato un compenso di circa il 7% del valore complessivo del contratto indiano, da dividere al 50% proprio con Mitchell. 

E aveva detto: «Agusta Westland pagava due consulenti, che eravamo io e Christian Michel, per l’affare degli elicotteri al governo indiano. Dopo diversi contrasti sorti tra di noi abbiamo concluso che il nostro compenso doveva essere di 58 milioni di euro». Nel modo in sono stati spartiti i soldi tra i due, i loro rapporti, i loro incontri all’Hotel Villa Malpensa e soprattutto in che modo le società di Haschke hanno contribuito alla vittoria del bando di gara, si snoda il cuore del processo. Non a caso Fusco ha fatto luce su questo reticolo di società che vanno dall’India alla Tunisia fino a Lugano passando per le Mauritius, dove potrebbe essersi annidata la mazzetta che avrebbe oliato i meccanismi per far vincere all’azienda italiana la gara per i 12 elicotteri.

Ecco, le Mauritius. In un passaggio delle intercettazioni nell’ordinanza di custodia cautelare a parlare delle isole africane al largo del Madagascar sono proprio Haschke e il socio Carlo Gerosa. Quando i due manifestano le loro preoccupazioni sulle inchieste della magistratura («Non potrà mai essere provata la corruzione. Potranno dire che hanno pagato molto cara l’ingegneria che non è neanche poi particolarmente cara» dice il primo al secondo) il manager italo-americano dice: «Prima di fare la rogatoria alle Mauritius devono capire che sono finiti a Mauritius. Per capire che sono finiti a Mauritius devono prima fare una rogatoria, prima sull’Italia, poi sulla Tunisia, poi probabilmente tra dieci anni…». Eppure Fusco sembra aver già messo in fila tutte le “scatole” delle società del consulente di Agusta Westland. 

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