Altro che stabilità. L’Ucraina, nonostante la destituzione di Viktor Yanukovych, è sempre a rischio default. E lo scenario che si prospetta può essere simile a quello che si è visto a Cipro un anno fa. Limitazioni alla libera circolazione dei capitali, capital control, interventi di mercato aperto per sostenere la hryvnia (la moneta locale, ndr): sono queste le opzioni che ha la Natsionalnyi Bank Ukrainy, la banca centrale ucraina. Il tutto in attesa dell’intervento del Fondo monetario internazionale (Fmi). Un intervento che però non sarà immediato. Non è chiaro, quindi, se il nuovo primo ministro Arseniy Petrovych Yatsenyuk sia in grado evitare il collasso.
Il nuovo governatore della banca centrale, Stepan Kubiv, ha spiegato qual è la condizione dell’Ucraina. Un quadro che ricorda molto da vicino quello che l’eurozona ha vissuto con Cipro. E questo solo per restare nel Vecchio continente, dato che forse il paragone più azzeccato potrebbe essere quello con l’Argentina. Le riserve valutarie sono calate ancora. Per la precisione, erano a quota 20,4 miliardi di dollari a fine 2013. Ora sono a 15 miliardi di dollari. Nell’arco di 26 giorni, ha spiegato Kubiv, son scese di 2,8 miliardi di dollari. E il calo potrebbe continuare. Ecco perché si sta pensando a misure estreme per frenare la dispersione di risorse. Ciò significa, in due sole parole, capital control. Proprio come a Cipro. Non sono in previsione limitazioni al ritiro dei contanti, ma tutto si sta evolvendo con una velocità che non lascia presagire nulla di buono. Il primo ministro Yatsenyuk ha lanciato infatti un nuovo allarme. Sarebbero scomparsi circa 37 miliardi di dollari, derivanti da crediti vantati dal governo Yanukovych, dalle casse del Tesoro. Per evitare il capital flight, l’unica via potrebbe quindi essere quella delle limitazioni sui capitali. «Stiamo fronteggiando una crisi senza precedenti – ha detto ieri Kubiv – e bisogna fare qualunque cosa per evitare la bancarotta». Il problema è che nemmeno i capital control potrebbero bastare.
Sebbene la primavera ucraina stia avanzando, complice la formazione del nuovo governo e dell’accordo per la fine delle ostilità, gli investitori ritengono che il default sia probabile. Ne è prova la rinnovata tensione sui mercati finanziari. Sul fronte valutario, dopo l’adozione di un cambio flessibile da parte della banca centrale, la hryvnia ha perso oltre il 7% nel cross contro il dollaro statunitense, calando per la prima volta sotto i 10 dollari. E dire che la divisa ucraina, proprio per via delle tensioni politiche, aveva già perso circa il 19% dall’inizio dell’anno. «Ci attendiamo che possa scendere fino a 9 dollari entro fine marzo», ha scritto Société Générale in una nota di aggiornamento sulla crisi ucraina.
Sul versante obbligazionario, lo stress ha continuato a investire Kiev. Sono poco rassicuranti le notizie che giungono dalla Crimea, ma soprattutto è destabilizzante l’incertezza sull’eventuale aiuto del Fmi. C’è una certezza: il primo ministro Yatsenyuk ha chiesto il sostegno dell’istituzione guidata da Christine Lagarde e la prossima settimana inizierà la missione ufficiale. Difficile invece profetizzare come andrà a finire e se basterà a tranquilizzare gli investitori. Già nel 2008 fu avviato un programma di salvataggio, per un valore complessivo di 15 miliardi di dollari. Un piano stoppato nel 2011 a causa dell’instabilità politica derivante da Yanukovych. Lo stesso Yatsenyuk ha spiegato che l’Ucraina ha bisogno di un supporto finanziario esterno per evitare la bancarotta. Anche perché, attualmente, il Paese non può permettersi di scendere sui mercati obbligazionari. Troppo oneroso, troppo rischioso. Anche a causa del declassamento del rating sovrano, ora a CCC, da parte di Standard & Poor’s. L’unica via, per ora, è quella del Fmi.
Infine, c’è il fronte dei Credit default swap (Cds). Gli strumenti finanziari che fungono da assicurazione contro il fallimento di un asset, in questo caso le obbligazioni governative ucraine, sono a quota 1.093,20 punti base sulla piattaforma CMA. Vale a dire che se si ha in portafoglio un’obbligazione ucraina del valore di 10 milioni di dollari, occorre più di un milione all’anno per assicurarsi contro il default. Un livello simile quello della Grecia dei tempi più oscuri. Per fare un paragone con un’altra economia sull’orlo della bancarotta, il Cds sull’Argentina è prezzato a quota 2.111 punti base. Ma è la probabilità di default su un orizzonte temporale di cinque anni, la Cumulative default probability (Cpd) a spaventare. Questo evento è dato con una probabilità del 51,61%, ed è in aumento. Certo, per arrivare al livello dell’Argentina, che ha una Cpd del 74,36%, ci vuole ancora molto, ma l’attuale incertezza politica potrebbe gettare il Paese nelle braccia della bancarotta prima delle previsioni. Dalla padella alla brace.