Dagli anni 90 in avanti, sotto la spinta di una concorrenza più marcata nel settore dei beni e dei servizi, il sistema di contrattazione collettiva e il coordinamento fra parti sociali si è spostato verso una maggiore decentralizzazione nella maggioranza dei paesi Ocse.
Senza spinte inflattive, meglio combattute con sistemi centralizzati che permettono un controllo più efficace della dinamica salariale, è diventato sempre più importante allineare salari e produttività, obiettivo che si sposa meglio con una contrattazione decentrata che tenga conto delle condizioni specifiche del mercato che ogni impresa si trova a fronteggiare. L’Italia da questo punto di vista è in estremo ritardo. Il sitema in deroga è relativamente poco importante, e il salario contrattato a livello risulta stringente per un gran numero di imprese. In altri paesi con sistemi simili serve solo a negoziare un salario minimo di categoria solitamente ampiamente superato da accordi specifici a livello di impresa. Il fatto dunque che la crescita della produttività e dei salari si sia divaricata è in parte dovuto anche alla contrattazione collettiva non al passo con le sfide moderne.