In una unione monetaria, la mobilità del fattore lavoro è fondamentale per attutire le differenze macroeconomiche a livello regionale causate da shock asimmetrici o da condizioni piuttosto differenti nei mercati locali. Come si nota nel grafico, però, il coefficiente di variazione del tasso di disoccupazione misurato a differenti livelli territoriali è dalle 2 alle 3 volte maggiore del corrispettivo coeffficiente negli Stati Uniti. La cosa ancor più preoccupante è che la varianza sembra aumentare in periodi di recessione, fenomeno di minor importanza negli Stati Uniti.
Ciò significa che le forze centrifughe non sono bilanciate adeguatamente dalla flessibilità del mercato del lavoro. La variabilità nei tassi di disoccupazione regionali è aumentata di ben il 40% in 3 anni. Le persone e le famiglie in Ue, sebbene si spostino alla ricerca di un lavoro di più che in passato, non hanno incentivi sufficienti a cambiare radicalmente le proprie scelte lavorative. In assenza di trasferimenti centrali decisi a livello Ue, adeguati a shock locali, sotto forma per esempio di sussidi di disoccupazione pagati alle famiglie che abitano in zone più svantaggiate da un punto di vista lavorativo, questo comporta dei costi di aggiustamento importanti a livello di living-standard. Possibile che in una Unione che spende i soldi che spende per la politica agricola comune, non ci sia modo di mettere quantomeno una toppa a questa situazione fortemente in disequilibrio?