Vuoi ottenere un passaporto Ue? Hai tre possibilità. Sperare che il tuo Paese aderisca all’Unione, come ha fatto la Croazia lo scorso luglio e come chiedono molti ucraini in questi giorni di ferro e fuoco. Affidarti ai marosi del Mediterraneo con la speranza di arrivare sano e salvo e ottenere asilo politico. Oppure, più semplicemente, avere denaro sonante.
«Gli Stati membri vogliono davvero che un russo atterri con il suo jet privato e possa comprarsi un passaporto, mentre un rifugiato che arriva in barcone attraverso il Mediterraneo deve tornare indietro?». La domanda, in pieno dibattito sulla libera circolazione dei cittadini in Europa, l’aveva posta la deputata socialdemocratica olandese Emine Bozkurt. Ed è che da pochi giorni la Henley & Partners, società britannica specializzata in «soluzioni per la cittadinanza», sta ultimando scartoffie per rilasciare passaporti col timbro de La Valletta.
Per far cassa, entro febbraio Malta venderà 1.800 cittadinanze al prezzo di 650 mila euro (dai 25 ai 50mila per coniuge e figlio), con qualche clausola in più. Il dibattito, finito a Bruxelles a metà gennaio e capeggiato da un allarmato Commissario per la giustizia Viviane Reding, si è concluso con alcune misure restrittive: l’acquisto di un immobile del valore di 350 mila euro sul territorio maltese, l’investimento in azioni del Paese per 150 mila euro e una presenza comprovata sul territorio di almeno 12 mesi.
Insomma, comunque sia, Malta «rischia di diventare una strada secondaria per poter avere accesso e risiedere ovunque nell’Ue», scriveva già a dicembre il Financial Times in un editoriale dal titolo ben indovinato: Cash for passport. Così mentre la Reding redarguiva tutti, invocando lo spirito di cooperazione sincera tra i soci europei e il rispetto delle norme del diritto pubblico internazionale, gli investitori si alleggerivano il portafoglio in attesa di sfoggiare un passaporto nuovo di zecca targato Ue.
Ma tant’è. Tra crisi finanziaria, misure di austerità e una politica comunitaria che fa acqua da più parti, si salvi chi può. E Malta è libera di sfornare una legge del tutto legale – e venale – per facoltosi e privilegiati. La crisi economica non passa però solo da La Valletta. A ben difendersi per il premier Joseph Muscat, il dibattito che si è scatenato nelle scorse settimane non ha molto senso: «Non è vero che Malta sta imboccando la strada sbagliata. Ci sono molti Paesi che lo fanno», ha detto alla stampa. Toccata e fuga che ha fatto aprire gli occhi all’Europarlamento.
Spagna, Portogallo, Cipro, Gran Bretagna, Irlanda, Austria e Bulgaria sono alcuni degli Stati dove basta avere quattrini in tasca per risiedere od ottenere la cittadinanza. I periodi di attesa sono un po’ più lunghi, i requisiti più severi e i prezzi molto differenti. Mentre in Portogallo basta comprare un casa da 500mila euro in Gran Bretagna è necessario sborsare oltre un milione. Ma d’altronde il timbro di Sua Maestà è superiore agli altri Paesi dell’Ue, perché offre maggiori possibilità di spostarsi in libertà. Insomma, almeno una decina di Stati offrono già un servizio agli extracomunitari danarosi: chiamasi «programma di residenza per investimento».
I meccanismi per comprarsi la cittadinanza Ue in sostanza si raggruppano in tre grandi categorie: da una parte ci sono Stati come Malta e Cipro, dove i passaporti possono essere acquistati in cambio di investimenti in bond e azioni o con denaro contante. In mezzo c’è una lunga lista di Paesi – Portogallo, Spagna, Irlanda, Grecia, Lettonia, Austria, Regno Unito – dove, attraverso l’acquisto di un immobile, investendo in debito pubblico o aprendo una società, si ottiene la residenza. E di norma, dopo qualche anno, la residenza implica la nazionalità. Infine ci sono casi considerati di interesse nazionale, dove più di una ventina di Paesi membri concedono la cittadinanza a sportivi, artisti o imprenditori che hanno fatto bene allo Stato.
Fatta salva la terza categoria, nell’ultimo anno e mezzo questo fenomeno pare sia vertiginosamente aumentato. Non esistono dati globali, ma alcune società che gestiscono e rilasciano permessi confermano che si tratta di un mercato in auge. Le richieste arrivano dall’Africa, dall’Est Europa e dall’Oriente in cerca di sicurezza, affari e vita europea.
Portogallo e Malta sono tra gli Stati preferiti: secondo i dati del ministero degli Interni di Lisbona circa 470 extracomunitari hanno approfittato del programma di residenza nel 2013. La maggior parte erano cinesi, russi e brasiliani. Per molti spesso si tratta di prestigio sociale. Ma resta il fatto che sono i soldi a decidere. E non è detto che chi li possegga, abbia sempre buone intenzioni.
In pieno dibattito sulla questione maltese, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione non vincolante: si aspetta che «tutti gli Stati membri attuino in maniera responsabile per preservare i valori e i traguardi comuni dell’Unione, e detti valori e successi sono inestimabili e non possono avere attaccata un’etichetta col prezzo». Ma, come fa sapere la Commissione europea, ad avere l’ultima parola sono i Paesi membri, e decidere a chi e come dare la nazionalità è di loro stretta competenza.
Gli esperti dicono che le nuove politiche non cambieranno granché il flusso né la demografia del Vecchio continente, perché in fin dei conti i miliardari che vogliono e possono comprare un passaporto Ue non sono poi così tanti. Forse però la questione andrebbe posta in maniera diversa: è giusto svalutare il concetto di cittadinanza europea? Ed è giusto che il criterio per ottenerla sia l’investimento economico? A quanto pare, almeno per il momento, sì.