Dungeons & Dragons compie quarant’anni

IL GIOCO CON IL DADO DA 20

È il gennaio del 1974* e la società Tactical Studies Rules inizia a distribuire, in una manciata di negozi di hobbistica, nelle fiere per appassionati di wargames o per corrispondenza, un nuovo gioco.

Sulla confezione gialla c’è un disegno di un guerriero vichingo su un cavallo impennato che ricorda il celebre ritratto di Napoleone a cavallo di Jacques-Louis David. Giusto sopra, una spiegazione chilometrica dice «Rules for Fantastic Medieval Wargames Campaigns Playable with Paper and Pencil and Miniature Figures», che tradotto significa «Regole per campagne di guerra fantastiche e medioevali, giocabili con carta, matite e miniature». Un po’ più su, i nomi dei due inventori: Gary Gigax e Dave Arneson. Nella confezione ci sono alcuni grafici e tabelle e tre manualetti di regole: Uomini e Magia, Mostri e Tesori e Avventure negli Inferi e nella Natura selvaggia. Il gioco costa 10 dollari e, naturalmente, si chiama Dungeons & Dragons.

Quello che questo gioco ha fatto dopo — quello che è diventato, quello che ha ispirato e quello che ha cambiato — è una gran bella storia.

Il contenuto della prima edizione di Dungeons & Dragons, foto sotto licenza CC di Cory Doctorow

Cosa è Dungeons & Dragons (in un tweet e in venti righe)
Raccontare cosa è Dungeons & Dragons (anche noto come D&D) è difficile, perché è un gioco pensato per adattarsi a quasi qualsiasi cosa desiderino fare i giocatori. Un po’ strano, vero? Per spiegare meglio serve prima riassumere cosa è Dungeons & Dragons, facciamoci bastare un tweet: D&D è un gioco in cui 2 o più giocatori raccontano insieme una storia, spesso ad ambientazione fantasy, seguendo delle regole e tirando dadi.

Proviamo a fare un confronto con un gioco che tutti conoscono: Monopoly. In Monopoly ci si sfida l’un l’altro a mandarsi sul lastrico, comprando proprietà e costringendo gli altri giocatori a pagare un pedaggio quando passano sulle caselle. Chi rimane per ultimo con tutti i soldi in mano, ha vinto. Le regole, in Monopoly, decidono che tipo di interazione devono avere i giocatori tra di loro e determinano le condizioni di vittoria finali.

In D&D non è così. Le regole guidano solo le interazioni tra i giocatori e il mondo del gioco, non gli scopi dei giocatori, né i modi per arrivarci. Ed è la prima cosa non da poco che, a metà anni Settanta, D&D ha scelto di fare.

La seconda è ancora più rivoluzionaria. Siamo abituati a giochi in cui tutti i giocatori hanno lo stesso ruolo e devono rispettare le stesse regole. In Dungeons & Dragons non è così. Un giocatore è diverso dagli altri: si chiama Dungeon Master o Game Master (Maestro del labirinto o maestro del gioco, più o meno) e ha il compito di costruire e far funzionare il mondo in cui i giocatori — gli altri — agiscono. Raccontandolo, questo mondo. Facendo vivere i suoi personaggi e i suoi mostri, e garantendone la coerenza.

Insomma, più in pratica, funziona così: ogni giocatore crea un personaggio che lo rappresenta dentro al gioco. I personaggi sono definiti da delle regole che gli dicono chi sono, cosa sanno fare, e quali sono le loro abilità: quanto sono bravi a combattere, nuotare, intrattenere, bluffare… Il Game Master mette in moto l’azione, raccontando ai giocatori l’incipit di una storia. E i giocatori raccontano come i loro personaggi rispondono alle situazioni proposte dal Game Master. A volte per reagire alle situazioni i giocatori devono usare le loro abilità (e quindi fare riferimento alle regole), a volte possono semplicemente dire cosa fanno, cosa pensano, cosa rispondono. E il gioco continua così, come un dialogo tra Game Master e giocatori. Creando una storia raccontata a più voci.

Ora la domanda fondamentale: come si vince a Dungeons & Dragons? Non si vince. O, meglio, si vince divertendosi, provando qualcosa, raccontando insieme una gran storia, in cui tutti — giocatori e Game Master — hanno il loro ruolo, i loro momenti, le loro difficoltà, le loro vittorie.

Un po’ di storia
Il termine con cui viene definito il genere di giochi reso polare da Dungeons & Dragons è gioco di ruolo. Perché giocare un ruolo è ciò che viene chiesto ai giocatori: interpretare nel mondo fittizio del gioco un personaggio, esattamente come farebbe un attore.

Il termine gioco di ruolo, in realtà, non nasce con finalità ludiche. È una tecnica di analisi psicologica creata dal dottor Jacob Levi Moreno a inizio Novecento e usata per dare ai suoi pazienti la possibilità di rivivere un evento traumatico sia dal proprio punto di vista, sia interpretando quello dell’“antagonista” che l’ha causato. Insomma, provando a recitare qualcosa di diverso da sé stesso, a mettersi nei panni di un altro.

All’inizio degli anni Settanta, poi, il gioco di ruolo incontra la tradizione ludica degli wargames, un genere di giochi molto amati dagli appassionati di storia e di strategia militare in cui si comandano dei battaglioni in simulazioni belliche più o meno realistiche. E l’unione delle due esperienze crea qualcosa di nuovo. Dungeons & Dragons e altri giochi del periodo spingono i partecipanti oltre al loro ruolo di giocatori, cercando di trasformarli in personaggi di una storia di cui sono protagonisti.

La prima edizione di Dungeons & Dragons, a dirla tutta, non è chiarissima nello spiegare come funzioni il gioco. È pensata come un set di regole alternative di un altro gioco, chiamato Chainmail. Ma il tiro viene presto aggiustato, definendo meglio le possibilità offerte ai giocatori, aggiungendo nuovi ruoli per i personaggi (le classi, come il guerriero, il ladro o il mago) e limando le regole poco chiare. Il successo arriva veramente quando la Tactical Studies Rules inizia a pubblicare, a fianco delle regole, dei libriccini con delle ambientazioni: avventure già scritte e pronte per essere seguite passo passo anche dal Game Master meno esperto per guidare i propri giocatori dentro una storia epica.

Dal 1974, Dungeons & Dragons si è sviluppato in un fenomeno mondiale, ha venduto milioni di copie ed è stato tradotto in decine di lingue. Il set di regole iniziale, ampliato e riscritto parecchie volte, è arrivato alla quarta edizione e ne é in lavorazione una quinta, chiamata semplicemente D&D Next. Ogni generazione di giocatori ha le sue preferite, e c’è ancora chi gioca con quelle (abbastanza complicate) della seconda edizione, datata 1989.

Il segno che ha lasciato nella cultura popolare
Dungeons & Dragons è percepito ancora oggi come un passatempo per nerd. È innegabile che un giocatore di D&D, prima o poi, finirà per fingere di essere un nano barbuto che combatte con un gigantesco martello di pietra contro un gruppo di goblin. Ma è anche più di questo. E l’influenza che ha lasciato nella cultura popolare degli ultimi quarant’anni lo dimostra.

A Dungeons & Dragons dobiamo sicuramente una bella fetta dei videogames che giochiamo oggi. Il suo set di regole matematiche era perfetto per essere trasformato in videogioco e alcuni dei primi videogames in assoluto sono stati proprio trasposizioni in digitale del gioco inventato da Gigax e Arneson. Oggi c’è un intero genere (i Gdr, giochi di ruolo) che lavorano sui principî di D&D. Il gioco ha anche contribuito al successo del fantasy come genere letterario, che già in quegli anni stava esplodendo grazie a Il signore degli Anelli. Il giornalista di Time Magazine James Poniewozik si spinge persino a paragonare la narratività non-lineare di Dungeons & Dragons con la non-linearità di internet. Non citandolo come antenato, ovviamente, ma come qualcosa che ne condivide lo spirito e l’approccio.

Ma le parole più giuste sull’influenza di Dungeons & Dragons le dice un insospettabile: nella postfazione al libro 30 Years of Adventure: A Celebration of Dungeons & Dragons si scopre che Vin Diesel, muscolosissimo protagonista della saga Fast & Furious, era ed è un giocatore di Dungeons & Dragons. Parlando delle partite con i suoi amici, Vin Diesel scrive che per loro il gioco era più di un gioco, era «uno spazio libero per l’immaginazione e un’opportunità per esplorare le nostre identità».

Se vi interessa sapere qualcosa di più su D&D o sui giochi di ruolo: comprate un set di regole (o usate la versione gratuita Pathfinder), radunate tre o quattro amici e provate. Il miglior modo per scoprire cosa è D&D, alla fine, è mettere da parte i preconcetti e semplicemente giocare.

* Non esiste un giorno preciso per la pubblicazione di Dungeons & Dragons. Era il 1974 e i giochi arrivavano sugli scaffali dei negozi quando ci arrivavano, non esisteva come oggi una data di pubblicazione. E il discorso è ancora più vero nel caso di D&D, visto che è stato distribuito in molti modi diversi.

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