La sfida maggiore di lungo periodo per le economie avanzate è quella di coniugare le risorse di welfare state necessarie per una popolazione in forte invecchiamento e il lavoro necessario a finanziarle. Forse non ce ne rendiamo ancora totalmente conto, ma la quota degli ultra ottantenni nella popolazione è già attorno al 6% in Italia, secondo paese dopo il Giappone per quanto riguarda questo indicatore. Data la natalità e la dinamica delle aspettative di vita in continua crescita questa quota è prevista in aumento fino a quasi il 14% della popolazione nel 2050. È un numero da brividi, se si pensa che le spese sanitarie e pensionistiche legate a una popolazione in forte invecchiamento rischiano di essere una bomba ad orologeria se non gestite con politiche pubbliche mirate e ben disegnate con adeguato anticipo. Sembra necessario, soprattutto per il nostro paese, che il tasso di occupazione a partire dai 55 anni aumenti sensibilmente, e non come mero effetto causato, ma accompagnato da politiche attive del lavoro che – in particolar modo per queste classi di età – devono accompagnare il lavoratore anziano che perde il lavoro verso un nuovo impiego, piuttosto che verso la pensione anticipata. Con salari fermi al palo, produttività stagnante, e tassi di occupazione in salita ma ancora molto bassi se paragonati alla media Ocse, il rischio è o quello di un impoverimento generalizzato delle persone anziane negli anni a venire, o lo strangolamento da pressione fiscale sui redditi di lavoro necessario a finanziare le spese pubbliche legate alla ageing society.
13 Febbraio 2014