Ci sono cose che difficilmente ti abbandonano, soprattutto se hanno impregnato completamente la tua adolescenza. Il tempo passa, e la vita prende la sua piega, abbandoni l’abbigliamento oversize e le attitudini da stereotipo sporco e abbracci la vita sobria, ma viene un momento in cui il tuo passato torna a galla. E solitamente ti sorprende con addosso un sorriso di tenerezza.
Nell’ultimo periodo sto lavorando molto attorno al rap. Sto cercando di ricostruire i tempi del liceo, che affiorano nebbiosi dalla mia memoria, quindi sono piuttosto recettivo e facilmente eccitabile dall’argomento. Quando ho trovato questa lista, compilata per Vulture da Rob Kemp, l’ho divorata. Poi l’ho lasciata riposare per vedere se l’entusiasmo per la sua completa, rotonda e inattaccabile bellezza fosse l’ennesima mia esaltazione temporanea, o se potesse essere divulgata come universale. Ho deciso che, come per tutto ciò che è bene comune e possiede la grazia per innalzare i popoli, chiunque dovesse goderne, quindi eccola.
Si parla di video Hip Hop e dell’ironia che, dal primo singolo che ha incontrato successo al di fuori del Bronx – Rapper’s Delight della Sugar Hill Gang, naturalmente – ha popolato la cultura, checché ne dicano i puristi del gangsta rap, affezionati a macchinoni e paesaggi à la Capone, pistole e leggende oscure del calibro di Tupac e Notorious B.I.G, prendendo avvio dalla tradizione dei DJ da party, più che dal disagio sociale del ghetto. «Non sorprende – scrive Kemp – che i video Hip Hop di quell’epoca [gli anni ottanta] avessero la tendenza a impiegare slapstick, gag visive e altre pagliacciate che anche il peggior comico da rivista della metà del secolo avrebbe evitato». Ora la comicità si è fatta rara, scalzata da un’ironia oscura o – esempi italiani alla mano, ma io qualcosa di mio l’ho trovato – la totale mancanza di essa.
DJ Jazzy Jeff and the Fresh Prince, Parents Just Don’t Understand (1988)
I puristi del genere potrebbero avvertire un brivido lungo la schiena, di fronte a quest’esempio di goffaggine farcita di graffiti nemmeno troppo belli, ma è forse il più fulgido esempio di meta-ironia esistente per quanto riguarda un campo che ne ha avanzata ben poca. Aggiungiamo anche che ad animare il video c’è una persona che di lì a poco sarebbe diventata una vera e propria icona visiva. Qualcosa doveva già averla in testa.
Biz Markie, Just a Friend (1989)
Nel ’89 il rap era già entrato a far parte del circolo delle musiche di protesta generazionale, con indubbi maestri del calibro di Public Enemy e NWA, col dito puntato fuori dal disagio sociale. Però esistevano ancora personaggi come Biz Markie, che sembravano non aver mai nutrito un pensiero ostile in vita loro.
Ice Cube, True to the Game (1992)
Ecco un perfetto esempio della delicata tecnica del “tenere un piede di qui e uno di là”. Ice Cube giudica e condanna alla deportazione tutti i possibili Zio Tom che trova lungo la strada, rei di avere tradito le proprie radici. Le accuse sono: avere una ragazza bianca, farsela coi bianchi, vivere fuori dal ghetto e – dulcis in fundo – essere MC Hammer.
Dr. Dre featuring Snoop Doggy Dogg, Fuck With Dre Day (1993)
Dre e il suo protetto Snoop Dogg erano già i maestri di quell’arte dell’ironia auto-riferita e del dissing volgare che negli anni successivi hanno elevato a livelli superiori. Questo è solo il primo esempio di una lunga serie: se la prendono con se stessi ma anche con Eazy E – ex socio di Dre nella NWA – e con il manager Jerry Heller, mettendo in pista i più crudi stereotipi etnici ed etnologici immaginabili.
Luke featuring JT Money & Clayvoise, Cowards in Compton (1993)
La risposta di Eazy E non si fece attendere, con Real Muthaphuckkin G’s però il membro di NWA si limitò a scimmiottare il dissing originario. Ben più incisivo fu l’apporto di Luke (a.k.a. Luther Campbell).
Missy Elliot, The Rain (Supa Dupa Fly) (1997)
È la prima volta che il mondo ha l’occasione di fare la conoscenza con Melissa “Missy” Elliot, che con questo video ha provato la fallibilità dell’assioma «le donne non sanno far ridere», attraverso un fish-eye piuttosto nauseante, tra l’altro.
La Famiglia, PRRR (1998)
Questo naturalmente è un video che mancava nell’originale lista di Vulture, ma è anche qualcosa che mi pareva doveroso. È tratto dal disco di esordio del gruppo napoletano La Famiglia, 41° Parallelo, che non solo è eletto a rappresentante di uno standard musicale superiore cui – a mio parere – nessuno dei rapper contemporanei, così impegnati a non dire niente ma a dirlo cattivo, è più in grado di aspirare, ma ha anche il merito di aver piazzato un tassello importante nella storia del rap italiano. Il dissing è inesistente, ma il pezzo – anche per chi non mastica il dialetto napoletano, io l’ho imparato ascoltando loro, per dire – è molto divertente.
Eminem, The Real Slim Shady (2000)
«La maggior parte delle persone che ci capiscono qualcosa affermerebbero che i migliori comici sono anche dei miserabili bastardi. Allo stesso modo il campione di vendite della scorsa decade è allo stesso tempo uno dei più divertenti e oscuri rapper nella storia del genere» è quanto scrive Kemp. Sono d’accordo. The Real Slim Shady è un pezzo estremamente importante, ma anche l’esempio di cosa succede quando la tendenza a fare battute idiote prende il sopravvento su quella ad agitare il pugno al cielo per le ingiustizie subite nella vita.
Ludacris featuring Shawnna, Stand Up (2003)
La testa – adulta – di Ludacris, viene trapiantata sul corpo di un bambino. Chris Bridges è uno dei rapper più influenti degli ultimi vent’anni e uno dei pochi in grado di mantenere la fama di persona simpatica accanto a quella di gran pezzo di merda. Non serve aggiungere altro.
Nicki Minaj featuring Drake, Moment 4 Life (2010)
Nicki Minaj è una specie di mostro ambivalente formato dalle caratteristiche sommate di alcuni degli artisti elencati sopra. Come Missy Elliot è una delle poche MC’s donne a sopravvivere più di qualche anno, e come Ludacris compare qui e là nei video degli altri, portando con se una buona dose di comicità intrinseca. Basterebbe guardare l’intro di Moment 4 Life, per dirlo.+
2 Chainz featuring Kanye West, Birthday Song (2012)
Ecco, questo è l’unico video che non conoscevo, nemmeno per sentito dire. Forse perché è l’unico della lista a ricadere nel bel mezzo del mio digiuno pressoché totale da rap. 2 Chainz poi, è piuttosto giovane – il suo primo demo è del 2011 – e quindi va a perdersi in quella schiera di artisti a cui non mi sono mai avvicinato e che non godono del mio affetto pregresso. Birthday Song, devo dire, non mi ha fatto impazzire, ma il video ha un suo perché. È perfettamente in linea con i dettami dell’epoca dei culi saltellanti, ma è condito di elementi assurdi che non guastano per niente e gettano su tutta la faccenda una buona mano di dubbio di auto-ironia che fa ben sperare per il futuro.