Purtroppo è vero: il derby tra Matteo Renzi ed Enrico Letta è iniziato da solo due mesi, ma gli effetti sulla scena sono già così deprimenti, per gli elettori della sinistra, che si rimpiangono le guerre veltro-dalemiane come un punto alto della storia dell’Occidente: al cospetto di questa faida, quello era un conflitto sui valori, una sfida epica, combattuta, feroce e avvincente, mentre quella tra i due scout mannari post democristiani è noiosa come una fiction portoghese. La sfida, come scopriremo tra poco, è anche vero motivo delle lacrime di Mario Balotelli.
Mica male per un rapporto iniziato solennemente il 9 dicembre con la storica dichiarazione di Matteo: «Letta ha la mia piena fiducia» (pensate se non l’avesse avuta, come finiva) e proseguito solo un mese dopo con la celebre intervista del sindaco di Firenze ad Aldo Cazzullo: «Letta non si fida di me» (e te credo). Ecco perché si possono immaginare le leggi quasi scientifiche che regolano questo rapporto: nei giorni pari Renzi propone a se stesso di diventare il successore di Letta, mette in giro la voce per sondare le reazioni, è sorpreso dal numero dei consensi che raccoglie, fatica a convincersi che rifiutare la presidenza del consiglio sarebbe un errore, ma alla fine ci riesce.
Nei giorni dispari polemizza fortemente con chi gli attribuisce questa intenzione, forse si ricorda persino di essere già segretario di un partito, candidato premier e (nei ritagli di tempo) sindaco di Firenze: fatica a convincere se stesso che accettare la presidenza del Consiglio sarebbe un errore, ma ci riesce, e concede un’intervista per spiegare che non gli passa nemmeno per la testa. Letta nei giorni pari prepara il rimpasto aiutandosi con le quotazioni del fantacalcio, e nei giorni dispari si dispera perché Renzi gli boccia la lista. Un giorno a settimana i due si fanno fotografare insieme sorridenti in felpa, per smentire le voci e i retroscena tendenziosi. Un weekend al mese si trovano in direzione dove peró scoprono di non essere d’accordo. Letta va ospite dalla Gruber e fa una battuta acida, Renzi concede a Signorini l’esclusiva delle sue foto da scout per Chi.
Il lunedì Letta esasperato minaccia le dimissioni. Il martedì Renzi fa sapere che le accoglierà volentieri. Il mercoledì Letta rinuncia alle dimissioni e fa sapere in un retroscena del Corriere della Sera che venderà cara la pelle. Il giovedì elabora una contromossa spietata e propone di nominare i renziani Boschi e Nardella ministri. Il venerdì Renzi fa sapere alla Boschi e Nardella che se accettano di fare i ministri con Letta gli ritira la tessera sconto da Eataly. In serata la Boschi e Nardella fanno sapere che non accetteranno l’incarico di ministri e Letta rinuncia a nominarli. Il sabato mattina Renzi dichiara che se Letta vuole fare un rimpasto è libero di farlo con chi vuole. In serata Letta sonda Mario Balotelli per sapere se è disposto a prendere il posto di Cecyle Kienge, e raffaella Fico per sostituire la De Girolamo all’agricoltura. Domenica mattina Matteo fa sapere a Balotelli che se accetta la poltrona di ministro chiederà a Verdini di farlo mettere fuori squadra nel Milan da Berlusconi, altrimenti non vota le preferenze bloccate nell’Italicum.
Balotelli viene a sapere del veto, chiama la Boschi e Nardella per chiedere cosa fare, loro gli consigliano di rifiutare la proposta di Letta. Letta chiama la Fico che gli dice di essere contenta della nomina perché al ministero ha trovato la culla con cui, mentre allattava la De Girolamo, discuteva la gestione di un chiosco di granite di Ceppaloni, e gli chiede di non far più vedere la figlia Pia al campione rossonero. Balotelli distrutto dal ricatto chiede a Seedorf (mozione Cuperlo) di essere sostituito, si siede in panchina e scoppia a piangere perché gli crollano i nervi. Oggi si ricomincia con un attestato di stima di Renzi a Letta, e con un programma di governo inviato da Letta a Renzi per le correzioni. La Fico fa sapere che vuole la tessera sconto di Eataly e anche di Prénatal per Pia: sennò si dimette e dà in affidamento Pia alla Madia.