La rivoluzione renziana stavolta è un po’ meno radicale. La rottamazione stenta a vedersi. Solo una settimana fa, scegliendo i suoi ministri, Matteo Renzi aveva dato una bella sferzata al sistema politico italiano (solo sedici nomine, tanti giovani, metà donne). Oggi con la scelta dei sottosegretari e viceministri si torna all’antico. Il completamento della squadra di governo è il frutto evidente di un lungo confronto all’interno della maggioranza. Trattative serrate – anche nel Partito democratico – per la distribuzione delle ultime poltrone disponibili. Sembra banale rispolverare il sempre citato manuale Cencelli, eppure mentre si scorre la lista dei nuovi sottosegretari è difficile non intravederne l’impostazione.
Sono tanti, anzitutto. Addio al team snello: il numero dei sottosegretari è più o meno uguale al precedente esecutivo. Se con Enrico Letta erano quarantadue, Renzi ne chiama quarantaquattro. Di questi i viceministri saranno nove, invece dei dieci precedenti. Stavolta le donne sono poche. Solo nove, contro i trentacinque uomini. La distribuzione degli incarichi è precisa. Ogni partito riceve in base al proprio peso in maggioranza. Ovviamente è il Partito democratico a fare la voce grossa, con ventiquattro esponenti. Segue il Nuovo centrodestra con nove, quattro rappresentanti a testa per Scelta Civica e Popolari, due tecnici, un socialista (il segretario Riccardo Nencini, neo viceministro alle Infrastrutture).
Attenzione anche alle correnti del Pd: il prodiano Sandro Gozi diventa sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei. Antonello Giacomelli, ex caposegreteria di Dario Franceschini, è il nuovo viceministro allo Sviluppo Economico con delega a Telecomunicazioni e frequenze. Nella squadra dei sottosegretari entra Silvia Velo, al ministero dell’Ambiente, esponente dei “giovani turchi”. C’è il lettiano Vito De Filippo, uno dei pochi democrat a non votare la sfiducia al governo precedente. Ma anche Gian Piero Bocci, vicino ai popolari di Beppe Fioroni.
Poca fantasia sui nomi. Quasi venti sottosegretari sono confermati al loro posto. Esemplare il caso del ministero dell’Interno, replica perfetta del Viminale sotto Enrico Letta. Con il ministro Angelino Alfano tornano il vice Filippo Bubbico e i due sottosegretari Bocci e Domenico Manzione (magistrato già in quota Renzi). All’Economia altri deja vu: il titolare di via XX settembre Padoan dovrà collaborare con il vice Luigi Casero e il sottosegretario Pier Paolo Baretta (entrambi già in carica). Le novità riguardano il viceministro Enrico Morando, renziano della prima ora, e i sottosegretari Giovanni Legnini ed Enrico Zanetti (responsabile economico di Scelta Civica).
Nella squadra di governo c’è ancora spazio per i fedelissimi di Matteo Renzi. Alla presidenza del Consiglio, dopo il braccio destro Graziano Delrio, arriva anche Luca Lotti. Collaboratore del premier da tempi lontani, si occuperà di Editoria (mentre Marco Minniti è stato confermato ai Servizi). Angelo Rughetti sarà sottosegretario alla Pubblica Amministrazione. Ma c’è anche un imprevisto ritorno. Roberto Reggi. Chi se lo ricordava? Già sindaco di Piacenza, nel 2012 era lui il coordinatore delle primarie di Matteo Renzi. Era la stagione del duro confronto con Pierluigi Bersani e delle polemiche sul regolamento. Più volte critico nei confronti del gruppo dirigente del Partito democratico, alla fine Reggi venne escluso dalle liste elettorali del Pd. Dopo un anno di assenza, eccolo tornare. Sarà sottosegretario all’Istruzione.