L’attivismo in pigiama funziona?

SORVEGLIANZA E ATTIVISMO

Può una protesta internet fermare la NSA? la risposta se la dava già nel sottotitolo alla domanda theVerge: no. 

Il successo del 18 gennaio 2012, il giorno in cui Wikipedia si era oscurata per dodici lunghe ore, dandoci l’assaggio di “un mondo senza conoscenza libera”, e creando il panico tra tutti noi, ha spinto gli organizzatori a riprovarci. Due anni fa si manifestava uniti contro il SOPA, la legislazione anti-pirateria che avrebbe favorito Hollywood ma danneggiato i consumatori.

L’undici febbraio è successo con The Day we fight back, l’hanno chiamata così la giornata in cui internet (molto ottimisticamente, diciamo) e tutti noi connessi alla rete, diciamo no alla sorveglianza di massa dell’apparato segreto (lo è ancora?) statunitense. “Nel gennaio 2012 abbiamo sconfitto la censura di SOPA e PIPA con la più grande protesta di Internet nella storia”, dice il sito ufficiale di The Day We Fight Back,”oggi siamo di fronte a un’altra minaccia”.

Se l’obiettivo del blackout 2012 era di spronare l’attivismo dal basso (si chiedeva di inviare al Congresso una mail), la nuova iniziativa è il tentativo di smantellare un sistema governativo presente da anni a colpi di banner. L’idea di manifestare in pigiama contro lo Stato di controllo però non è stata accolta da tutti. Wikipedia questa volta non ha partecipato. Reddit ha aggiunto un banner. Tumblr, Mozilla e DuckduckGo, pur simpatizzando con la protesta, non hanno incluso alcun banner nel loro sito. Il New York Times, in “il giorno in cui internet non ha combattuto” scrive che l’unica protesta rilevante è stata quella dei gruppi di attivisti: dell’Electronic Frontier Foundation all’American Civil Liberties Union, da Amnesty International a Greenpeace. Gente abituata, insomma.

Le otto maggiori compagnie: Google, Microsoft, Facebook, Aol, Apple, Twitter, Yahoo e LinkedIn, che lo scorso dicembre si schierarono per una “riforma governativa della sorveglianza”, hanno partecipato aggiungendo un banner al loro sito ufficiale per la riforma del controllo governativo. Qual è la differenza tra due anni fa e oggi? Il New York Times sostiene che due anni fa tentavamo di spronare una nuova legislazione, martedì invece chiedevamo di dissotterrare un complesso sistema di sorveglianza multi miliardario in vigore da anni. Quindi ha funzionato? Pare di no. I numeri non sono così scoraggianti: 70.000 chiamate verso i legislatori e 150.000 email ai propri rappresentanti politici. 

La manifestazione era due volte lo stadio del Michigan (capienza oltre duecento mila persone), se si fossero organizzati con cartelli anziché intasando le mail, avrebbero raggiunto lo scopo? Un post su Reddit ha generato oltre 3.5000 commenti. Sebbene, come spiega il New York Times, la maggiorparte fossero una variazione di: «Petizioni online. Il minimo che si può fare, senza fare nulla». Se ci pensiamo è strano: perché mai delle persone in una strada dovrebbero essere un soggetto politico più rappresentativo di persone che decidono di cliccare su un banner il proprio dissenso? È la fatica di camminare e mostrarsi che rende una manifestazione politica riuscita? È la rilevanza nei mass media (articoli, foto, interviste) a generare una risposta? Se pensiamo all’attivismo da poltrona, come lo chiama Morozov, o all’idea di salvare qualsiasi cosa con un click, come nel suo ultimo libro, l’idea di delegare alla tecnologia le grandi battaglie politiche della nostra vita appare nella migliore delle ipotesi come un eccesso di ottimismo tecnologico, nella peggiore come una distopia in cui ci de-responsabilizziamo con un click. L’attivismo online forse non salverà il mondo ma di sicuro ci risparmia l’incomodo della polizia che ci controlla i dati. Per ora.

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