Chi saranno, alla fine, i fortunati consumatori che riusciranno a ottenere i nuovi incentivi annunciati dal governo per le cosiddette “auto ecologiche”? La domanda non è peregrina, e tra poco scopriremo perché. La risposta, poi, produce un doppio effetto: sia sull’interpretazione del provvedimento, sia sulla possibile previsione dell’impatto che potrà avere sul mercato dell’auto (che proprio negli ultimi due mesi ha iniziato a mostrare positivi indici di crescita, importantissimi anche per il gettito totale del Pil). Il primo nodo mi pare questo: gli incentivi annunciati dal ministro Federica Guidi, intanto, si inscrivono in una strategia comunicativa generale del governo Renzi, che mira a diffondere l’ottimismo tra i contribuenti anche in assenza di grossi investimenti economici (31 milioni di euro, in questo caso, che però potrebbero anche essere rifinanziati): conta l’immagine che si comunica, più che gli importi effettivi erogati, conta il clima che producono, più che il beneficio immediato e circoscritto sulla domanda: la logica è che se un consumatore va in un salone attratto da un incentivo può acquistare anche se alla fine scopre di non poterne usufruire.
Il peso di questo provvedimento, quindi, è molto più vicino, nello spirito, a quello della manovra sugli 80 euro in busta paga, che a quello dei vecchi incentivi per la rottamazione concessi dal governo Prodi (in modo per così dire “universale”), e per questo merita di essere verificato nel meccanismo che disegna e negli effetti che produce.
Se infatti al primo annuncio della misura, i telegiornali e le agenzie avevano intitolato (generosamente) che l’importo rimborsabile per i nuovi acquisti era “fino a cinquemila euro”, a un primo esame approfondito si scopre che tra i privati quella cifra è raggiungibile – come vedremo – solo da qualche mosca bianca. I cinquemila euro, infatti, sono il tetto massimo che si può ottenere: ma è l’importo che viene rimborsato soltanto a coloro che comprano dei veicoli con una emissione di anidride carbonica stimata al di sotto dei 50 grammi per chilometro quadro. Dando una rapida scorsa al listino dell’ultimo mese di Quattroruote – tanto per fare un esempio – si scopre, che di tutti i veicoli in commercio, se si fa eccezione delle auto elettriche (che ovviamente non hanno emissioni, come la deliziosa Mitsubishi I-miev, un giocattolino da 32mila euro) c’è un solo modello in vendita al pubblico, che rispetta questa soglia: si tratta della Volvo V60 D6 geartronic plug-in hybryd: gran bella macchina, ovviamente, una ibrida con una strepitosa performance di 48 g di emissione, malgrado la potente cilindrata (2.400). L’unico problema è il costo: la versione base di questo modello, ha un costo stimato di 61 mila euro di listino, solo per il modello base, è chiaramente una macchina per pochi illuminati (che otterrebbe uno sconto apprezzabile, di poco inferiore al 10% del valore totale).
Ma il secondo scaglione, il più importante, a chi viene assegnato? Qui viene il bello, perché la seconda soglia di incentivo (quella di quattromila euro), è stata legata a una soglia di emissioni che sia al di sotto dei 95 grammi per chilometro. Il che vuol dire che moltissimi modelli “ecologici” (quasi tutti quelli a Gpl, per esempio) vengono tagliati fuori dal contributo. Facciamo degli esempi, alcuni dei quali clamorosi. Per dire: in casa Fiat restano fuori tutti i modelli della gamma 500: sia il modello tradizionale, sia quello più nuovo, la 500L, e l’ultima arrivata, la 500Living, a metano (le rispettive soglie, infatti, si fermano a 106 grammi/km nel primo caso e 105 nel secondo). E che dire della Punto? Tutti i modelli della gamma, sia i Gpl che quelli a metano restano fuori dal contributo. Si salva – ma solo in parte – la Panda: fuori tutti gli allestimenti a Gpl, dentro solo quelli a metano twin air natural power (che toccano gli 88 g/km). La vera beffa è quella che riguarda la Punto Mjt eco: si tratta di sei allestimenti che hanno emissioni molto basse (90 g/km) ma che restano fuori dal contributo perché dotate di un motore evolutissimo, ma pur sempre diesel, malgrado abbia emissioni più basse di quelli benzina-gas.
Le sorprese non mancano in casa Citroen: restano fuori dal finanziamento sia la piccola C2 che la C3, la Picasso e la Ds3 a Gpl, ma persino la modernissima C4 Gran Picasso, appena ristrutturata e alleggerita di una tonnellata per abbattere consumi ed emissioni: nulla da fare, per 0,3 millesimi resterebbe fuori dal contributo (98 g/km!). In tutta la gamma si salverebbero solo due modelli della Ds5 ibridi (su quattro): la Hybryd airdream, e la So Chic che restano entrambe sotto gli 88 g/km.
Sugli altri listini è strage: nessun modello per la Dacia, uno solo (la Fiesta Gpl) per la Ford (92 g/km), nessuno per la Honda, nessuno per la Hyundai, mentre si salva miracolosamente la Ypsilon a metano (ha lo stesso motore twin air della Fiat). Non riesce a superare l’asticella di quota 95 g/km nessun modello Mercedes (nemmeno le ibride di ultima generazione, le E200, inchiodate a 107 g/km dal bisogno di mantenere le prestazioni). In casa Nissan non passerebbe la Micra (che però è proprio sulla soglia del 95g/km!), mentre il casa Opel non si salva nessun modello. Persino la Peugeot, che pure ha inventato l’ibrido diesel, non riesce a superare la soglia con la 508 (che si ferma a 105 g/km) mentre ci riesce con un solo allestimento della 3008, l’hybrid4 (che però costa 37.500 euro). Nulla da fare – incredibilmente – per la Renault, che ha emissioni molto basse per alcuni modelli diesel, ma non sulle ecologiche. Chi stappa lo champagne? Le Volkswagen (e gli omologhi Seat e Skoda), che con la Up (78 e 79 g/km) stabilisce un piccolo record, hanno di che gioire (ma non rientrano nei parametri con i modelli delle altre classi). Trionfano invece le giapponesi della Toyota che possono vantare ben cinque modelli al di sotto della soglia: la Yaris, la Auris e la Prius (ibride, sia berlina che station wagon).
Ma a questa difficoltà di parametro si aggiunge la polemica dei concessionari delle case automobilistiche sulle modalità di erogazione del contributo (per metà dovrebbe essere anticipata da loro) e sulla formula del rimborso, che per ora è ad esaurimento: gli ultimi clienti, quindi potrebbero scoprire che i fondi si sono esauriti solo dopo l’immatricolazione, nel caso in cui il fondo sí esaurisse e non venisse più rinnovato.
L’ultimo interrogativo, quindi è sulla finalità e sulla nature di queste restrizioni: il governo mette dei vincoli forti perché vuole risparmiare? Ha spulciato i listini come abbiamo fatto noi? Ha fissato una soglia sotto i 100g/km per caso? Oppure mira a condizionare il mercato dell’auto per dettargli standard ecologici più severi? Quest’ultima ipotesi sarebbe la più auspicabile, ma forse la soglia è il prodotto ponderato di tutti questi diversi fattori. La cosa più prevedibile, se il mercato riparte, è che le case facciamo una corsa per riparametrare i modelli più vicini alle soglie, omologandoli al più presto, magari rinunciando a qualche elemento di brio nei motori.