Alessandro Baricco non sarà ministro dei Beni Culturali nel nuovo governo di Matteo Renzi. Lo ha annunciato lo scrittore torinese alla fine di una giornata convulsa, tra le consultazioni del presidente della Repubblica a Roma e quelle del segretario del Partito Democratico a Firenze per l’esecutivo che dovrebbe prendere forma la prossima settimana. Baricco è stato insieme con l’amministratore delegato di Luxottica, Andrea Guerra, tra i “consultati” del premier in pectore. Al termine dell’incontro l’autore di «Castelli di Rabbia» ha spiegato: «Io ministro? No, sono assolutamente convinto di non avere il talento per fare questo». É lo stesso copione rivisto alle politiche, quando lo scrittore era in odore di candidatura. Baricco è una delle eminenze grigie più ascoltate dal rottamatore fiorentino. Talvolta è stato suo ghost writer, anche se Renzi preferisce l’amico Dario Parrini, deputato e candidato unico alla segreteria regionale del Pd in Toscana. A Torino e Firenze sono in tanti a sostenerlo come ministro. Lui stesso, sostiene chi lo conosce, non avrebbe disdegnato l’incarico.
A quanto pare, però, sulla scelta sarebbe pesato il groviglio di «interessi» dello scrittore, presidente della scuola Holden di Torino, fucina dei nuovi scrittori italiani, controllata dal 2013 dal Gruppo Feltrinelli insieme con Eataly di Oscar Farinetti. Un incrocio delicato, di puro establishment renziano, ma soprattutto un groviglio di interessi economici. Nel consiglio di amministrazione della Holden siede Marco Carrai, il Richelieu e Gran Ciambellano di Renzi, consigliere economico, fund raiser, tesoriere, pierre nella finanza, secondo alcuni candidato in queste ore al ruolo di sottosegretario alla presidenza del consiglio: ruolo che fu di Gianni Letta per Silvio Berlusconi. La matassa rischiava di aggrovigliarsi, nel pubblico e nel privato, anche perché la Scuola Holden, nata nel 1994, in questi anni ha beneficiato di aiuti da parte del comune di Torino e della Regione Piemonte. Non solo. Nell’ultimo anno la Holden si è allargata, ha ampliato il numero di iscrizioni e i bilanci sono in rosso.
Del resto, il nome di Baricco alla Cultura ha scatenato all’inizio di questa settimana faide e veleni, soprattutto a Torino, dove gli operatori culturali sotto la Mole Antonelliana soffrono della crisi economica e della mancanza di fondi. E due giorni fa, durante un incontro all’Agis con gli operatori del teatro e della Danza, Beppe Novello, potente direttore della Fondazione Teatro Piemonte Europa, stimato all’estero, ha tuonato: «Ho letto che è il maggior candidato al ministero della Cultura, con Renzi. Mi è sono ricordato un articolo che scrisse su Repubblica contro i soldi pubblici alla cultura. Proprio lui. Uno che ha passato mezza vita fra Rai e enti lirici, ricevendo indirettamente soldi pubblici. Alle primarie ho votato Renzi, ma adesso mi viene da passare a Storace. Baricco ministro della Cultura, con certe idee, è una follia italiana». Frasi che poco sono filtrate sui quotidiani, ma che tra gli addetti ai lavori hanno avuto l’effetto di una bomba atomica.
A questo si aggiunga che a Torino è ancora fresca una polemica del 2013, quando la Holden si aggiudicò l’ex caserma militare Cavalli di Borgo Dora, 1000 mq di spazio, lasciata nel degrado per più di trent’anni. Paola Ambrogio, consigliere comunale di Fratelli d’Italia, fece un’interrogazione dove si domandava se non fosse stata una scelta «inopportuna» da parte della giunta di Piero Fassino, per una scuola che chiede una retta annua di quasi 10mila euro. Nella risposta il comune spiegò i motivi della scelta, ricordando il progetto di rivalutazione dell’area e l’impegno da parte della proprietà a ristrutturare l’immobile. La gara è stata vinta regolarmente. Per i primi dieci anni la scuola di Baricco pagherà mille euro all’anno, poi passerà a 27mila. Allo stesso tempo la Holden si è impegnata a ristrutturare lo spazio per 3 milioni e 300 mila euro: una cifra di certo molto consistente.
La formazione del governo Renzi avanza tra difficoltà e incastri da trovare. Di certo la scelta di un nome come Baricco avrebbe scatenato polemiche di ogni tipo nel settore dei beni culturali, dove le fondazioni la fanno da padrona. Qualche tempo fa un articolo su Repubblica, dove chiedeva di spostare i finanziamenti pubblici «nella scuola e nella televisione», scatenò un putiferio. «Spero e credo che con Matteo troveremo il modo di lavorare insieme su un tema che sta a cuore a entrambi e che è un punto forte del suo programma: quello dell’educazione» ha detto oggi lo scrittore. E intanto per la Cultura qualcuno fa addirittura il nome di Maria Elena Boschi, renziana di ferro.