Ricordati di coalizzarti: il comandamento di Casini

Il leader Udc di nuovo verso il Cav

E così, ancora una volta, la storia della Repubblica passa per le scelte di Pierferdinando Casini detto “Pier”, e per il suo nuovo comandamento, «Ricordati di coalizzarti». Ci vuole poco a fare facili ironie – e ovviamente ne sono state fatte – sulla lunghissima carriera del leader dell’Udc e sulla sua straordinaria, e darwiniana, capacità di sopravvivenza, bisognerebbe invece riflettere sul fatto che in Italia, se uno riesce ad attraversare ben tre repubbliche, per oltre quarant’anni di carriera, qualche dote deve pure averla.

Pier ha iniziato la sua carriera guardando dal buco della serratura le riunioni del consiglio nazionale della Dc in cui Amintore Fanfani veniva processato insieme a Marco Follini, ed è il democristiano di più lungo corso in parlamento, con l’unica eccezione di Beppe Pisanu, ex ministro ( che peró da tempo è lontano dalla prima linea). Casini se n’è andato dal centrodestra quando Berlusconi era fortissimo, pensando di costruire il grande centro, non c’è riuscito, adesso torna nella coalizione perché quella strategia si è esaurita, e quindi non certo per semplice opportunismo.

La principale dote di Casini – dunque – è prima di tutto una straordinaria capacità di adattamento a qualunque clima e a qualunque circostanza: altri sono stati schiantati, demoliti dal conflitto, provati dal declassamento, lui no, lui non si scompone mai. E oggi, mentre la solita maledizione della sinistra, sembra spingere Matteo Renzi, all’eterno delirio della vocazione maggioritaria (all’ambizione cioè, di correre in solitudine), il centrodestra serra i ranghi e ritorna in vantaggio seppur lievissimo nei sondaggi, proprio grazie all’arruolamento dell’Udc. I dirigenti del Pd, da anni, sembrano incapaci di fare semplici operazioni aritmetiche: nella Seconda Repubblica, infatti, chi ha sommato il maggior numero di consensi ha vinto. Semplice. Era questo lo spirito dell’osceno Porcellum, ed è questa la principale conseguenza dell’Italicum. E cosa fa invece Renzi? Mette a rischio l’alleanza con Sinistra Ecologia e Libertà, sottoscrivendo un patto che alza la soglia di sbarramento rischiando di eliminare il partito di Vendola, suo principale alleato, e poi gli dice:  “Si impegni per raccogliere più voti”. Del povero Bruno Tabacci, centrista come lui, Renzi non fa nemmeno più menzione. I voti moderati li prendo io, pensa evidentemente Renzi, e sottovaluta il fatto che il Pd non ha ancora raggiunto il 35% che i sondaggisti gli assegnavano dopo la vittoria di Pierluigi Bersani alle primarie.

Fini, Casini, Bossi e Berlusconi all’epoca della Casa della Libertà

Un errore simile lo fece anche Francesco Rutelli, che scelse volontariamente di separarsi da Rifondazione, e ovviamente perse, nel 2001. È lo stesso errore di presunzione lo fece Veltroni nel 2006, che ottenne addirittura un doppio effetto: quello di far cadere Romano Prodi, terremotando la coalizione dell’Unione con l’annuncio di correre da solo, e quello, immediatamente successivo, di perdere le elezioni malgrado il miglior risultato di tutti i tempi del Partito democratico (33,69% al Senato e 33,18% alla Camera) e l’apparentamento “last minute” con Antonio Di Pietro. Mentre la sinistra faceva questo, allontanando chi aveva vicino, Berlusconi, passava gli anni a costruire coalizioni, inseguendo chi gli era lontano: infilava nel suo filotto anche la lista dei pensionati di Fatuzzo, determinante sia pure con lo 0.7 per cento. Berlusconi poneva rimedio all’unico errore di coalizione del 1996, quello di escludere la Fiamma di Pino Rauti (che fu determinante nella prima vittoria di Prodi in oltre 30 collegi uninominali), avendo sempre cura di inserire nella sua compagine un partito di destra: in un caso, nelle elezioni regionali del 2000, fra mille polemiche, accettó persino Forza nuova, Che all’epoca era federata in una formazione di estrema destra capitanata da Alessandra Mussolini. Ecco perché Pierferdinando Casini, la quintessenza del pragmatismo politico italiano, questa cosa l’ha capita così bene che l’ha messa la base della sua scelta: «con questo sistema elettorale il centro non può più esistere. Il terzo Polo – dice il leader dell’Udc – l’ha fatto già Grillo, io passo a destra». 

La cosa più stupida che si può fare e ironizzare sul due e mezzo per cento dell’Fbi ex democristiani, ovvero sulla quota che oggi gli assegnano i sondaggi: lo sa bene Silvio Berlusconi che nel 1994 inventò letteralmente il CcD, affidandolo a Casini, Mastella la Fumagalli Carulli, dopo averlo protetto nelle proprie liste elettorali accogliendo i suoi candidati in Forza Italia. E lo sa bene anche Mario Monti, che ha quasi svuotato nelle ultime elezioni la lista di Casini, ma che si ritrova adesso nei sondaggi all’uno virgola per cento. Alla fine del suo quarantennio Casini rimette nella politica il suo comandamento, e un racconto alla Bovary: il centro sono io. Scopriremo solo nelle prossime elezioni, se anche questa volta la storia gli darà ragione.

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