Gli Usa scoprono il bio, ma un americano su tre è obeso

Giro d’affari da 30 miliardi di dollari

NEW YORK – Le vendite di cibo biologico negli Stati Uniti sono cresciute stabilmente negli ultimi dieci anni. Il giro d’affari ha superato i 30 miliardi di dollari. Eppure il numero di obesi non accenna a diminuire. Sembra un paradosso, ma non lo è. Larga parte della popolazione americana non si può permettere frutta e verdura sana, non ha supermercati decenti vicino a casa, e a volte manca la cultura alimentare necessaria per capire che una bomba calorica in meno oggi può risparmiare seccature domani.

Per intuire la situazione si può fare un breve viaggio urbano a New York. Si parte da Columbus Circle, dal supermercato “Whole Foods Market”, anche detto familiarmente “Whole PayCheck” (perché per farci la spesa parte tutto lo stipendio), un tempio del food di qualità in cui un pacchetto di lattuga lavata ti costa quanto un pranzo completo da McDonald’s. Nella sezione frutta e verdura la parola “organic”, biologico, punteggia le etichette, e tra le scintillanti corsie si scorgono tipi magri come biscotti, gente di stazza normale, forse qualche tizio lievemente sovrappeso, ma ben pochi obesi.

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Poi si può scendere in metropolitana e salire sul treno 6, direzione Bronx. Via via che si risalgono le fermate i nostri compagni di viaggio entrano ed escono, ma sembrano sempre più sovrappeso. E quando usciamo in strada alla stazione Third Avenue & 138th Street nel cuore della parte meridionale del Bronx, in una zona nota come Mott Haven, vedere persone con molti chili di troppo è quasi la norma. Dopo aver camminato senza meta per qualche isolato, ci si pone una domanda: dove sono i supermarket? Non se ne vedono. Eccoci in quello che qui chiamano un “food desert”, un’area dove i residenti sono “low-income”, ovvero hanno portafogli semi-vuoti. Da queste parti nessun gran supermercato (e neppure quelli più modesti) è disposto ad aprire, perché il gioco non vale la candela.

Gli unici negozi in cui si può comprare qualcosa da mangiare sono le “bodegas”, piccoli alimentari-bazar zeppi di bibite gassate, patatine fritte, snack burrosi, caramelle, dolci iperzuccherati, e dove frutta e verdura, se c’è, viene relegata in spazi minimi, e i prezzi sono gonfiati. Per chi vuole risparmiare, però, c’è ampia scelta di ristoranti fast-food, da McDonald’s a Burger King, da Chipotle a Taco Bell. Per gli amanti del genere è una pacchia.

Il risultato è che il South Bronx (di cui Mott Haven fa parte) costituisce una tra le aree urbane a maggiore concentrazione di obesi negli Stati Uniti. Lo è una persona su quattro. Malattie direttamente associate al peso come il diabete sono molto più frequenti del normale. Chi vive qui, in pratica, ha oltre il doppio delle probabilità di contrarre il diabete rispetto alla media di New York.

Si è parlato di New York, ma a livello nazionale – da Chicago a Detroit, da Minneapolis a San Francisco – la situazione è simile: i supermercati di maggiore qualità non hanno interesse ad aprire in quartieri messi male economicamente, ed ecco che le opzioni salutari per i residenti non sono molte, si riducono alle supersalate “bodegas” (altrove chiamate “corner store”) oppure ai noti ristoranti veloci. Questa tesi non è sposata da tutti gli studi, e il tema della responsabilità individuale non va trascurato, ma certo esplorando quartieri come il South Bronx sembra che il limitato accesso a supermercati con cibi passabili, giochi un ruolo non secondario. Ne è convinta anche Michelle Obama, che quattro anni fa ha lanciato la battaglia contro l’obesità, soprattutto quella infantile, con l’iniziativa “Let’s Move!,” il che vuol dire sostanzialmente diamoci una mossa a mangiare un pò meglio (e magari rinunciamo a un pò di frittume e secchielli di bibite piene di bollicine).

In un incontro nel South Side di Chicago, un’altra di quelle zone urbane dove trovare cibo di qualità non è uno scherzo, la signora Obama ha detto che “in troppi quartieri in America chi vuole una lattuga o un’insalata mista o qualche frutto da mettere nello zaino dei figli prima di andare a scuola, deve prendere due o tre autobus, e magari pure pagare un taxi per arrivare a destinazione”. L’impegno della First Lady su questo fronte è costante, come dimostra lo spot qui sotto, realizzato in occasione della visita alla Casa Bianca dei Miami Heat, squadra di basket Nba campione in carica. 

Da quattro anni a questa parte Michelle ha incontrato governatori, sindaci, presidi e amministratori delegati di catene di supermercati (per esempio il gigante Walmart) e catene di fast-food (vedi McDonald’s) chiedendo di costruire più piste ciclabili e parchi, servire pasti più leggeri nelle mense scolastiche, ridurre gli zuccheri negli alimenti dei supermarket. 

Organizzazioni impegnate da tempo su questo fronte spiegano che la discesa in campo della signora Obama è un canestro da tre punti: “Michelle è un pungolo importante per tutti noi,” ha spiegato a Linkiesta Nancy Brown, a.d. della American Heart Association. Ma nonostante il boom del biologico e dei farm market, che spopolano in numerose città, la strada verso un’alimentazione più sana in America è ancora in salita. Basta scorrere i dati nazionali del National Center for Health. Più di un terzo degli americani adulti è obeso: pesa almeno 16 kg in più di quanto sarebbe nella norma. Si tratta di ben 78 milioni di persone.  

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