Nell’articolo 253 del Codice di procedura penale si fa riferimento ai corpi di reato come «le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso, nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo».
Corpi di reato è anche il titolo di un progetto fotografico iniziato qualche anno fa e portato avanti dai fotografiAlessandro Imbriaco eTommaso Bonaventura. Il progetto è curato da Fabio Severo e ha come tema l’esplorazione del territorio italiano attraverso le tracce lasciate dalle mafie. Il lavoro è una sorta di catalogo costituito da immagini di grande formato e da testi che raccontano luoghi, oggetti e personaggi che per qualche motivo sono legati al fenomeno mafioso: una speculazione edilizia, un bunker, un’aula di tribunale, un armadio pieno di faldoni, una discarica abbandonata, un intero quartiere sotto sequestro.
Fascicoli del maxiprocesso 1986-1987, Corleone, Palermo, 2012.
Tenutosi tra il 10 febbraio 1986 e il 16 dicembre 1987 nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone di Palermo, il maxiprocesso contro Cosa Nostra istruito dal pool antimafia fondato da Antonino Caponnetto ha visto 474 imputati rinviati a giudizio, 119 processati in contumacia, 2665 anni di carcere per 360 condannati, oltre a 19 ergastoli comminati a diversi boss tra cui Michele Greco e i latitanti Salvatore Riina e Bernardo Provenzano. Il processo di primo grado ha richiesto 349 udienze nell’arco di 22 mesi, 35 giorni di camera di consiglio e 6901 pagine per la stesura delle motivazioni della sentenza. I gradi successivi di giudizio si sono protratti fino al 1992. I fascicoli del processo sono conservati presso il Centro Internazionale di Documentazione sulla Mafia e il movimento Antimafia (CIDMA), a Corleone.
Corpi di reato è un racconto della mafia “freddo”, perché non rincorre eventi e situazioni di cronaca, ma osserva e poi registra aspetti, spesso poco percettibili, di un fenomeno ormai diffuso su tutto il territorio e infiltrato nella vita quotidiana di ciascuno.
Il progetto è particolare anche dal punto di vista formale: le fotografie sono di grande formato e nell’immagine nulla è lasciato al caso. In questo senso le immagini che compongono Corpi di reatosono “documenti estetizzanti” capaci di portare chi guarda verso una pulsione, un interesse che è dato dal guardare la fotografia fino in fondo per provare a carpirne il significato.
Foce dei Regi Lagni, Castel Volturno, Caserta, 2012.
I Regi Lagni sono un fitto reticolo di canali artificiali che si estende su una superficie di oltre 1000 km², divisa principalmente tra le province di Napoli e Caserta. Pensati nel ‘600 dai Borboni come sistema di irrigazione basato sulla raccolta delle acque del bacino idrico, grazie alla connivenza tra camorra e amministrazione pubblica si sono trasformati in un sistema di raccolta di acque inquinate sversate abusivamente nei canali.
Ma come rappresentare un fenomeno che raramente ha un volto? Un tempo la fotografia registrava “quelle” scene di crimini: il lenzuolo bianco in mezzo alla strada, gli ammazzamenti, le violenze, i volti di criminali in attesa di processo, le ville sfarzose e gli scheletri di abusivismi. Oggi, con il fenomeno della mafia cangiante, multiforme, dispersa, anonima e infiltrata nelle periferie di normali città — anche del Nord — sembra invece necessario un nuovo linguaggio, un modo per spiegare e mostrare le conseguenze di questo potere parallelo, permeato in ogni piccolo spazio del quotidiano.
L’idea è che questo racconto passi attraverso un’indagine sul paesaggio contemporaneo e che effettui una registrazione dello stato attuale del nostro territorio. Un approccio che fa perno sulla grande esperienza del progetto Viaggio in Italiain cui, nel 1984, Luigi Ghirri e altri venti fotografi, provarono a raccontarel’Italia non attraverso la retorica del Bel paese dei beni culturali e turistici ma piuttosto proponendo immagini di un luogo normale, reale e quotidiano.
In una fotografia vediamo un bar. È un luogo semplice, sembra un locale di provincia.
Come osservatori siamo di fronte alla domanda «ma dov’è qui, la mafia?». L’immagine ritrae una sala del circolo ARCI Falcone e Borsellino di Paderno Dugnano. La didascalia ci dice: Qui il 31 ottobre 2009 i 22 capi delle ‘ndrine lombarde si riunirono per eleggere Pasquale Zappia, il nuovo rappresentante della N’drangheta lombarda.
La fotografia non “urla” ma è comunque un linguaggio forte perché resta “aperta”: il dubbio ci porta ad una conseguente curiosità dimostrando che per comprendere il dramma di questo fenomeno non si debba per forza essere sottoposti ad una scena violenta.
Ogni immagine è accompagnata da una didascalia che contestualizza il dove siamo, quando e cosa è accaduto, ed è come una punteggiatura in discorso visuale ed evocativo, mai troppo diretto ma capace di dire: «Occhio, la mafia è ovunque».
Armadio di Antonio Schiavone, Casal di Principe, Caserta, 2013.
Il nascondiglio celato dietro l’anta di un armadio è stato scoperto durante il sequestro dell’abitazione appartenente al fratello di Francesco Schiavone, Antonio. L’appartamento si trova in Via Bologna a Casal di Principe, di fronte a un’altra abitazione confiscata alla famiglia Schiavone.
Il progetto è stato esposto per la prima volta nel 2012 all’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MIBAC), poi l’anno scorso, dopo aver vinto il premio Ponchielli, alla galleria Bel Vedere di Milano e tra gennaio e marzo 2014 a Le Gallerie di Trento.
Da ieri, 27 aprile, e fino al 20 luglio Corpi di reato è in mostra — per la prima volta all’estero — alla galleria Zephyr Raum für Fotografie di Manneheim.
TAT / ORT – (Un)heimliche Spuren der Mafia (Corpi di Reato – un’archeologia visiva dei fenomeni mafiosi nell’Italia contemporanea), è una tappa importante perché la da un lato la Germania su questo tipo di fotografia legata al paesaggio ha fatto scuola e oggi, si interroga su come la mafia possa essere diventata un fenomeno così potente anche all’estero. In questo caso ad accompagnare la mostra verranno presentati una serie di documentari e film che si interrogano, in maniera mai banale, sullo stesso tema.