L’economia digitale è la sfida decisiva per la crescita e lo sviluppo di ogni Paese. Questo lo sappiamo tutti. Ora però si deve passare dalle parole ai fatti. Di chiacchiere sul tema ne sono state fatte sin troppe. Non ci sono più alibi. Agire subito e agire bene dopo le troppe incertezze dell’ultimo anno.
Cosa fare? Innanzitutto ripartire dalla governance. Serve un posto dove si decida, che si possa osservare con la massima trasparenza, per poter valutare le scelte fatte e le cose accadute. I governi funzionano se si attiva il principio di responsabilità: se hai fatto bene continui, se hai fatto male sei cacciato. Ma se non c’è uno e uno solo chiaramente responsabile, che può decidere, in capo al quale sono i poteri reali, diventa impossibile attivare il principio di responsabilità e le cose non funzionano.
Per questo serve un ministro per l’Agenda digitale. Che abbia poteri veri e deleghe serie. In questo momento non si sa bene chi decide cosa, dove iniziano i poteri di uno e finiscano quelli dell’altro. La situazione peggiore dove, alla fine, nessuno è responsabile. Malgrado l’encomiabile sforzo delle persone che oggi ricoprono questi ruoli, oggi abbiamo il Commissario all’Agenda digitale, il Comitato di indirizzo dell’Agenda digitale, la Cabina di Regia, l’Agenzia per l’Italia Digitale e il suo direttore generale più una serie di competenze e attività sul tema sparse nei vari ministeri. Non va.
Servono invece solo due figure: una politica e una tecnica. Quella politica, il ministro, che deve raggruppare su di sé tutte le competenze. Che poi sono quelle sparse tra Palazzo Chigi (coordinamento e Agenzia), il ministero dello Sviluppo economico (Dipartimento Comunicazioni, digitalizzazione delle imprese, ecommerce), il ministero dell’Economia (Sogei) e il Ministero della istruzione (Innovazione e competenze digitali). E deve coordinare la parte tecnica, ossia l’Agenzia per l’Italia Digitale. Il ministro indirizza e fa le strategie, il direttore generale dell’Agenzia le attua. Un modello che tende a uniformarsi a quello europeo delle competenze della Dg Connect magnificamente presieduta da Neelie Kroes.
Dev’essere un ministro perché dovrà potersi sedere con le sue deleghe pesanti nel Consiglio dei ministri (vero organo decisionale del governo italiano) e poter dire la sua, sempre. Affinché l’economia digitale non sia più uno dei tanti bullet point dell’agenda di un Governo, ma l’elemento trasversale al quale faccia riferimento tutta l’attività di Governo. O qualcuno ancora pensa che la crescita e la spending review si possano attivare mettendo l’ennesimo inutile incentivo o tagliando le penne e le scrivanie invece che digitalizzando la Pubblica amministrazione e tutti i suoi processi? Basta alibi e basta chiacchiere. Subito un Ministro 2.0.