Artigiani & commercianti, stavolta la piazza è vostra

La protesta di Rete Imprese Italia

Dal 2007 e con una certa frequenza artigiani e commercianti hanno annunciato manifestazioni di piazza. Molte sono state abortite perché è venuta meno la spinta politica a livello nazionale e i piccoli imprenditori si sono limitati a gazebo e marcette, in genere nella periferia d’Italia. Il Nord-Est è stata l’area sicuramente più attiva per quanto riguarda la protesta. Ma anche l’Abruzzo, la Sicilia e il Piemonte hanno visto un certo dinamismo. Adesso anche i vertici nazionali delle categorie hanno capito che è arrivato il momento di alzare la voce. «Senza l’impresa non c’è Italia. Riprendiamoci il futuro» è lo slogan della manifestazione che vedrà giungere a Roma da ogni parte d’Italia le molte rappresentanze di imprenditori di Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti. Obiettivo è presentare un manifesto con le proposte e le richieste di Rete Imprese Italia per smuovere un po’ le acque dello stagno italiano.

«La crisi e la crescita allarmante della disoccupazione e una pressione fiscale, locale e nazionale, che anche nel 2014 rimarrà a livelli intollerabili, rischiano di prolungare i loro effetti sulle imprese, già stremate da forti difficoltà, e provocare un ulteriore impoverimento delle famiglie», ha dichiarato nell’annunciare la manifestazione di piazza il presidente, portavoce per questo semestre, Marco Venturi. Abbiamo forti dubbi che possa sortire qualche effetto e pressione sul futuro governo. A meno che le manifestazioni si susseguano con tale frequenza da creare un disagio concreto. Ma le Partite Iva e i piccoli devono fatturare per vivere e se manifestano non fatturano. Siamo però dell’idea che l’importanza della manifestazione di oggi, martedì 18 febbraio, stia nella prospettiva di ricreare una classe di lavoratori/imprenditori che nell’ultimo decennio si è frammentata. Abbandonata dai vertici delle rispettive associazioni che non hanno mai avuto il coraggio di ribellarsi alle logiche politiche ma hanno al contrario cercato compromessi con i palazzi romani. E lasciato i piccoli in balia delle false promesse di ministri, sottosegretari e presidenti del Consiglio.

Esempi? Ce ne sono infiniti. Tralasciando il bla bla pre-elettorale del tipo «abbassare la pressione fiscale», molte promesse sono arrivate nelle commissioni parlamentari e poi naufragate sotto la scure della ragioneria dello Stato facendo capire chi in realtà ha potere in Italia. Più volte dopo che Vincenzo Visco ebbe a peggiorare la norma sulla deducibilità degli interessi passivi, Giulio Tremonti promise di togliere o alzare il limite legato al Rol (reddito operativo lordo, ndr). Una cosa ovvia e di buon senso costituzionale. Primo, molte aziende si trovano di fatto a pagare tasse sui debiti (per sintetizzare) e soprattutto a parità di fatturato due aziende si trovano con pressione fiscale diversa in base alla tipologia di attività e di esposizione. Inutile dire che nessuno ha modificato la norma. Sarebbe stata cosa buona e soprattutto giusta. Invece le Partite Iva sono passate oltre prese da altre problematiche più gravi. 

Dimenticare e perdonare è stato un errore. Perché a forza di cedere le categorie hanno accettato pure l’insulto secondo cui un acconto (Ires e Irap) possa diventare un saldo al 102,5% , che il Pos diventi obbligatorio (sopra un certo fatturato) per legge senza che alle banche venga imposto un tetto dei costi di gestione. Lo statalismo stalinista in economia dovrebbe almeno valere per tutte le parti. Non è cosa. E la bestia della burocrazia vuole sempre di più. Tant’è che è arrivata l’ultima batosta: la piccola mobilità per i dipendenti delle Pmi è stata di fatto abolita perché non ci sono le coperture finanziarie. Lavoratori di serie B rispetto a quel che resta della grande industria. 

«Questa ingiustizia però non l’abbiamo accettata ed è per questo che partecipiamo alla manifestazione a Roma», commenta Mario Pozza presidente di Confartigianato Treviso, «abbiamo scritto a Giorgio Napolitano perché intervenga per bloccare ripristinare una norma già esistente». Era già infatti sul tavolo il rifinanziamento dell’incentivo previsto dalla legge 236/93 che ha assicurato sino al 31 dicembre 2012 la possibilità agli imprenditori di assumere lavoratori licenziati. Una misura che cercava di arginare l’emorragia di posti di lavoro persi nella piccole imprese, incentivando l’assorbimento dei lavoratori da parte di imprese sane che potevano beneficiare di sgravi contributivi.

Il paradosso, come segnalato da Pozza, è che le aziende che hanno assunto entro il 31 dicembre 2012 dovranno restituire gli incentivi ricevuti per gli anni 2013 e 2014. Una decisione del legislatore che riguarda 21mila assunzioni ora a rischio di contenzioso con l’Inps solo in Veneto. «Non basterà manifestare una volta sola», conclude Pozza, «dovremo farci sentire e andare avanti. Altrimenti finiremo con l’accettare anche in futuro ciò che abbiamo subito in passato». Il riferimento è chiaramente all’ultimo sopruso di Stato. Dopo l’emendamento che consentiva la compensazione tra cartelle esattoriali e crediti della Pa, la solita Ragioneria dello Stato è intervenuta e ha bloccato tutto. Per la precisione, ha fatto slittare il tutto a data da destinarsi. Motivazione? Sarebbe servita una copertura. In caso contrario nel 2014 ci sarebbe stato minor gettito. Un insulto all’intelligenza. Se un privato mettesse i debiti nella voce degli attivi come lo definireste?

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