C’è del marcio in Cina. È ancora una volta il sistema finanziario ad essere al centro dei sussulti, di quei tremori che nei mesi scorsi hanno fatto tremare ben più di un investitore. Poco importa se grazie a un intervento della People’s bank of China (Pboc), la banca centrale cinese, la situazione è tornata (quasi) alla normalità nei giorni prima di Natale. Sono stati infatti iniettati nel sistema finanziario 29 miliardi di renmimbi, l’equivalente di 4,8 miliardi di dollari, attraverso operazioni di mercato aperto. Una mossa significativa per un mercato, quello bancario, che vale 100 trilioni di renminbi. Mossa rilevante anche in ottica futura. La troppa instabilità del sistema interbancario è una delle più grandi minacce per Beijing.
L’ultima operazione della Pboc è servita a calmierare le tensioni. Il tutto nel breve termine, ma i problemi saranno nel lungo, dicono investitori e analisti. La banca centrale cinese è intervenuta nel mercato interbancario, quello attraverso il quale le banche si prestano denaro l’una con l’altra, dopo un surriscaldamento dei tassi d’interesse. Lo ha fatto tramite un’operazione di mercato aperto che prende il nome di short-term liquidity operation: la Pboc ha acquistato titoli da una banca con la promessa che quest’ultima li avrebbe riacquistati entro pochi giorni. È stato il segnale che un’entità finanziaria, o più d’una, ha avuto problemi di liquidità nel breve, forse brevissimo termine. Secondo Morgan Stanley, «questi shock di breve termine potranno essere sempre più frequenti. Sono causati da banche che non riescono a onorare le loro obbligazioni nel breve». Per ora si è trattato di situazioni controllabili, complice la probabile piccola (o media) dimensione delle entità coinvolte, ma cosa succederà quando sarà uno dei big ad avere problemi di liquidità? È la domanda che si stanno ponendo gli investitori. Dato il carattere improvviso e diffuso di queste situazioni, è quasi impossibile prevedere con certezza quando ci sarà il prossimo crash. La speranza è che non coinvolga alcuno dei primi istituti di credito del Paese.
A cercare di stemperare le polemiche, specie in ottica futura, ci ha pensato direttamente la Pboc. Attraverso il suo vice governatore Yi Gang, la Pboc ha spiegato che «l’intervento è avvenuto solo in ottica precauzionale». In sostanza, «non ci sono problemi di stabilità finanziaria» e «nel medio termine la situazione è prevista per essere ancora più solida che nel passato». Parole al vento. Le banche d’investimento di mezzo mondo hanno subito volto lo sguardo verso Beijing in attesa di risposte ben più concrete di quelle fornite dalla Pboc. «Il sistema finanziario non sembra così robusto come si potrebbe immaginare, se avvengono avvenimenti del genere», ha scritto Goldman Sachs in una nota.
Sono soprattutto tre i problemi che stanno affliggendo il sistema bancario cinese. Il primo, il più grande, è legato al settore immobiliare. Cresciuto a dismisura negli ultimi cinque anni e altamente instabile, il mercato cinese degli immobili è quello più a rischio. Credito facile, sovrabbondanza di unità abitative, città fantasma, eccessiva finanziarizzazione: ecco le cause degli shock in questo settore. Secondo la stessa Pboc a giugno 2013 le abitazioni invendute hanno toccato quota 40 milioni, ma potrebbero essere molte di più. La stima di HBSC parla di 53 milioni. E dietro a ogni casa senza inquilini ci sono banche e società finanziarie che stanno appesantendo sempre più i loro bilanci con asset che diventano sempre più illiquidi giorno dopo giorno. Case che non vuole nessuno, case che perdono di valore minuto dopo minuto, case che sono diventate un fardello troppo pesante per le banche. Questo perché devono comunque mantenerle in vita. Il peggio deve ancora venire. Basti pensare che fra il 2002 e il 2012 i finanziamenti erogati alle imprese edilizie sono aumentati del 255% rispetto al decennio precedente, come ha calcolato HSBC.
Il secondo problema è strettamente legato al primo. Più cresceva il mercato immobiliare, più le banche avevano bisogno di nuove risorse. Un circolo vizioso ben conosciuto negli Stati Uniti. E cosa ha fatto la Pboc? Ha allentato i cordoni del credito, agevolando lo sviluppo di società finanziarie e nuove banche regionali capaci di erogare crediti alle imprese edilizie. Ma questi crediti sono andati a finanziare anche attività poco profittevoli con il solo scopo di aumentare il computo del Pil nazionale. Non è una novità. E ora, dopo l’introduzione dei Mortgage-backed security (Mbs), titoli garantiti da mutui, si è passati a un’altra innovazione che potrebbe essere un boomerang, i reverse mortgage. Si tratta di finanziamenti erogati a soggetti con un’età superiore a 62 anni e dotati di un’abitazione di proprietà o di un mutuo. Coprono l’intero ammontare del valore della casa e garantiscono liquidità immediata per acquisti di beni, o un’altra abitazione. La particolarità risiede nel fatto che non è il contraente a dover onorare l’obbligazione (ovviamente compresa di interessi), bensì i suoi eredi. E nel caso questi non possano rimborsare, la proprietà sottostante, ovvero la casa, passa alla società finanziaria. I reverse mortgage, anche se non legali in Cina, sono usati con le stesse modalità dalle entità finanziarie non bancarie, i Non-bank financial intermediaries (Nbfi).
Ecco l’ultimo problema, quello più oscuro. Il sistema bancario ombra cinese, di cui fanno parte gli Nbif, resta un mondo tanto grande quanto opaco. Secondo le ultime stime di HSBC vale dai 14.000 ai 33.000 miliardi di dollari. Non è però possibile fornire un dato preciso, proprio date le caratteristiche del mercato: poca trasparenza e poca regolamentazione. Le società che lavorano come banche anche se banche non sono stanno destabilizzando il sistema creditizio del Paese. E la Pboc può poco, perché non ha né l’autorità per guardare dentro i bilanci degli Nbif né l’interesse a regolamentare un mercato che sta permettendo alla Cina di risentire poco della fragilità dell’economia globale. Un gioco, quello dello shadow banking, che fa comodo a tutti.
Il 2014 finanziario della Cina sarà caratterizzato da questo mix di shock improvvisi e interventi della Pboc. La fortuna è che la banca centrale ha il potere di calmierare i tassi del mercato interbancario nel caso questi subissero fluttuazioni di notevole intensità. Ma è questa la stabilità di cui ha bisogno un mercato creditizio che è diventato sia troppo grande per essere controllato dalle autorità sia troppo grande per fallire? Lo scetticismo è d’obbligo.