Altro che amnistia o indulto. Il problema del sovraffollamento delle carceri italiane potrebbe essere risolto – o quasi – grazie alla decisione della Corte Costituzionale che ha bocciato la Fini-Giovanardi. Da 60 mila (circa) a 50 mila detenuti, e senza che il Parlamento debba scomodarsi. La legge del 2006 che disciplina la repressione dei reati legati alle sostanze stupefacenti era da tempo al centro delle polemiche per l’equiparazione tra droghe leggere e droghe pesanti, ma la Consulta l’ha bocciata per un motivo tecnico. La norme della Fini-Giovanardi infatti erano state inserite nella legge di conversione del decreto legge sulle Olimpiadi invernali di Torino 2006. Questo, secondo quando stabilito dalla Corte, contrasta con la Costituzione (art 77): non è infatti consentito inserire nella legge di conversione di un decreto emendamenti estranei all’oggetto ed alle finalità del decreto stesso.
Gli effetti della sentenza saranno dirompenti. Cancellata la Fini-Giovanardi rivive la precedente normativa, la Iervolino-Vassalli – che distingueva tra droghe pesanti e leggere -, oltretutto modificata dal referendum del 1993 che ha ridotto le sanzioni per le droghe leggere. Tutti i detenuti attualmente in carcere condannati in base alla legge del 2006 potranno invocare un ricalcolo della pena in base alla “nuova” normativa più favorevole. Vale infatti il principio della retroattività della legge penale più vantaggiosa per il reo.
«I detenuti con sentenza passata in giudicato possono presentare domanda al giudice dell’esecuzione e si vede caso per caso il ricalcolo della pena», spiega Luigi Pagano, vicecapo del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria (Dap). In particolare quelli condannati per spaccio di droghe leggere potrebbero vedere ridotta notevolmente la loro condanna, considerato che la legge “riportata in vita” dalla sentenza della Consulta prevede una pena detentiva da 2 a 6 anni, mentre la Fini-Giovanardi l’aveva innalzata – equiparando, ad esempio, lo spaccio di marijuana a quello di eroina – a una pena da 6 a 20 anni. «Per i detenuti che sono imputati in attesa di giudizio la questione è più semplice, perché la legge più favorevole potrà essere applicata direttamente dal giudice di merito», conclude Pagano.
In base ai dati aggiornati al 2013 sono più di 25mila i detenuti per reati di droga, tra condannati e imputati in attesa di giudizio, su un totale di oltre 62 mila. Di questi circa la metà per spaccio di droghe leggere. Secondo il presidente della Onlus “Società della ragione”, Stefano Anastasia, la platea di soggetti che potrebbero essere coinvolti dal cambio di normativa è di circa 10mila persone. Un sesto del totale dei detenuti.
Dovendosi decidere caso per caso non si avrà una scarcerazione di massa, ma un flusso costante di uscite dal carcere. «Non credo ci sarà spazio per richieste di risarcimento del danno per quei detenuti che, a causa della Fini-Giovanardi, hanno trascorso in carcere un tempo superiore a quello che avrebbero scontato con la Iervolino-Vassalli», spiega Vittorio Angiolini, avvocato e costituzionalista. «In questo caso manca l’elemento soggettivo della responsabilità: quando è stata emessa la condanna la legge era ancora legittima. Vale cioè il principio del “tempus regis actus”». Ma se lo Stato Italiano non spenderà per i risarcimenti sarà comunque da valutare, una volta decisi tutti i singoli casi che compongono il totale di circa 10 mila detenuti, quante risorse abbia sprecato a causa di una legge illegittima. Secondo le analisi del Dap in Italia un carcerato costa mediamente 3.511 euro al mese. Il conto finale potrebbe essere di centinaia di milioni di euro.