Facebook vuole dominare il mondo, o se vogliamo metterla in modo più accettabile «connetterlo». I suoi avversari sono pezzi grossi della Valley come Google e —fingendo di credere in un suo eventuale futuro—Yahoo!, mentre sul mercato asiatico si impone l’agguerritissima Tencent. Dominare il mondo significa sempre di più dominare i dispositivi mobili, il cui ritmo di crescita esponenziale fa gola a tutti. È da leggere in questo contesto l’acquisizione di una delle app più popolari per la messaggistica istantanea, Whatsapp, per la cifra di 19 miliardi di dollari totali: 4 miliardi di dollari in contanti e 12 miliardi in azioni (altri 3 miliardi di dollari in azioni privilegiate saranno garantite ai fondatori e impiegati di WhatsApp). Mark Zuckerberg ha detto che: «WhatsApp è sulla strada per connettere un miliardo di persone. I servizi che raggiungono questo traguardo sono tutti incredibilmente di valore».
Sì, per Zuckerberg le persone sono un valore: 42 dollari a utente circa, in questo caso. E i 450 milioni di utenti, con i loro dati e metadati, sono una risorsa irrinunciabile per rafforzare ed espandere il settore mobile (specialmente dopo non esser riuscito a mettere le mani su Snapchat, a cui ora ha probabilmente rinunciato). Per Zuckerberg le persone sono un valore, vero, ma solo quando le vede in grossi numeri: Brian Acton e Jan Koum, i creatori della app responsabile delle nostre comunicazioni istantanee, avevano tentato di lavorare per Facebook in passato dopo aver lasciato Yahoo! ma nessuno si era accorto del loro talento da 19 miliardi di dollari. Rifiutati, si sono messi a costruire la propria azienda, (o «la prossima avventura»), basata su tre fondamenti (Jan mantiene una nota di Brian attaccata alla sua scrivania): “No Ads! No Games! No Gimmicks!” (nessuna pubblicità! nessun gioco! nessun espediente!).
Fino a poco tempo fa Jan Koum, un emigrato ucraino (nato in un villaggio fuori Kiev e trasferitosi con la famiglia in California dopo la caduta del muro) pubblicizzava la sua azienda esattamente nel modo contrario a come percepiamo Facebook: senza pubblicità e senza invasività nella privacy. Poi gli utenti sono diventati clienti. Per la prima volta Facebook ha a che fare con un servizio che non è interamente gratuito (si pagano 99 centesimi l’anno per utilizzare il servizio), ma che non fa profitto. Quindi come intende creare valore dalle 400 milioni di foto condivise e dai dieci miliardi di messaggi spediti ogni giorno? La risposta è molto probabilmente una: abbandonare l’idealismo e inserire pubblicità (una cosa che David Karp di Tumblr ha capito).
La notizia ha diviso gli analisti: da una parte quelli che analizzavano la più grande acquisizione finora; dall’altra, in Europa, chi poneva la questione del secolo: la privacy. «Non c’è niente di più personale che comunicare con gli amici e con la tua famiglia e interrompere le conversazioni con della pubblicità non è la soluzione giusta» diceva a Wired Koum in tempi in cui Facebook non era che un ex. «Non vogliamo sapere troppo sui nostri utenti. Per proporre la pubblicità al pubblico giusto le società devono profilare i loro utenti e sapere tutto su di loro: dove sei, cosa stai facendo, con chi sei, cosa può piacerti o non piacerti. È una quantità folle di dati. Oltretutto sono cresciuto in un mondo senza pubblicità. Non ce n’era nell’Unione Sovietica Comunista».
I tedeschi sono i primi a essersi posti il problema della privacy. Thilo Weichert, commissario per la protezione dei dati per lo stato tedesco dello Schleswig-Holstein invita a trovare soluzioni differenti a WhatsApp ed è allarmato dal fatto che i dati e i metadati contenuti nell’app siano fusi con quelli di Facebook per profilare gli utenti e personalizzare la pubblicità, in un’ottica commerciale con leggi americane sulla protezione dei dati. Riflettimo. WhatsApp ha da sempre problemi di sicurezza dovuta alla sua struttura e a falle informatiche nella crittografia che la rendono vulnerabile ad attacchi di hacker (a essere in pericolo non solo i nostri numeri di telefono, ma anche le nostre informazioni e conversazioni; esiste un capitolo di Wikipedia sull’argomento). WhatsApp è diventata famosa per il “last seen”, cioè per far sapere a chi manda il messaggio quando il ricevente lo ha visto (e introducendo la poco diplomatica questione del: «non ti ho risposto volutamente. Fattela bastare come risposta»). È anche quel software che usa i umeri di cellulari come password (e ha la tua rubrica del telefono), le foto e gli status visibili a tutti. La domanda è: perché solo ora dovremmo preoccuparci della privacy, sempre ammesso che lo siamo. È una percezione, seppur corretta, dovuta al fatto che Facebook non ha mai nascosto l’idea di voler connettere il mondo e farci desiderare di condividere tutto continuamente senza alcun tipo di restrizioni di visibilità. (Il progetto di Mark Zuckerberg è Internet.org, è l’niziativa tesa a portare internet a quei 5 miliardi di persone sul pianeta che non hanno ancora le possibilità e i mezzi per accedervi. Superare il digital device per migliorare il mondo, l’utopia di Mark.
Facebook vuole continuare a crescere e il problema della privacy non è il solo. L’altro si chiama mercato asiatico, da cui dal 2009 l’azienda è bannata. In Cina è WeChat di Tencent a dominare il mercato con il 93% dei dispositivi. Nei mercati emergenti di Brasile, Sud Africa, India e Indonesia è WhatsApp l’app più utilizzata. Se la Cina non dovesse bloccare anche WhatsApp questa acquisizione è il modo migliore per entrare nel mercato delle app mobili e conquistare fasce di utenti con un prodotto concorrente a WeChat (che sta facendo la stessa cosa investendo in marketing in Brasile ed Europa). WhatsApp può penetrare i mercati emergenti più velocemente di Facebook (il 25% del tempo speso su smarphone è speso su WhatsApp), e grazie alla fusione lo può fare su una scala ancora maggiore di persone. «Ci sono Paesi come la Korea o il Giappone dove ci sono altri servizi di messaggistica molto grandi, ma se guardi al mondo WhatsApp domina l’Europa, l’America Latina, l’India e altri posti in Asia», ha detto Zuckerberg.
Inoltre anche se negli US WhatsApp è poco conosciuta, il “teen problem” di Facebook non esiste affatto se consideriamo che ora insieme a Instagram ha anche una delle app verso cui si erano spostati per comunicare. Il messenger di Facebook è visto come il sostituto della mail, WhatsApp come il sostituto del vecchio sms. Ricapitolando, i motivi dell’acquisizione sono quindi l’espansione sul mercato, in particolare di quello emergente, il proteggersi da un futuro concorrente (se non posso eccellere nel tuo campo: ti compro), e il tentativo di posizionamento sul mercato asiatico fortemente protezionistico. Solo un problema rimane: gli utenti accetteranno l’introduzione di un’eventuale pubblicità profilata su di loro mentre stanno flirtando col collega? Forse non siamo pronti alla pausa pubblicitaria durante il sexting o mentre aspettiamo il verde al semaforo.