L’amore ai tempi della crisi (sociale). O meglio il sesso ai tempi della crisi. Il rimorchio ai tempi della crisi. È così difficile conoscersi e innamorarsi nel secondo decennio degli anni duemila? Sembra essere questo il fil rouge dell’ultimo periodo, per lo meno in TV. Anticipata da Girls che aveva letto (e continua a farlo) la crisi in chiave semi-adolescenziale (con protagoniste ventenni con la sindrome di Peter Pan), la televisione di tutto il pianeta sembra ora riversare questo pittoresco mondo fatto di dubbi, quesiti, insicurezze e disagi sui trentenni e quarantenni. L’amore non è mai stato così difficile. E due serie, dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, lo dimostrano: la britannica Dates e la recentissima Mixology, entrambe inedite in Italia. Un passo indietro: parlare d’amore in TV è rischiosissimo. Sprofondare in banalità mostruose non è poi tanto difficile. I trentenni single sembrano quasi sempre appartenere a due categorie: i “piagnoni” (più facile incontrarle al femminile, le “piagnone”) quelli che in silenzio si sentono sbagliati, depressi, insoddisfatti, non all’altezza perché ancora non hanno trovato la propria anima gemella, quasi come se lo zitellaggio a 30 anni fosse un’incurabile piaga sociale (per i nostri nonni lo era, certo, ma quelli erano altri tempi). Oppure gli idioti di prima categoria (soprattutto uomini), quelli che sfoggiano perle di saggezza di un maschilismo imperante e che se ne escono con frasi che sarebbe meglio evitare (Mixology offre un perfetto esempio: «più alti sono i tacchi, più perdente si sente», è la frase pronunciata da uno dei protagonisti intento ad individuare la preda della serata).
Dates e Mixology partono da punti di partenza completamente diversi, hanno impronte stilistiche differenti (drama romantico il primo, comedy la seconda) ma affrontano, con serietà e risultati agli antipodi, lo stesso annoso dilemma. L’amore, questo sconosciuto. Dates è uno show viscerale, che riversa sullo spettatore un fiume in piena di parole ed emozioni: ogni episodio ritrae il primo appuntamento di una coppia conosciuta tramite un sito di incontri online. Le parole sbagliate, il disagio di non sapere cosa dire, la presa di coscienza di non avere poi tanti argomenti di cui discutere. Mixology è, invece, uno show di petto, volto a suscitare la risata facile: la location è quella classica di un bar, scenario degli incontri di una notte. Le puntate seguono i movimenti di dieci persone (cinque donne e cinque uomini) all’interno dello stesso pub. Gli show, messi a confronto, offrono un perfetto esempio di come la televisione inglese stia gradualmente prendendo il posto di quella americana per qualità e intensità di racconti. SeDates infatti spicca per una sceneggiatura sopraffina, per un’attenzione spasmodica per i dialoghi e un’ironia velata ma tagliente,Mixology scivola invece nell’emblema del cliché, provando a “vincere facile” puntando sul politicamente scorretto. Presentatasi come erede di How I Met Your Mother (copiando tra l’altro l’idea di ambientare tutto lo show in un lasso di tempo limitato — l’ultima stagione di HIMYM si svolge interamente nei due giorni precedenti al matrimonio di Robin e Barney), Mixology è sicuramente più debole da un punto di vista narrativo, ma è comunque uno show genuino e a tratti interessante. Purché, questo è chiaro, non si rida alle battute misogine scambiate fra gli uomini prima di buttarsi nella mischia: «tu sei un vichingo – dice un personaggio ad un altro per spingerlo a parlare con una ragazza – tu stupri, saccheggi e ti prendi ciò che vuoi», prima di ritrattare asserendo «be’, ovviamente non violentarla».
Dates e Mixology non si pongono l’obiettivo di raccontare come funziona l’amore al giorno d’oggi, ma forniscono una istantanea della ricerca della propria anima gemella nell’epoca dell’incomunicabilità, quando i discorsi stimolanti e interessanti faccia a faccia sono diventati una rarità e quando sembra sempre più facile nascondersi dietro un profilo internet. Ricerca che a volte è eccessiva, a volte no, a volte condivisibile altre meno, ma che è, nella maggior parte dei casi, reale (anche se non va generalizzata). Che è poi quello che fa la TV, quasi sempre: prendere spunto dal mucchio ampio e variopinto della realtà.