Gli “specializzandi”, medici laureati che stanno completando il proprio percorso con un tirocinio ospedaliero, fondamentali per il funzionamento del servizio sanitario dello Stato, si aggirano per i corridoi degli ospedali in camice bianco e agli occhi dei pazienti sono spesso indistinguibili dai colleghi che hanno terminato la propria formazione. Solo in Italia ne servirebbero 8mila ogni anno ma, già da un decennio, i posti che vengono messi a disposizione sono circa 5mila. Su un totale di circa 12mila aspiranti (7mila laureati all’anno più 5mila esclusi degli anni precedenti) significa che meno di uno su due accederà alla formazione medica di secondo livello.
Nel 2014, in base a quanto stabilito dalla legge di stabilità, i posti scenderanno a 2mila. Questa diminuzione avrà effetti negativi sia sul funzionamento del servizio per i cittadini – secondo alcune stime si formerebbero appena 10 allergologi in tutta Italia, 20 gastroenterologi e via dicendo – sia sul futuro di tanti giovani professionisti. Un numero così basso, tanto rispetto alle esigenze di sistema quanto rispetto al totale dei laureati, creerà un grave effetto imbuto. Ogni anno si accumuleranno migliaia di aspiranti specializzandi, respinti al primo tentativo, che andranno a sommarsi ai neolaureati, oltretutto in costante aumento. Quest’anno gli ammessi alle facoltà di Medicina sono stati 12mila.
(Flickr, fabbio)
Il 12 dicembre davanti a Montecitorio molti specializzandi – circa un migliaio – si sono ritrovati, su convocazione del Segretariato italiano giovani medici, per far sentire la propria voce e avanzare le proprie richieste. «Chiediamo tre cose: il ritorno a 5mila posti almeno per gli specializzandi, i dettagli sul concorso per la specializzazione – che quest’anno per la prima volta sarà nazionale, a garanzia del merito e dell’imparzialità -, e la trasformazione di Medicina generale in un corso di specializzazione», spiega Domenico De Rose, 25 anni, portavoce del Comitato pro concorso nazionale.
«Sul numero di posti per le specializzazioni il ministro Carrozza, competente per materia, ci ha rassicurato che troveranno i fondi. Sappiamo che l’onorevole Crimì del Pd ha presentato un emendamento in tal senso e quando eravamo davanti a Montecitorio anche l’onorevole Gigli, di Scelta civica, è venuto ad ascoltare le nostre richieste e si è impegnato a proporre una soluzione, magari trovando i fondi necessari dalla tassazione su slot machines e sale bingo». Alcuni protestano perché nella legge di stabilità sono previsti 400 milioni di stanziamenti per i policlinici privati, «ma da un certo punto di vista se ne capisce il motivo, senza quei soldi alcuni ospedali che offrono comunque servizi alla cittadinanza fallirebbero», prosegue Domenico, «però se riescono a trovare 400 milioni per loro, non si vede come non riescano a trovarne 200 per noi».
Ai 100 milioni necessari per tornare a 5mila specializzandi l’anno infatti vanno aggiunti i 100 milioni che servirebbero per trasformare Medicina generale, che offre 800 posti l’anno e terminata la quale si può aspirare a diventare medici di base, in un corso di specializzazione. «A oggi siamo gli unici in Europa a non considerarla tale, e i colleghi che seguono questo tirocinio triennale vengono pagati molto meno degli altri specializzandi, circa 800 euro al mese», dice ancora Domenico.
Le richieste dei giovani medici si basano su un assunto semplice: lo Stato italiano ha pagato decine di migliaia di euro per formare dei professionisti, non ha alcun senso che poi – come il matto della barzelletta – li abbandoni al nonvantanovesimo cancello su cento costringendoli ad emigrare all’estero. Questo è un fenomeno già presente (link) ma con l’effetto-imbuto sopra citato è destinato ad esplodere.
«La decisione della Camera dovrebbe arrivare in tempi brevi, tocca alla Commissione bilancio trovare i fondi che servono», conclude Domenico. «Il Paese ha diritto ad avere medici italiani preparati, visti gli ingenti pensionamenti a breve, e noi abbiamo diritto a poter ultimare la nostra formazione in Italia». Alcune stime parlano di 50mila posti scoperti per il 2020, quando la generazione dei baby boomers sarà andata definitivamente in pensione, e il problema può essere evitato solo agendo per tempo. Trovare 100 milioni – a fronte di una spesa sanitaria pubblica di oltre 100 miliardi, di cui un decimo almeno sicuramente di sprechi – non dovrebbe essere un’impresa proibitiva.