La Corte Costituzionale ha dato uno schiaffone a Roberto Calderoli e ha cancellato il suo Porcellum, certo: ma mi sembra che il colpo peggiore (per ora) lo abbia dato a Silvio Berlusconi, a Matteo Renzi e a Beppe Grillo I tre leader “extraparlamentari” della politica italiana, quelli a cui, fino a ieri, bastava un solo voto in più per vincere.
È vero, da questo momento in poi, la sentenza della Corte Costituzionale che cancella il Porcellum può innescare qualunque tipo di reazione, aprire una girandola di colpi di scena, nella politica italiana, di cui nessuno oggi può immaginare l’esito finale. Ma la prima reazione, però, l’ha già prodotta: la sentenza, riscrivendo le regole per eleggere il Parlamento, infatti, rende più deboli i capi coalizione che fino a ieri erano indiscussi detentori di una importante rendita di posizione: in primo luogo il potere di scelta dei parlamentari, e subito dopo quello di alleanza che poteva decidere la vita o la morte di un partito. Qualunque sia la nuova soluzione che verrà trovata, infatti (dal proporzionale puro suggerito dalla Corte al doppio turno che resta l’alternativa), a farne le spese sarà la “vocazione maggioritaria” delle tre minoranze di massa che erano state prodotte dalle elezioni del 2012. Diventa impossibile, infatti, sia per il Partito Democratico, per il Pdl, e per il Movimento Cinque stelle -soprattutto- il sogno di conquistare un premio di maggioranza tale da rendere possibile governare da soli, o con un unico fido alleato.
Quindi, per quanto la prima sensazione degli osservatori e i primi titoli dei giornali abbiamo parlato di “Parlamento delegittimato”, il primo vero effetto è quello di ridimensionare quelli che fino a ieri erano i probabili vincitori domani. Torna decisivo il ruolo di chi scriverà la nuova legge, diventa determinante il ruolo di Emrico Letta che oggi – non va dimenticato – controlla (teoricamamente) una maggioranza coesa, in entrambi i rami del parlamento, con cui poter approvare una nuova legge. Ma anche dentro questa maggioranza c’è chi – ad esempio Pierferdinando Casini – sarebbe comunque al centro dei giochi con il proporzionale (quasi puro) restaurato dalla Corte. Per questo motivo dunque, l’unica ipotesi di legge su cui si potrebbe aggregare il voto di Berlusconi è quella di convergere nuovamente sul Mattarellum. Con che effetti? Sicuramente quello di garantire un sostanziale bipolarismo, perché nei collegi ( come fu tra il ’94 e il 2001) sarebbe implicitamente obbligatorio tendere a delle coalizioni “larghe”.
Ecco perché Il Porcellum, in questo anni, era sopravvissuto a tutti gli assalti e all’indignazione dell’opinione pubblica, in primo luogo perché garantiva ai leader il potere di vita o di morte sui suoi deputati e poi perché aveva rappresentato una grande scorciatoia che eliminava la necessità di coalizioni molto larghe: il voto diventava una specie di rubamazzo, in cui, bastava arrivare primi per poter prendere tutto il piatto. Adesso, la partita che si apre, crea una nuova divisione in Parlamento: da un lato il fronte dei “proporzionalisti” puri, che ha tutto l’interesse ad andare a elezioni subito, per votare con il dispositivo previsto dalla Corte (che gli garantisce di essere determinanti in Parlamento anche con piccoli numeri di eletti). Dall’altro quello dei “maggioritari”, che invece hanno bisogno di scrivere una nuova legge, per istituire un sistema di collegi o un doppio turno. Il proporzionale quasi puro restaurato dalla sentenza (restano in vigore gli sbarramenti alla Camera e al Senato del Porcellum), paradossalmente, va bene sia alle ali estreme che non sono interessate a governare (ma che in questo modo riconquisterebbero la rappresentanza) sia ai centristi post democristiani che, con qualunque risultato, avrebbero la garanzia quasi matematica essere determinante per il governo. Il sistema a doppio turno e l’uninominale, invece, terrebbero formalmente in vita il principio delle coalizioni, e potrebbero restituire centralità ai leader che si candidano a guidarle: ma per istituirli bisogna mettere d’accordo il Pd e il centrodestra (il che, come abbiamo visto, non è facile). Questo sistema, in vigore nei comuni, ha storicamente avvantaggiato la sinistra (che spesso ha dimostrato maggiori capacità di coalizione, e di attrazione per gli elettori nel ballottaggio) a nell’ultimo anno, a sorpresa, ha regalato successi anche al movimento Cinque stelle, che nel ballottaggio, riesce talvolta ad attrarre anche elettorato di destra. Insomma, un bel pasticcio: che se restasse in vigore il proporzionale con preferenza ipotizzato dalla Corte tende a rafforzare l’obbligo di fatto delle larghe intese: che per ora hanno il nome e è la faccia di Letta e Alfano.