Roma non è Firenze, Renzi costretto a rallentare

La nascita del governo

Stavolta il segretario del Pd è stato preso in contropiede. Matteo Renzi sperava di chiudere la faccenda nel giro di un paio di giorni. Archiviato velocemente il governo Letta, era pronto a salire al Quirinale per ricevere l’incarico già stasera. La crisi di governo più breve della storia repubblicana, giuravano i suoi. Ma Roma non è Firenze. La Capitale ha i suoi riti e i suoi ritmi. Le sue liturgie e le sue lungaggini (in questo caso giustificate dalla difficiltà dell’impegno). Il sindaco rottamatore lo sta imparando in queste ore. 

Le consultazioni al Colle sono state rapide, per diretta volontà del presidente Giorgio Napolitano. Ma la nascita dell’esecutivo Renzi avrà bisogno di più tempo. Difficile fare pronostici, ma dalle voci raccolte al Quirinale sembra difficile che il capo dello Stato possa chiamare il segretario democrat nelle prossime ore. Forse domani sera, più probabilmente lunedì. I tempi si allungano. «Chi riceverà l’incarico di formare il governo avrà bisogno di tutto il tempo necessario per le consultazioni e le intese», ha spiegato Giorgio Napolitano ai giornalisti al termine di una lunga giornata di incontri. Ovviamente stava parlando a Renzi. Per avere le giuste garanzie sul nuovo governo, il presidente della Repubblica chiede certezze. Il sindaco di Firenze si prenda dunque tutto il tempo di cui avrà bisogno. 

Probabilmente l’operazione è più complessa di quella che Renzi immaginava. Difficile dire se il rottamatore abbia preso sottogamba i complessi cerimoniali della politica romana. Certo, colpisce l’immagine del sindaco che svolge le sue consultazioni parallele a Firenze, pensando di chiudere un’intesa sulla squadra di governo senza passare dalla Capitale. E così mentre il presidente della Repubblica riceveva le delegazioni dei gruppi parlamentari nel suo studio al Quirinale, Renzi incontrava in Toscana lo scrittore Alessandro Baricco e l’ad di Luxottica Andrea Guerra, ministri virtuali del suo esecutivo. 

Peccato che nel frattempo i futuri alleati di governo abbiano iniziato a puntare i piedi. Per una volta il ciclone renziano perde d’intensità e deve rallentare la sua corsa. Pur con tutte le buone intenzioni, dare vita al nuovo esecutivo non sarà cosa rapida. Il premier in pectore dovrà risolvere una serie di questioni ancora sul tavolo. A partire dalle intese con la nuova maggioranza. Le formazioni pronte a sostenere il segretario alzano la voce: chiedono un approfondimento sul programma e sulla natura della squadra che andrà a Palazzo Chigi. Finendo per frenare l’irruenza di Matteo Renzi. «Per fare bene serve tempo» spiega il rappresentante dei Popolari per l’Italia Lorenzo Dellai. «Se si decide di fare grandi cose non sono sufficienti 48 ore», conferma Angelino Alfano appena uscito dal colloquio con Giorgio Napolitano.

Non è un mistero che in queste ore al centro del confronto ci siano soprattutto le posizioni a disposizione. Al netto delle incontrollabili voci sul totoministri, ballano le cifre sul numero dei dicasteri. Renzi vorrebbe una squadra snella, non più di 15 persone. Probabilmente per accontentare tutti dovranno essere un po’ di più. Bisogna riconoscere il ruolo in maggioranza di Scelta Civica, dei Popolari, forse anche di Udc e Centro democratico. Ovviamente l’interlocuzione più delicata riguarda il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano. Il partito del vicepremier può contare su una trentina di senatori, ecco perché il suo sostegno è decisivo per le sorti del governo. Tornato a Roma, Renzi potrà proseguire il confronto. Il tempo non manca. Calendario alla mano, difficilmente il suo esecutivo potrà giurare prima della metà della prossima settimana. 

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