Una precisazione: ho scritto questo pezzo di martedì, con la pretesa di conoscere i miei polli e la rassegna stampa del mattino mi ha dato ragione. Ad aprire le danze, tirando in ballo Valle Giulia e Pasolini in un delirante elogio, è Alessandro Sallusti nel suo editoriale su Il Giornale, poi è arrivato Matteo Bordone via Twitter, con piglio ironico ma buttando la faccenda nella mischia, quindi Francesca Buonfiglioli su Lettera 43, definendo il gesto di togliersi il casco compiuto dai poliziotti «di pasoliniana memoria». [agg. 11 Dicembre alle 17,20]
I forconi. Mi sono svegliato e c’erano i forconi. Ho sentito qualche scheggia isolata fare la voce grossa da qualche piazza isolata, ho visto qualche fumogeno isolato riempire qualche gola isolata. Hanno lanciato i sampietrini, hanno sfasciato i lunotti, hanno cercato di obbligare i commercianti ad aprire le serrande, si sono messi coi camion di traverso in autostrada e hanno detto di aver alzato le barricate, ma le hanno confuse con le transenne per i lavori stradali. C’era quella foto dei cartelli con scritto “ci avete StraEsaurito” – in realtà non ho ben capito cosa voglia dire – che nutriva l’ingenua aspirazione di costruire una realtà distorta, come tutta la realtà che ha circondato il movimento – se di movimento dobbiamo parlare. Avevano il braccio teso, non il pugno alzato, le facce dei picchiatori, non dei rivoluzionari. Erano ridicolmente soli e spaesati, ma pericolosamente convinti. Fanatici, come sono i forconari e le folle inferocite che brandiscono le torce e bruciano le streghe.
Poi è successa quella cosa dei caschi dei poliziotti e qualcuno ha gridato alla vittoria. Ha detto: «mercoledì cade il governo, perché le Forze dell’Ordine sono con noi!». A nulla è servito il buonsenso di chi ha stretto le spalle e si è girato dall’altra parte, degli agenti che se ne sono chiamati fuori, che hanno spiegato che si trattava di routine, non di una presa di posizione. A nulla, perché ai forconari piace gridare senza ascoltare, ed è quello che fanno per sembrare molti di più.
Io non mi occupo di politica, se non nel privato come tutti dovrebbero fare, ma spesso mi occupo di letteratura. Sono di sinistra e ho votato alle primarie anche se mi trovavo lontano da casa – Civati, nel caso che a qualcuno importi qualcosa. Trovandomi di fronte ai forconi – da che mondo è mondo quanto di più bieco e generalista esista – nel Paese della strumentalizzazione, ho pensato di dover difendere per lo meno la letteratura. Ho visto i forconi, i poliziotti senza casco e ho pensato a Pasolini e Valle Giulia.
Il PCI ai giovani! è una poesia del 1968, scritta all’indomani della cosiddetta Battaglia di Valle Giulia. È un pezzo importante per la letteratura e la politica italiana, perché mette l’intellettuale all’angolo del proprio partito. Lo isola per aver preso la posizione di quelli che storicamente picchiano e non di quelli che vengono picchiati, per aver espresso la propria opinione singola nel periodo della voce delle masse. Valle Giulia è qualcosa che salta sempre fuori durante le mobilitazioni di piazza e la posizione di Pasolini – con le guardie e non con gli universitari borghesi – viene imbracciata una volta a destra e una volta a sinistra, con la pretesa assurda di farla propria.
Oggi no. Questa volta ho voluto auto-infliggermi il diritto di un gesto preventivo perché Pasolini non venga nuovamente schierato a difesa di una o dell’altra ignoranza. Perché la tentazione, con tutti quei poliziotti coi caschi in mano, è troppo forte e comincia a farsi vibrante tra le pagine Web, i forum e i cartelli sgrammaticati.
Eccone alcune parti significative, commentate, perché non rimanga l’ombra del dubbio:
Il PCI ai giovani!
Vice ha definito quella del nove dicembre (che meravigliosa evocazione da revolución sudamericana!) “rivoluzione dei punti esclamativi”, per il loro uso improprio più che altro. Sarà banale, ma Pasolini dimostra la sua distanza già dal titolo, usando un solo punto esclamativo e facendolo propriamente, per sottolineare con fermezza, non con fanatismo e soprattutto rispettando le regole grammaticali, qual è il fulcro della propria posizione.
È triste. La polemica [contro
il PCI] andava fatta nella prima metà
del decennio passato. Siete in ritardo, figli.
Siete davvero in ritardo, figli. Perché questa particolare polemica – che per sua natura non ha nulla a che vedere coi moti sessantottini – andava fatta in maniera continuativa. Non si può pensare di svegliarsi un nove dicembre qualunque e sovvertire un ordine. Senza conoscerlo in fondo, ma ripetendo che è sbagliato, a occhi chiusi e bocca aperta. Mentre voi eravate distratti a occuparvi di calcio e telefonini, comprando i libri di Vespa per metterli sugli scaffali e non sfogliarli mai, chi aveva a cuore il futuro del Paese si preoccupava per esso. Denunciava l’abuso di determinate cariche, si opponeva agli interventi militari ingiusti, auspicava un cambiamento con i mezzi democratici a sua disposizione. Informandosi, discutendone, studiando a fondo il problema.
E non ha nessuna importanza se allora non eravate ancora nati…
Quelli del nove dicembre c’erano, e hanno scelto di non interessarsi.
Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi
quelli delle televisioni)
vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio
delle Università) il culo. Io no, amici.
Oggi nessuno lecca il culo a nessuno, ma è proprio la televisione – quella stessa televisione che i forconari hanno scelto come portatrice del loro messaggio, sbraitando sulle telecamere – a restituire il ritratto più impietoso del movimento. Mostrandoli così sguarniti e goffi, così sgrammaticati e confusi. I giornali si turano apertamente il naso e il web, lo scrivo per dovere, non fa testo perché non utilizza il filtro della critica.
[…]
Avete lo stesso occhio cattivo.
Siete paurosi, incerti, disperati
(benissimo) ma sapete anche come essere
prepotenti, ricattatori e sicuri:
prerogative piccoloborghesi, amici.
Qui Pasolini si scagliava contro quei tanti rivoluzionari da salotto, che avevano studiato Marx e Engels a memoria e lo ripetevano a pappagallo. Non ci sono borghesi tra i forconari, perché non esistono più quei borghesi. C’è una massa informe di arricchiti spaventati mescolata a un garbuglio operaio incolto che ha tenuto un piede nel M5S quando si è sentito tradito dalle varie rimasticature del Popolo delle Libertà. L’incertezza e la disperazione sono mal indirizzate e si trasformano sì in prepotenza e ricatto, ma senza il conforto della sicurezza. Ci sono quelli che fanno il saluto romano, e quelli non meriterebbero nemmeno di essere menzionati, e non molto altro.
[…]
io simpatizzavo coi poliziotti!
Perché i poliziotti sono figli di poveri.
Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.
[…]
Peggio di tutto, naturalmente,
è lo stato psicologico cui sono ridotti
(per una quarantina di mille lire al mese):
senza più sorriso,
senza più amicizia col mondo,
separati,
esclusi (in un tipo d’esclusione che non ha uguali);
umiliati dalla perdita della qualità di uomini
per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare).
I poliziotti di Pasolini, le guardie del Reparto Celere, con gli elmetti da Guardia Nazionale e le facce strappate ai campi calabresi, non sono gli stessi che in questi giorni sono schierati a fronteggiare qualche drappello di fanatici. Allora si faticava a comprendere le ragioni degli agenti e ad assimilarle alle ragioni del popolo, oggi è il popolo che vorrebbe impartire la ragione alla polizia. Forzandola a prendere una posizione che potrebbe anche spettarle ma, di fatto, strumentalizzandola senza un motivo se non quello di fregiarsi di una morale rivoluzionaria inesistente. Questo è il passaggio fondamentale e più delicato della poesia, è la dichiarazione di amore per quella classe bistrattata dai figli di papà, che ha procurato a Pasolini la scomunica da parte del Partito e delle militanze. È anche il passaggio che più di tutti potrebbe essere frainteso dai sedicenti rivoluzionari. Oggi questa dichiarazione d’amore è stata invertita alla lettera: chi è sceso in piazza lo ha fatto con in tasca la certezza di avere le Forze dell’Ordine dalla sua – per affinità estremistica mi viene da pensare – ma si è trovato contro un manipolo di professionisti basiti e scocciati dalla mancata evenienza di uno scontro. L’assioma «essere odiati fa odiare» non è necessariamente ribaltabile, l’essere amati non fa necessariamente amare. Poi si sono susseguite le foto patetiche, in posa tipo Torre di Pisa, i baci e i banchetti allestiti come altari per i compagni poliziotti, che avevano l’aria di voler soltanto arrivare a fine turno per tornarsene a casa.
Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia.
Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!
Se venisse eletta a slogan dei forconari, la seconda parte di questa frase risulterebbe molto pericolosa. Non credo ci sia bisogno di spiegare il perché, ma la rivendico senz’altro come pasoliniana e, per tanto, al di sopra di ogni ragione politica.
I ragazzi poliziotti
che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione
risorgimentale)
di figli di papà, avete bastonato,
appartengono all’altra classe sociale.
A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici.
Qui non c’è nessuna lotta di classe, perché c’è una grande confusione nel definire le classi. Si parla di “loro”, quelli che dovrebbero essere spediti a casa, ma nessuno sa spiegare chi siano – magistrale la certezza di alcuni forconari che Mario Monti sia ancora presidente del Consiglio e, naturalmente, responsabile della contro-propaganda. Pasolini osservava uno spaccato d’Italia e rilevava un’inversione delle posizioni in maniera chiara e netta, oggi non sembrano esserci posizioni da invertire e parlare di lotta di classe non ha più alcun senso. Il miscuglio informe di convinzioni scarsamente ideologiche e molto qualunquiste di chi si è dato alla protesta rende difficile porre un confine.
Insomma, Pasolini con questa storia non deve avere niente a che fare, amici. E se esistesse un’altra personalità come la sua in questo momento, sicuramente non gli passerebbe per la testa di scrivere «Oh Dio! che debba prendere in considerazione l’eventualità di fare al vostro fianco la Guerra Civile accantonando la mia vecchia idea di Rivoluzione?», nemmeno se oggi il governo cadesse davvero.