Il concerto del primo dell’anno a Vienna, trasmesso su tutte le frequenze nazionali e internazionali, rimane una di quelle tradizioni imperiture con le quali salutiamo l’inizio di un altro giro del pianeta attorno al Sole, un rito quasi aurispicino nel quale la musica interpreta il sentimento comune di voler cominciare bene un altro ciclo. Se dovessimo seguire l’animo corrente, forse dovremmo ascoltarci il Requiem di Mozart, o del goth rock, ma, in fondo, ci ostiniamo ad essere positivi. Nonostante un altro anno di turbolenze più o meno pronunciate sui mercati, di volatilità e incertezze. Non siamo fuori dall’onda lunga del credit crunch e non siamo, soprattutto in Italia, ancora in vista di indicatori positivi di crescita.
Una nottata più lunga del dovuto. Il 2014 è già stato ribattezzato come l’anno della normalizzazione: da un lato delle banche centrali cominceranno a ridurre la loro influenza sui mercati, leggasi tapering della Fed, con simili azioni nel Regno Unito e, sorpresa, in Cina; dall’altro, a livello comunitario, ora esistono meccanismi di intervento, più o meno condivisi, più o meno perfezionabili, ma che provano a ristabilire un equilibrio in cui la finanza deve tornare a camminare senza supporti, senza le stampelle del Quantitative Easing o senza la considerazione che certi strumenti di intervento non siano poi collegati, collegabili a forme di intervento più pervasive.
Quest’anno Vienna, a parte il concerto di inizio d’anno, mi ha anche regalato un piccolo episodio che ora uso sempre quando spiego l’impatto della crisi finanziaria nel rapporto fra sistema bancario e clienti e quando immagino le prospettive future. Una piccola favola natalizia, anche se è accaduto in un inizio di settembre glorioso e quasi afoso. Esco dal mio hotel sul Ring, diretto al luogo del convegno, dove avrei dovuto parlare, e noto una fila di taxi che attendono clienti. Salgo sul primo e indico al guidatore che devo arrivare il prima possibile a un indirizzo viennese che a me non dice niente, ma che immagino non troppo lontano. Il guidatore si gira e mi dice «vada a piedi, è a soli due chilometri». Io gli faccio notare che sono vestito di tutto punto, devo arrivare non paonazzo e sudato e che, alla fine, non è colpa mia se il posto è vicino. Allora il tassista mi dice che lo farà solamente se gli sgancio dieci euro. A quel punto, io mi altero e gli dico che gli pagherò quanto mi dirà il tassametro. Il tassista si gira e con un ghigno mi dice «ok, no problem». E parte. Ma ad una velocità lentissima, talmente ridotta che lungo il marciapiede vedo vecchiette con cagnolini da tasca e madri con bambini sul passeggino che ci passano avanti. Io mi inalbero ancora un po’, e alla fine gli dico «ok, prenditi i dieci euro, ma ora portami a destinazione», il tutto condito da varie maremme e vaffanzionamenti.
La macchina ora viaggia a tutta velocità, o a quella consentita dal traffico inerte della capitale austriaca, dribbla ciclisti, pedoni, fin quando, di fronte alla Secessione, troviamo una coda mostruosa, creata da un cantiere di lavori. Allora il tassista, il cui tassametro sta arrivando vicino ai dieci euro, schizza, entra nei vicoli, passa sopra il Belvedere, scende, tracima sulle colline, sui sanpietrini e, alla fine, dopo un quarto d’ora, arriviamo a destinazione, dieci minuti prima del mio intervento al convegno. Siamo tutti e due accaldati, ora, nervosi, e il tassametro indica diciotto euro e venti centesimi. Il tassista si gira e mi guarda, come se si aspettasse un top-up, perlomeno un pour-boire. Io gli faccio notare che avevamo stabilito dieci euro e alla fine lui ha preso un rischio di performance di cui non mi ritenevo assolutamente responsabile. Scendo e lo saluto, mentre lui mi guarda basito.
In quel momento, pochi minuti prima di dover parlare a un gruppo di risk manager e chief risk officer di mezza Europa sulla problematica della gestione del rischio di credito e di reputazione, mi rendo conto che quell’episodio sul taxi è la miglior illustrazione delle ragioni vere del credit crunch. Immaginate che il conferenzista frettoloso, che deve arrivare al convegno, sia un cliente di un’istituzione finanziaria e il taxi sia la banca, cioè l’ente che offre un servizio, il quale dovrebbe essere molto semplice, cioè offrire a una persona, a una società, i mezzi per realizzare un disegno, un sogno, un progetto. Che sia un mutuo, una carta di credito, un finanziamento agevolato, addirittura una forma di protezione contro rischi di tasso. In realtà, dal momento in cui sono salito sul taxi, il conducente aveva già in mente una sua idea preconcetta di profitto, o di ritorno economico, quello che nelle banche è il Roe, il ritorno atteso per ogni unità di capitale. A prescindere dal cliente, dalle sue esigenze, spesso, o dalle circostanze stesse in cui la relazione bancaria avviene. Quindi, la transazione è stata prezzata in maniera che il tassista, o la banca, potessero ottenere il massimo ritorno previsto per quell’unità di sforzo, o capitale. Senza nessun aggiustamento rispetto alla priorità assoluta di offrire un servizio utile al consumatore o qualcosa che fosse equo e allineato con la rischiosità dell’operazione. Con il rischio di reputazione di un cliente insoddisfatto che poi non userà più quel servizio.
Quando abbiamo trovato i lavori vicino alla Secessione, ci siamo trovati nella stessa condizione nella quale si è trovata la finanza durante il credit crunch, quando non solo la liquidità dei mercati ha stallato, ma quando il costo dell’accesso ai mercati per gli operatori finanziari è entrato in una volatilità senza precedenti. Quando siamo arrivati a destinazione, abbiamo rivissuto l’esperienza delle banche che, quando hanno dovuto rifinanziare i loro prestiti a breve, hanno visto il costo del funding arrivare a livelli insostenibili, dove hanno bruciato capitale e risorse che avrebbero potuto risparmiarsi se avessero prezzato in maniera più dinamica o lungimirante le loro posizioni. D’altronde, venivamo da un periodo in cui le linee di liquidità sembravano corsie di autostrade americane, per poi trovarsi in vicoletti di angustie finanziare da centro di Cortona. In pochissimo tempo e in maniera, se non inaspettata, perlomeno impossibile da gestire senza prendere ulteriori rischi. I clienti pagavano x e le banche dovevano finanziarsi a x+y.
Io e il tassista siamo arrivati a destinazione, ma tutti e due insoddisfatti del servizio e della sua retribuzione e alla fine il rapporto fiduciario era irremediabilmente rovinato. Le banche, all’indomani della crisi del 2008, si sono trovate in una posizione simile, in cui la fiducia fra cliente e istituzione era stata compromessa. La cosa interessante è che il giorno dopo ho scoperto che l’hotel in cui stavo offriva un servizio di navetta gratuito ed addirittura biciclette gratis per tutti i clienti. Ed è dove è il sistema finanziario oggi: da un lato le banche stanno riscoprendo la necessità assoluta di offrire prodotti e soluzioni ai clienti che assecondino piuttosto che accelerino le condizioni ideali per un finanziamento e un ritorno sul capitale (nel senso che un cliente contento provvede un flusso di ritorno economico e finanziario sulla base del servizio ricevuto nel tempo, piuttosto che un flusso alto di reddito, ma sulla base che le condizioni offerte non siano vantaggiose – ergo, puoi spremere un limone una volta sola, quindi è meglio usare il limone per usarne i semi per farne crescere una pianta), dall’altro i clienti stessi stanno scoprendo soluzioni alternative al sistema finanziario tradizionale, sia nell’innovazione finanziaria (leggasi crowdfunding), sia nell’arte dell’accumulare capitale, in forma di equity, quindi estendendo la realizzazione dei progetti, personali o societari, solo quando ci siano risorse proprie necessarie. E questo alla fine deprime i consumi e l’economia, ma è una risposta alla proliferazione del credito degli ultimi venti anni. I clienti delle banche stanno scoprendo la biciclettà, cioè l’autofinanziamento, o il fatto che esistono programmi, facilities che possono utilizzare per ridurre il costo del capitale o per ottenere finanziamenti al di fuori dei circuiti tradizionali.
La sfida del 2014, per il sistema economico e finanziario, sarà proprio questa: riconsiderare come la fiducia debba essere ricostruita e come il sistema finanziario debba assecondare piuttosto che accelerare le richieste dei clienti. In un momento nel quale la macchina creditizia potrebbe ripartire, soprattutto al di fuori del Belpaese, dobbiamo forse chiederci ancora con più convinzione cosa abbiamo imparato dall’ultima crisi e, se, alla fine, non sia a volte meglio farsi una bella passeggiata, magari con il tassista, per fargli capire che, il pricing, alla fine non è solo uno strumento di ripagamento del costo di struttura di una istituzione finanziaria, ma il primo tassello di una relazione con un cliente che si desidera sostenibile. Fra Mozart e Beethoven, ho sempre preferito Brahms.
“Non facciamo altro che aggrapparci alla melodia, non facciamo niente di nuovo se non, semplicemente, caricarla di particolari superflui”
J.S. Brahms