LINK YOUNGOlimpiadi sotto zero

LINK YOUNG

Si interrompa ogni cosa, si trattenga il fiato, si blocchi il traffico, si sospendano le guerre, si fermi il mondo! Per un paio di settimane mettiamoci comodi accanto al camino, di fronte alla tivù, con una copertina sulle ginocchia e una tazza fumante di cioccolato con panna a scaldare i polpastrelli: sono in programma i Giochi Olimpici invernali. Chi corre, chi scende, chi salta, chi cade, chi rotola, chi sfreccia, chi arranca… Ce n’è per tutti gli stili e per tutti i gusti. E se nevica, tanto meglio!

Il racconto

SULL’OLIMPO IMBIANCATO

Si svegliò molto presto al mattino, quel mattino, Zeus, raggiunto nel sonno da un refolo d’aria più fredda che fresca. Barcollò alla finestra con vista sull’Olimpo e si guardò intorno con aria sorpresa, mentre si affrettava ad avvolgere il collo in una sciarpa di lana.

«Afrodite! – strillò – Afrodite, cos’è ’sta roba?!»

«È neve, babbo, è neve.» Rispose lei, cominciando a rassettare la stanza.

Abituato com’era al cielo terso, al tepore dell’aria, a un tuffo tra le onde del mare, il vecchio Zeus restò un po’ sconcertato da quel bianco dappertutto. Come ogni mattino sarebbe anche uscito per la sua consueta passeggiata, ma sai che freddo alle piante dei piedi?! E sai che figura, se fosse scivolato e finito gambe all’aria davanti a tutti?!

Apollo, là fuori, al contrario si stava divertendo come non mai. Già era veloce di suo: sul ghiaccio ancora di più. Sfrecciava beato, che era difficile stargli dietro anche con lo sguardo; piroettava, roteava e saltava, che era una meraviglia.

Eros, riparato sotto un pino, ammirava il paesaggio romantico, ideale per qualche fuga d’amore e per rotolarsi, innamorati, nella neve fresca.

Elena si affrettava a ritirare la biancheria, che aveva steso la sera prima e giammai si sarebbe aspettata di trovarla ghiacciata e ricoperta di fiocchi.

Fu un mattino insolito, quel mattino, e Zeus non riuscì a trattenere un moto di stizza.

«Le Olimpiadi, le Olimpiadi! – continuò a strillare – Come cavolo facciamo a organizzare le Olimpiadi con tutta questa neve dappertutto?!»

Ci fu un istante di silenzio, tra gli dei.

«Le gare di nuoto nelle piscine ghiacciate?!» Brontolava.

«La maratona con la neve alle ginocchia?!» Protestava.

«Il lancio del disco a venti sotto zero?! E i cento metri? E il salto in lungo? E il salto in alto?!»

«I miei begli atleti tutti nudi – concluse – si prenderanno il raffreddore!»

Difficile non concordare sulla difficoltà della situazione, ma Persefone, Dioniso e Perseo non vedevano l’ora di giocare a palle di neve e avrebbero senz’altro affrontato il problema in un altro momento.

Finché non arrivò il postino, arrancando nella neve fresca, con una lettera tra le dita, giunta da qualche posto lontano su al Nord.

Zeus la prese, offrì una calda tazza di tè al messaggero, quindi si accomodò accanto al camino e la aprì. Era del suo collega Odino, quella missiva e, dopo i saluti di rito, conteneva una proposta niente male.

«Karo amiko kreko, – scriveva Odino, con il suo marcato accento germanico – non è ke ti andreppe ti orkanizzare telle pelle Olimpiati anke nei mesi più freddi, kosì ci si skalta un po’?»

«Talle nostre parti – continuava – appiamo infentato tegli sport molto tifertenti e potremmo traskorrere un paio ti settimane in allekra kompagnia!» E a seguire c’erano quaranta pagine di strane discipline e regolamenti.

Zeus ci pensò un po’ su, ma neanche molto, poi tornò ad affacciarsi alla sua finestra, con vista sull’Olimpo così bianco. Una piccola folla si era radunata là fuori e i colori vivaci dei cappelli, dei guanti e delle sciarpe davano un tono vivace a tutto l’ambiente.

«Battete la neve sulla pista di discesa! – ordinò – Piazzate i paletti rossi e blu in quella di slalom! Lisciate il ghiaccio del laghetto per le gare di pattinaggio e mettete insieme i più robusti tra voi, in una imbattibile squadra di hockey!»

«Spianate la pista di sci di fondo! – continuò a ordinare – Costruite il trampolino per il salto! Tracciate la pista per il bob e lo slittino!»

«Sgomberate il braciere dalla neve – concluse – e raccogliete legna a sufficienza per farlo ardere per quindici giorni almeno!»

La giornata fu a dir poco frenetica e si lavorò alacremente anche nei giorni a seguire, mentre là fuori continuava a nevicare. Non ce ne fu uno che non portasse il proprio contributo all’organizzazione: mica si poteva essere da meno di quel biondo di un Odino?!

Quando ogni cosa fu pronta Zeus, soddisfatto e orgoglioso, diede il via alle gare e si accomodò in tribuna per assistere allo spettacolo.

E Odino?!

Orpo! Nella fretta e nel trambusto, Zeus si era dimenticato di rispondere al collega, per ringraziarlo dell’idea e invitarlo a competere con loro. Che figura! E che peccato! Vabbè, tutto sommato gli sarebbe bastato aspettare quattro anni soltanto e di nuovo si sarebbero divertiti sulle nevi dell’Olimpo.

La fotografia

Lo sport di squadra dei Giochi Olimpici invernali è l’hockey su ghiaccio, dove gli atleti si presentano bardati di tutto punto, con il casco sulla testa, i pattini ai piedi e la stecca nel guantone. E il portiere, che è più protetto ancora, con la maschera davanti al viso e le protezioni alle ginocchia.

Si gioca in sei contro sei, ma in realtà molti di più, perché si possono fare tutte le sostituzioni che si vuole, anche senza aspettare l’interruzione del gioco: dentro uno, fuori l’altro, purché sul ghiaccio si sia comunque in sei. Al posto della palla c’è un disco di plastica nera, molto duro, che scivola sul ghiaccio che è un piacere. Dietro le porte, infatti, c’è una rete che protegge il pubblico in curva, altrimenti i dentisti farebbero gli straordinari.

È uno sport molto spettacolare, l’hockey su ghiaccio, proprio perché a quella velocità è difficile capire tutto e quel che non si afferra lo si immagina. A volte si cade, si finisce contro la balaustra, si riceve qualche colpo proibito, ma al fischio della sirena vince comunque chi avrà fatto più goal.

Il video

 https://www.youtube.com/embed/r0kc0Tn6fj8/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

Primo grande eroe dello sci italiano fu Zeno Colò, montanaro toscano, che sulla neve pareva un principe. Siamo a metà del secolo scorso e bisogna pensare che l’equipaggiamento non era come quello di oggidì: gli sci erano di legno, gli attacchi a molla e gli scarponi erano più o meno come quelli che si usano per camminare. Ne consegue che le immagini di allora appaiono buffe e più simili ai dilettanti che ai professionisti, ma quel Zeno lì, ogni volta che scendeva, arrivava prima degli altri, anche senza troppa tecnologia.

La pagina web

Per assistere alle gare dei Giochi Olimpici puoi andare direttamente a Sochi, sulle rive del Mar Nero, attraversando la Slovenia, l’Ungheria e l’Ucraina per più di tremila chilometri in tutto. Se invece preferisci il divano c’è il telecomando e mille canali a tua disposizione. Ma per essere aggiornato in ogni istante e in ogni luogo, sull’autobus o nel sottoscala, nel cuore della notte o durante i pasti, l’ideale è cliccare qua e là, per scoprire chi sarà il prossimo campione olimpico e quale sarà la disciplina del giorno. È in inglese, ma comunque facile da navigare.

Ti consiglio un libro

René Goscinny e Albert Uderzo – Asterix alle Olimpiadi – Mondadori

Non si disputavano, al tempo dei Galli e dei Romani, i Giochi Olimpici invernali, ma la neve cadeva eccome. E se non c’era la neve ci si poteva sfidare sportivamente in qualche altra disciplina olimpica, meno fredda e più estiva. Te lo immagini Obelix impegnato in una discesa libera? Più devastante di una valanga! Il ringhiante Idefix ce lo vedo a volare nel salto con gli sci, mentre Panoramix lo farei piroettare con i pattini sul ghiaccio. E Asterix? Ad Asterix quale medaglia facciamo vincere?

I nostri eroi

La prima vittoria olimpica di un atleta italiano sulle nevi non fu di uno sciatore, né di una pattinatrice; non nel bob, né nell’hochey su ghiaccio. Il primo oro ghiacciato lo si deve alla specialità dello skeleton. Tutti noi siamo andati in slitta sulla neve, soprattutto da bambini. E tutti noi, nonostante le raccomandazioni di mammà, abbiamo provato anche a scendere su una slitta, stando sdraiati con la faccia avanti, nella speranza di non andare a sbattere contro il tronco di un pino. Ecco, quello è lo skeleton: lo slittino a testa avanti.

Il nostro eroe alle Olimpiadi di Sankt Moritz, in Svizzera, nel 1948, si chiamava Nino Bibbia, di Bianzone in Valtellina.

In realtà era specialista del bob ma, visto che una pista è comunque pur sempre una pista, già che c’era il Bibbia si iscrisse anche allo skeleton, preparandosi per questa nuova specialità per non più di un paio di settimane. Sarà stata la classica fortuna del principiante, sarà stato che Nino a Sankt Moritz ci abitava da un po’ e conosceva le curve, fatto sta che il 4 febbraio di quell’anno, sul gradino più alto del podio c’era proprio lui, a veder la bandiera salire, ascoltando con orgoglio l’inno nazionale.

Supercampione olimpico con il bob fu Augusto Monti, che in varie edizioni dei Giochi si portò a casa due ori, due argenti e due bronzi. La sua medaglia più brillante, però, fu quella del fair play, intitolata a Pierre De Coubertin, che gli fu assegnata alle Olimpiadi di Innsbruck nel 1964.

Accadde che all’equipaggio di bob a 2 inglese, tra i favoriti, si ruppe un bullone, rischiando di non farlo nemmeno partire. Monti, che era già sceso, non esitò e diede ai rivali un bullone del suo mezzo. Al traguardo gli inglesi Nash e Dixon conquistarono l’oro e Augusto Monti, con il suo compagno Sergio Siorpaes, arrivò terzo. Le critiche non tardarono ad arrivare, anche feroci, ma Augusto zittì tutti, affermando che chi vince lo fa perché è il più forte, non perché ha un bullone in più. Applausi!

La neve, negli anni Settanta, non era bianca, ma blu. Azzurra, per la precisione, e sulle piste di sci alpino, in slalom e in discesa, era addirittura una valanga.

Fu chiamata davvero così: Valanga Azzurra, la squadra italiana di sci di quegli anni, composta da campioni tali, che il più scarso a volte vinceva anche lui. Gustav Thoeni, con il suo bell’accento tirolese, trionfò in gigante a Sapporo, nel 1972, con il piemontese Piero Gros oro nello slalom quattro anni dopo; sempre Gustav argento nello slalom in entrambe le Olimpiadi; suo fratello Roland Thoeni bronzo nello slalom del Settantadue e Herbert Plank bronzo in discesa a Innsbruck nel 1976.

Ma il successo più azzurro di tutti non fu olimpico, bensì in una gara di Coppa del Mondo, in Germania, nei primi giorni del Settantaquattro, quando gli atleti italiani si piazzarono al primo, secondo, terzo, quarto e quinto posto. Dopo di loro tutti gli altri ad arrancare.

Tra le atlete azzurre più attese alle olimpiadi di Sochi, di sicuro c’è la bella Carolina Kostner, che con i suoi pattini vola sul ghiaccio, roteando e piroettando, saltando e svolazzando che è un piacere per lei e per noi, che la ammiriamo.

Senza dubbio è lo sport più elegante delle Olimpiadi, il pattinaggio artistico, complice anche un abbigliamento più teatrale che sportivo e la musica in sottofondo. Da soli o in coppia, gli atleti di questa disciplina sono uno spettacolo per gli occhi, tanto che alcuni, terminata la carriera, continuano a pattinare e a esibirsi, senza l’assillo della competizione, permettendosi delle evoluzioni fuori dal programma di gara.

E quando capita che un atleta cade, spesso l’applauso che ne consegue è ancor più fragoroso, un po’ per tirare su il suo morale, un po’ per fargli dimenticare il freddo del ghiaccio.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter