Ecco il Pastrocchium, il tradimento della democrazia

Dal Porcellum all’Italicum

Giovanni Sartori lo ha giustamente definito “Pastrocchium”. Ma pastrocchio rende l’idea di un caos disorganizzato, che lascia qualcosa al caso, mentre il cosiddetto “Italicum” non ha nulla di casuale. Vedo che non lo dice nessuno, e invece questo mi pare un punto vitale: in questo progetto di riforma elettorale proposto dal Pd e da Forza Italia, di cui ho già avuto modo di criticare la piccola truffa di una lista bloccata in cui non si può scegliere chi si vota (ma “è corta”, si aggiunge con una giustificazione a dir poco inverosimile) c’è anche uno sbarramento all’8% per i partiti che non sono coalizzati. 

Non capisco come si possano giustificare tutti questi disinvolti salti mortali per impedire alla gente di scegliere il proprio rappresentante; non capisco che utilità avrebbe un sistema in cui tutti gli eletti sono scelti da due (o massimo tre) segretari di partito. O meglio: capisco a chi torna utile, di certo non conviene agli elettori, e alla democrazia.

Ma soprattutto: non capisco come si possa giustificare o teorizzare una soglia di sbarramento così alta, e non capisco – per esempio – perché un partito che prende quasi tre milioni di voti (prendiamo per esempio Scelta Civica, che nel 2012 con l’8% aveva 2,8 milioni di elettori) dovrebbe restare fuori dal Parlamento. 

Viceversa, con il solo 35% sarebbe consentito ad una coalizione di governare ottenendo il premio del 18% per essere portata al 55% dei seggi: va detto che più che spagnolo questo sistema è paraculo. Ed è palesemente contrario al dettato della Corte Costituzionale, che censurava esplicitamente soglie di premio troppo alte e candidati non decisi dagli elettori. Si dice, in maniera risibile: «con soli quattro nomi i candidati saranno riconoscibili»: ma a che serve riconoscere se non puoi scegliere?

Quando deve punire chi non ha scritto le regole questa legge si permette di considerare irrilevanti 3 milioni di elettori: quando deve premiare chi le regole le fa, regala venti punti di premio come se fossero noccioline. Il che significa che i due (o tre) partiti maggiori sono disposti ad assegnarsi un premio equivalente a otto-dieci milioni di voti. Due partiti che a malapena raccolgono il 55% dei consensi pretendono di creare un sistema che tiene fuori dalla rappresentanza poco meno di un italiano su due.

Viene portata, a giustificazione di questa decapitazione di rappresentanza, una scusa che suona così: «Bisogna impedire il potere di ricatto dei piccoli partiti sui grandi». La storia di queste ultime legislature ci dice che è stato l’esatto contrario. Il potere di ricatto, se si vuole chiamare così, in questi anni è stato esercitato dentro i partiti, e non dentro le coalizioni: per ben due volte il principale partito di centrodestra ha subito una scissione al proprio interno: prima con la rivolta dei parlamentari fedeli a Gianfranco Fini, e poi con lo strappo di quelli che hanno seguito Angelino Alfano. In questi terremoti politici, dunque, i cosiddetti “piccoli” non hanno avuto alcuna colpa e alcuna responsabilità.

Un sistema che blinda due partiti e costringe gli italiani ad un innaturale modello tripolare, è dunque un bel pasticcio, e infatti non ha precedenti nel mondo. Un sistema che ha bisogno di creare un clima di ricatto in cui gli eletti dipendono tutti da un cenno del capo, viene completato in maniera innaturale, ma perfettamente logica, da uno sbarramento in cui chi non è d’accordo con il partito del capo non ha alcuna possibilità di essere eletto in nessun altro partito. Anche perché, prendendo a modello le ultime elezioni, con questa legge solo quattro partiti sarebbero stati rappresentati in parlamento, e non capisco chi sarebbe avvantaggiato da un sistema come questo.

Il tanto vituperato Porcellum garantiva forme di rappresentanza più ampie: qui – se la legge definitiva dovesse essere questa – due o tre leader avrebbero la possibilità di portare in Parlamento un esercito di portaborse. Capisco il vantaggio per loro, non capisco quale sia il vantaggio per la democrazia. A pagare il prezzo di questo meccanismo, infatti, non sono solo gli elettori di cui viene cancellata la rappresentanza, ma anche gli elettori di Pd e Forza Italia, che saranno costretti a votare partiti in cui – per effetto di queste regole – ci sarebbe molta meno libertà.

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