Immortalità techL’arte poco zen di costruire cervelli

L’arte poco zen di costruire cervelli

Se Leonardo vivesse ai nostri giorni, purtroppo, sarebbe Ray Kurzweil. I suoi studi derivano da una curiosità che parte dalle applicazioni all’ingegneria, all’arte e alla salute; in un certo senso le sue idee non sostano mai nell’atmosfera rarefatta dell’interesse scientifico puro, ma si muovono sul terreno della tecnologia e della trasformazione della realtà. Leonardo dissezionava cadaveri per assemblare l’archivio di nozioni anatomiche e fisiologiche su cui si disegnavano i suoi pensieri e le sue invenzioni; Kurzweil può ricorrere a strumenti non invasivi per compiere la stessa operazione di analisi, concentrandola però sul solo sistema nervoso centrale.

Kurzweil – attuale Director of Engineering di Google – propone una visione del mondo attraverso la sequenza delle sue invenzioni e dei suoi calcoli predittivi sull’evoluzione delle macchine. Eppure la sua cultura non ha quasi nulla da spartire con le figure di intellettuali che abbiamo in mente, non possedendo il respiro universale dei loro interessi e delle loro conoscenze. La portata della sua formazione è così ridotta da permettergli di confondere Diogene Laerzio con Eraclito nel suo ultimo libro (e sulla citazione piuttosto banale del fiume in cui non si può entrare due volte, disponibile nel sapere di sfondo dei nostri studenti di prima liceo classico). Come può uno sguardo così limitato progettare un’intera concezione dell’universo?

Rinascimento cibernetico

Il nuovo Rinascimento, se esiste, è nato ed è stato coltivato in America: non si fonda sull’amore per la cultura ma sulla delega del pensiero alle macchine. Per gli Umanisti italiani persino lo Stato (le trame politiche, le guerre) era trattato come un’opera d’arte;  per Kurzweil qualunque decisione è l’effetto di un insieme di algoritmi da cui deve essere espunta ogni forma di eccellenza rispetto a quello che potrebbe fare una macchina: adeguatamente potente, ma finita e prevedibile, chiusa nel silicio e nelle righe di codice che la compongono. 

Per costruire una nuova forma di potere i francesi nel 1789 hanno tagliato la testa al re. Decidere e decedere in fondo derivano dalla stessa radice, che affonda nelle idee di recisione, di mutilazione, di troncamento. Lo assicurano i latini, visto che anche a Roma la politica aveva dimestichezza con le teste mozzate per la soluzione dei conflitti epocali. Kurzweil compie a sua volta una decapitazione, ma con lo scopo di conservare soltanto la testa e di lasciar andare il resto del mondo con cui dovrebbe essere in contatto. Il percorso ha come data di avvio proprio tredici anni fa la pubblicazione di L’era delle macchine spirituali, e trova il suo compimento (temporaneo) con l’uscita nel 2013 di Come creare una mente: il segreto del pensiero umano svelato. Ma è dal 1974 che Kurzweil disseziona il funzionamento della percezione e del pensiero per riprodurli con dispositivi tecnologici. Secondo Jaron Lanier il potere che deve essere istituito tramite questi tagli è quello di un «cybernetic totalitarism», un dispostismo dell’evoluzione dell’intelligenza artificiale.

Dissezionare lettere e voci

Il primo settore esplorato dal giovane Kurzweil, allora solo ventenne, è quello dell’intuizione visiva. Nel 1976 la Kurzweil Computer Products, fondata due anni prima, presenta la Macchina da lettura Kurzweil, che è in grado di riconoscere testi scritti con qualsiasi carattere, e di riprodurre il contenuto con un sintetizzatore vocale. Il test viene condotto durante una trasmissione radiofonica, The Today Show: all’ascolto c’era anche Steve Wonder, che diventa il primo acquirente del dispositivo e stringe con l’inventore un rapporto di amicizia durato tutta la vita.

L’indagine sui meccanismi della percezione acustica e dell’interpretazione linguistica prosegue con le applicazioni tecnologiche degli anni successivi: nel 1982 nasce la Kurzweil Music System che nel 1984 commercializza il Kurzweil K250, capace di sintetizzare il suono di numerosi strumenti musicali. Nel 1987 viene fondata la Kurzweil Applied Intelligence, che realizza dispositivi di riconoscimento vocale. I ciechi sono stati i primi a beneficiare degli strumenti progettati dalle società eponime di Kurzweil; dal 1996 la Kurzweil Educational System ha esteso le infrastrutture tecnologiche fondate sui meccanismi di riconoscimento percettivo anche a beneficio dei dislessici e dei bambini colpiti da deficit di attenzione per iperattività. Infine dagli anni Novanta l’intero comparto medico ha potuto ricorrere ai meccanismi del riconoscimento vocale per la redazione dei referti e delle diagnosi. Molte delle società di Kurzweil sono confluite prima in ScanSoft, poi in Nuance Communications.

Decapitare la storia e l’informazione

Kurzweil spiega la sua passione per le previsioni con la necessità di sapere quale sarà il momento giusto per immettere sul mercato un nuovo prodotto; senza questa capacità di predizione sarebbe impossibile recuperare gli investimenti necessari. La teoria dei ritorni accelerati (una versione forte della Legge di Moore) però non si mostra come uno strumento pragmatico come viene giustificata nell’ultimo libro. La tesi esposta in La singolarità è vicina suona come un determinismo irreversibile che conduce allo sviluppo tecnologico secondo un destino irreversibile. Le teste che rotolano sull’altare dell’evoluzione sono due: quella della storia e quella dell’informazione.

Il darwinismo di Kurzweil somiglia a quello di Kevin Kelly e di Stuart Kauffman: l’avanzare del tempo può essere contratto in un algoritmo senza perdita di informazione, che prevede in modo infallibile i passaggi essenziali di quello che deve accadere. La contingenza dei fatti, come quella delle scoperte e delle invenzioni, rotola giù dal patibolo come una vecchia superstizione pre-tecnologica.  Se possiamo restituire la lettura ai ciechi e possiamo interagire con le macchine parlando invece che scrivendo, dobbiamo rinunciare alla libertà di progettare il futuro secondo opzioni differenti dall’algoritmo che forza la crescita della tecnologia a marce forzate. C’è sempre un nesso tra l’abbandono della scrittura e l’interpretazione della storia come destino, intuito da pochi (o, meglio ancora, da uno solo) e obbedito dai più.

La fine della storia e il dispotismo dell’algoritmo evolutivo è il tassello essenziale del «totalitarismo cibernetico» di cui Lanier accusa Kurzweil. Non credo che la mutilazione del concetto di informazione sia una sentenza meno drammatica. Si tratta di una delle nozioni più centrali della nostra epoca, tutti se ne sono appropriati per farne l’uso che tornava più comodo. Il suo valore dovrebbe consistere nel fatto che nell’informazione il dato viene interpretato con un’indicazione di senso, quindi con una direzione che lo contestualizza in una massima pragmatica. Unisce la comprensione e l’azione, la ragione pura e la ragione pratica. Come insegna Bateson, la sua caratteristica principale è la ridondanza, che permette di eseguire previsioni su tutto ciò che non è immediatamente presente nel dato: le intenzioni di comunicazione dell’interlocutore, le caratteristiche dell’ambiente in cui ci si muove, la storia dell’apprendimento compiuto dall’individuo. Tutta la ricchezza del contributo che proviene dal lato dell’interpretazione e dell’azione viene tagliato dall’analisi di Kurzweil. Sopravvive solo il dato.

La corsa dello sviluppo tecnologico deve condurci ad una soluzione finale in cui avremo superato lo «sciovinismo biologico» e avremo generato il simbionte di uomo e chip elettronici. L’obiettivo è eseguire l’upload dell’informazione che compone l’individuo nella sua completezza su dispositivi di silicio capaci di sopravvivere all’infinito. Per poter eseguire una simile operazione, occorre che l’infrastruttura tecnologica sia in grado di funzionare come un cervello umano: l’assunto dell’ultimo libro di Kurzweil è che la mente e il cervello (biologico o elettronico, a questo punto poco importa), coincidano senza restrizioni. Anche la nozione di mente viene decapitata di tutta l’area che non coincide con ciò che si trova fisicamente nella testa degli individui. L’esperienza soggettiva, ma soprattutto la ricchezza dell’informazione, tutta quella roba che ricade sotto l’etichetta di universalità dei significati e di ecologia della cultura rispetto all’ambiente – vengono sacrificati sull’altare della vita eterna.

L’appuntamento con il superamento del test di Turing è fissato al 2029. La riproduzione completa del cervello e il superamento delle facoltà intellettuali umane per mezzo dell’integrazione tecnologica poco più in là, comunque entro gli anni Trenta di questo secolo.

Kurzweil non è il tipo di individuo che ha bisogno di incoraggiamenti per convertire le sue ipotesi in sperimentazione, e poi in realtà commerciale. Ora che il suo ruolo gli mette a disposizione le risorse finanziarie di Google per l’innovazione e quelle dell’intero team degli ingegneri di Mountain View, la sua concezione del futuro tende ad assumere le dimensioni di una profezia che si autoavvera. Se non nei risultati, che poco importano, nella realtà attuale dei dispositivi che modellano le pratiche sociali e culturali in cui viviamo. Proprio quelle che per la sua visione del mondo cessano di avere qualunque interesse.

Paradiso al silicio

Ma a cosa deve servire questo enorme sforzo di ricerca e sviluppo? A realizzare due elementi di fondo dell’intera cultura occidentale.

Il primo è la sopravvivenza illimitata dell’individuo, senza le limitazioni e i condizionamenti della biologia. Le nanotecnologie e l’intelligenza artificiale forniranno rispettivamente l’integrazione delle componenti del corpo e della mente per trascendere i confini dell’esistenza  alimentata dall’anatomia organica. Ciò che viene consegnato all’eternità non è il pensiero o la traccia della vita personale, che confluisce nel fiume complessivo della civiltà e delle sue conquiste. Kurzweil non vuole essere il verso che annega nel poema dell’epos collettivo. Quello che lo anima è la volontà della sopravvivenza individuale, il salvataggio della coscienza singola. La fragilità di ogni esistenza particolare viene redenta dall’upload dell’intera informazione che compone ogni essere individuale nel frammento eterno di intelligenza artificiale in cui sarà conservato e in cui continuerà a evolvere. Sostituite nel Discorso sul Metodo di Descartes «Intelligenza Artificiale» a «Dio», e il quadrò si ricomporrà intatto. La differenza rispetto al filosofo francese risiede nella concretezza dell’impegno: l’appuntamento con l’immortalità è fissato al 2045.

Il secondo è l’intelligenza dell’universo. Riempire il mondo di esseri senzienti, simbionti metà biologici e metà di silicio, con una potenzialità di incremento delle facoltà cognitive dettata dalla legge dei ritorni accelerati, equivale ad accrescere la razionalità complessiva della materia iniettandole ingegno e organizzazione. La destinazione è un cielo completamente illuminato dallo spirito, totalmente permeato di significati. La conversione della materia dal caos degli elementi alla struttura dei simbionti senzienti decapita il cosmo dalla sua componente di casualità. L’esito finale della storia è un universo platonico redento in via definitiva dall’intelligenza, dal trionfo completo del bene. L’insensatezza, l’irrazionalità, l’arbitrio, il caso, usciranno dall’esperienza individuale: saremo un coro di angeli di silicio.

Nel disegno di Kurzweil, alla fine, la redenzione del singolo e quella dell’universo si compiono nello stesso momento. Il suo piano mette d’accordo Platone con Agostino, tagliando dal loro pensiero gli aspetti più stimolanti – connessi alla resistenza del caso, degli scarti irredimibili. Kurzweil ha il merito di alimentare una concezione antropologica di largo respiro e un piano politico conseguente. Nello scenario contemporaneo dell’Occidente, in cui i leader governativi e finanziari brancolano nel buio e sembrano impegnati in una guerra di retroguardia per rallentare il declino invece che per disegnare un futuro adeguato alla rivoluzione (già finita) della tecnologia – Kurzweil si innalza come una figura titanica animata da eroici furori. Va da sé che il merito non è suo, ma è l’effetto dell’incapacità altrui. In ogni caso credo che sia necessario misurarsi con le proposte che vengono dal Director of engineering di Google, se non altro perché il suo ruolo gli conferisce il potere di imporcele nella vita quotidiana – mentre la portata dei suoi oppositori è di fatto meno rilevante per le sue conseguenze reali.

Parlare ora o tacere per sempre 

Decapitare, mutilare, rimuovere. Tagliamo la storia e la sua contingenza, la verità pubblica della mente, il pensiero del corpo, l’ecologia dell’informazione. Decolliamo la libertà dell’azione e la responsabilità dell’intelligenza. Nello spazio vuoto lasciato dalla ghigliottina della tecnologia si materializzerà la pienezza dell’essere, la luce senza ombre del senso, il destino di felicità del silicio. Intanto che ne parliamo, Kurzweil lo sta facendo. Perché il messaggio sia più chiaro, Google gli ha affidato la potenza di fuoco del suo intero settore ingegneristico. Siamo tutti avvisati. 

Siamo pronti per questo mondo alleggerito del valore dei nostri dubbi, dell’incertezza del futuro, della crisi delle differenze? Be’, se non ci stesse bene, mandare una mail a Google servirà a poco, come firmare un manifesto alla Lanier. Serve un progetto alternativo, altrettanto volto all’esecuzione. Se non si muove nulla all’orizzonte, nell’Italia dei Boccia, dei De Benedetti, degli emendamenti non firmati e dei loro sostenitori, buon Kurzweil a tutti!

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