Serie mon amourIl sesso e la grande ipocrisia della tv italiana

Da Spartacus a Sex Box

In America, un paio di settimane fa, è iniziata Black Sails, che potremmo benissimo definire una serie sui pirati, ma sarebbe scorretto. È iniziata Black Sails, una serie su tette, lati B (ma anche lati A, se dobbiamo dirla tutta), scene di sesso (etero e omo), orgie, e sì, anche pirati. Okay, la presentazione non è delle migliori e forse è un po’ prevenuta: la storia del resto non è malvagia, lo show assolutamente godibile, ma come molti dei prodotti firmati Starz è volutamente eccessiva. In tutto. Sesso e sangue, in primis. Chi conosce la tv via cavo americana sa che questo è il suo marchio di fabbrica: l’esempio più lampante (e più riuscito) è stato Spartacus che ha regalato alcune delle scene più violente e hard che la televisione abbia mai trasmesso (chi non è rimasto scioccato — e lo resterà a vita — dall’impulso carnale tra Ilithyia e Gaio Claudio Gabro nella piscina colma di sangue, subito dopo aver ucciso la mistress di quest’ultimo?).

Insomma, finito Spartacus, l’emittente si è messa all’opera per cercare un sostituto. E l’ha trovato. Black Sails da noi non è ancora arrivato e chissà se arriverà mai. La serie osé sul gladiatore ribelle, sullo schiavo che osò sfidare l’Impero romano, era riuscita a conquistare uno spazio nel palinsesto nostrano: Sky l’aveva trasmesso in versione censurata in prima serata, senza filtri in seconda. Ma qui c’era un interesse storico (la vicenda di Spartacus è infatti una delle pagine della storia del nostro Paese) che ha offuscato almeno parzialmente quel tabù tutto tricolore che è il sesso.

Perché vuoi che se ne dica, sul sesso (televisivo) gli italiani sono ipocriti. Dicono che non lo vogliono, poi Milano e Roma svettano in testa alla classifica mondiale delle città con maggior numero di accessi a YouPorn, superando di gran lunga New York e Los Angeles, come testimoniano i dati diffusi nel 2013 dal noto portale di filmati pornografici. Le associazioni (da quelle religiose a quelle dei genitori) scattano sull’attenti ogni qualvolta che le telecamere, durante una serie televisiva, inquadrano attimi intimi o approcci omosessuali. Poi tacciono di fronte alle derive trash di tutti quegli show che si autoproclamano reali, dove il fulcro del divertimento consiste nel vedere i partecipanti litigare o nello sperare che copulino appositamente (ma anche no) nascosti dalle telecamere. Come se non bastasse c’è un altro aspetto grottesco: sono tutti pronti a battere i piedi per tutelare i minori dalle oscenità della finzione televisiva, quando mamme e papà regalano tablet e cellulari ultima generazione con accesso a internet ai propri figli, dai quali questi potrebbero scaricare porcherie di ogni tipo.

Però il sesso e il nudo, a parole, sono ancora off limits. Il gap culturale con gli altri Paesi è enorme: serie come Black Sails, Spartacus, Game of Thrones, Masters of Sex, Orange is The New Black, Looking, Diario di una squillo per bene, Hung e Femme Fatales noi non le produrremmo mai (nell’ultimo caso possiamo dire “per fortuna”, Femme Fatales è una cosa brutta, brutta, ma proprio brutta). Agli occhi dei benpensanti la crudezza di queste produzioni cozza con l’immagine pulita (?) e casta (?) del Bel Paese. Alcune di queste, molto probabilmente non le vedremo nemmeno (a patto che non ce le rifilino a tarda notte), accrescendo quel divario culturale che ci allontana dal resto del mondo.

In moltissimi Paesi stranieri, infatti, il sesso viene studiato, analizzato e discusso, in modi che noi non potremmo nemmeno immaginarci, in alcuni casi con più malizia in altri con meno: negli States va in onda Sex Sent Me to the ER, letteralmente “il sesso mi ha mandato al pronto soccorso”, uno show che offre una carrellata di incidenti avvenuti durante momenti bollenti. In Germania a trasmettere Make Love è addirittura la televisione pubblica: si tratta di un programma di educazione sessuale che non risparmia scene esplicite e piccanti. In Gran Bretagna è partito Sex Box, dove si fa sesso (ma non si vede), si discute di sesso e — il format è quello del reality — si vota persino la performance migliore.

Da noi, invece, si considera “depravato” e “pornografico” Game of Thrones (parole dell’Aiart), e ci si indigna se la domenica pomeriggio Barbara D’Urso, in TV, parla di violenza di minori, scandali e dipendenze sessuali. Beh, trovate le differenze.

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