The Wolf of Wall Street, il discusso e controverso film di Martin Scorsese, è candidato a 5 premi Oscar e, ora, anche accusato in una causa legale.
Il film è basato sull’autobiografia del broker Jordan Belfort, pubblicata nel 2007 e intitolata proprio The Wolf of Wall Street. Pur con alcune differenze, il film ripercorre la storia raccontata nel libro e segue l’ascesa e il declino di Belfort e della sua azienda finanziaria, la Stratton Oakmont. Oltre alle proprie vicende personali, Belfort racconta le spericolate operazioni finanziarie e i folli eccessi vissuti da lui e i suoi amici nel periodo di massimo successo della società.
Andrew Greene è uno di questi amici, uno di quelli che la storia di The Wolf of Wall Street l’hanno vissuta veramente. E lo scorso 18 febbraio ha fatto causa a Paramount, la società che ha prodotto il film di Scorsese, per 25 milioni di dollari. Il motivo? Il modo in cui è stato rappresentato sullo schermo, nel personaggio di Nicky Kaskoff interpretato da P.J. Byrne.
Se il nome non vi dice niente è perché nel film non viene quasi mai usato. È molto più facile ricordarlo per il soprannome, Rugrat (Tappetino in italiano), con cui viene costantemente preso in giro da Belfort e dagli altri colleghi per il suo evidente parrucchino.
Nonostante il cambio di nome, Greene dice che il suo personaggio è perfettamente riconoscibile nel film. E che la sua rappresentazione come «criminale, drogato con tendenze misogine» ha «danneggiato in modo permanente la sua reputazione».
«Il film», si legge nella causa, «contiene varie scene in cui il personaggio del signor Greene è mostrato mentre fa uso di droga o compie attività criminali, depravate o degenerate e/o prive di qualsiasi morale e etica. In una scena il personaggio di Greene è mostrato mentre fa uso di cocaina all’interno dell’azienda e durante l’orario lavorativo. Il film include altre scene che mostrano il personaggio del signor Greene in situazioni depravate, comprese alcune in cui il suo personaggio è mostrato mentre ha rapporti sessuali con una prostituta».
Greene dice anche che nell’autobiografia di Belfort il suo personaggio era sempre chiamato con il suo nome completo o con il suo vero soprannome, Wigwam, e non con quello «estremamente offensivo» di Tappetino usato nel film.
Greene non è il primo dipendente delle società di Jordan Belfort a dire pubblicamente di essere stato rappresentato in modo ingiusto nel film di Scorsese. Un altro dei veri lupi di Wall Street, Danny Porush (il Donnie Azoff interpretato da Jonah Hill nel film), ha detto in un’intervista che «il libro non è altro che un lontano parente di quello che è successo veramente, e il film non è che un lontano parente del libro» e che molte delle scene più estreme mostrate nel film (come gli scimpanzè nell’ufficio o il lancio dei nani) non sono mai realmente successe.
Il testo integrale della causa di Greene è disponibile su Scrid.