I frequentatori di questo sito ricorderanno sicuramente la battaglia che abbiamo condotto per cercare di limitare i danni minacciati dal decreto-legge n. 101/2013, cosiddetto “decreto stabilizzazioni”, con le proroghe indiscriminate dei contratti a termine nelle amministrazioni pubbliche. Tra i “paletti” che siamo riusciti a imporre in quella sede, oltre alla regola ovvia per cui occorre che l’amministrazione datrice di lavoro abbia la necessaria dotazione finanziaria, abbiamo ottenuto quella per cui non si devono prorogare i contratti a termine quando le scoperture di organico possano essere coperte mediante mobilità tra uffici o tra amministrazioni. Ora per i dipendenti a termine dei Centri per l’Impiego questa regola probabilmente non si applicherà più, perché nel comma 135, lettera c), introdotto nella notte tra lunedì e martedì scorso nell’articolo unico del disegno di legge di stabilità, è stata infilata all’ultimo momento una norma che autorizza le province a prorogare i contratti a termine e quelli di collaborazione continuativa nei Centri per l’Impiego, in pratica senza alcun limite. Leggiamo la norma:
c) allo scopo di consentire il regolare funzionamento dei servizi per l’impiego, nonché l’avvio del Piano per l’attuazione della raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 22 aprile 2013 sull’istituzione di una «Garanzia per i giovani», le province […] hanno facoltà di prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato e i contratti di collaborazione coordinata e continuativa strettamente indispensabili per l’attività di gestione dei fondi strutturali europei, a valere su piani e programmi programmati e da programmare nell’ambito della programmazione dei fondi strutturali europei. Allo scopo di consentire il temporaneo finanziamento delle proroghe di cui al primo periodo della presente lettera, in attesa della successiva imputazione ai programmi operativi regionali, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può erogare alle regioni che ne facciano richiesta anticipazioni sui contributi da programmare a carico del bilancio dell’Unione europea, nei limiti di 30 milioni di euro […].
Si dirà che le proroghe sono ammesse soltanto quando siano “strettamente indispensabili”. Ma le proroghe sono tutte strettamente indispensabili. Certo. Perché l’indispensabilità deve essere valutata, a norma del comma 135 lettera c), in relazione ai “programmi programmati e da programmare nell’ambito della programmazione” (testuale). Ora, chiunque non sia in mala fede sa che è già difficile prevedere con esattezza quanti lavoratori a termine e collaboratori autonomi saranno necessari per l’attuazione dei “programmi programmati“; figuriamoci quanto sia difficile prevedere il numero di quelli che saranno necessari per i “programmi da programmare nell’ambito della programmazione”. Del resto, se questi contratti a termine sono stati stipulati in tempi normali, questo significa che essi sono stati ritenuti indispensabili anche solo per l’ordinaria amministrazione: tanto più lo saranno quando occorrerà attuare i nuovi “programmi programmati e da programmare nell’ambito della programmazione”! Non ci si deve far fuorviare dall’osservazione che le molte migliaia di “collocatori” dei Centri per l’Impiego attualmente non stanno effettivamente collocando quasi nessuno: la previsione, doverosamente, è che con il piano europeo Youth Guarantee sarà tutto un altro discorso. Dunque, il fedele e prudente esecutore del comma 135 lettera c) della legge di stabilità non potrà che prorogare, a buon conto, tutti i contratti a termine già in essere. Tanto più che, a tutt’oggi, dei “programmi programmati e da programmare” per lo Youth Guarantee si sa ancora poco e i Centri per l’Impiego brancolano ancora nel buio circa quanto verrà loro chiesto di fare al riguardo: meglio dunque cautelarsi rafforzando indiscriminatamente gli organici, anche se non si sa bene se e come li si utilizzeranno (anzi: proprio perché non lo si sa ancora bene).
Vero è che qualcosa, dei contenuti dello Youth Guarantee, se ne sa; e quel che si sa è che gli interventi di sostegno ai giovani in difficoltà dovranno consistere prevalentemente in servizi “di seconda generazione”: cioè in servizi per i quali è necessario un know-how di cui i Centri per l’Impiego non dispongono; e tanto meno, presumibilmente, ne dispongono i giovani neo-assunti (per lo più contra legem) a termine. Ma chi può dirlo con sicurezza? Nel dubbio, meglio prorogarli tutti.
Non è tutto. Poiché occorre, ovviamente, parecchio denaro per prorogare tutti questi contratti a termine, il solerte legislatore notturno ha un colpo di genio: “in attesa della successiva imputazione ai programmi operativi regionali” usiamo “temporaneamente” proprio i fondi europei destinati al piano Youth Guarantee. E non si obietti che quel denaro dovrebbe essere destinato al sostegno dei giovani disoccupati: i dipendenti assunti a termine dai Centri per l’Impiego non sono forse prevalentemente dei giovani? E non è forse vero che, se non si prorogassero i loro contratti, sarebbero destinati a diventare disoccupati? Chi dunque potrebbe negare che in questo modo i fondi per loYouth Guarantee vengano destinati proprio alla lotta contro la disoccupazione giovanile?
Certo, potrebbe apparire che i principi della spending review in questo modo vengano disapplicati; ma… quando si tratta di combattere la disoccupazione giovanile non possiamo essere secondi a nessuno.
P.S. Chi scrive – e anche questo i frequentatori del sito lo sanno bene – ha sempre avuto ben presente la necessità di valorizzare la funzione dei Centri per l’Impiego; ma sa che il modo migliore per farlo è attuare un sistema di cooperazione stretta tra di essi e le agenzie private, con una ripartizione di compiti che valorizzi ciò che gli uni e le altre sanno fare meglio. Chi scrive non sottovaluta affatto – e ancora una volta ne sono chiamati a testimoni i pazienti frequentatori del sito – le difficoltà occupazionali dei precari delle amministrazioni pubbliche. Ritiene però che a queste difficoltà si possa e debba far fronte in modo molto più serio che non offrendo loro proroghe di graduatorie e contratti, o promesse di immissione in ruolo che potranno essere mantenute – se va bene – soltanto per uno su venti di loro. Lo strumento per farlo con successo è quel contratto di ricollocazione – il capitolo più importante proprio del programma Youth Guarantee, modellato sulle esperienze migliori dei Paesi del nord-Europa – che, con un costo molto inferiore per l’erario, può davvero dare loro accesso ai flussi dei milioni di assunzioni che avvengono ogni anno nel nostro tessuto produttivo generale. Senonché – dettaglio niente affatto secondario – per fare questo occorre spendere i soldi disponibili non per perpetuare le politiche passive del lavoro, come si fa proprio con questa legge di stabilità, ma per attivare le politiche attive, e in particolare i servizi di assistenza intensiva e outplacement offerti da chi ha il know-how per svolgerli con successo.
*Pietro Ichino, giuslavorista, è senatore di Scelta civica